Intervista a Davide Pappalardo autore del noir “Buonasera (signorina)”

Intervista a Davide Pappalardo autore del noir “Buonasera (signorina)”

 

Davide Pappalardo
Davide Pappalardo

 

Avrei voluto scambiare quattro chiacchiere con Davide Pappalardo al Caffè Cipriani di Acireale davanti ad una granita di mandorla con la brioche con il tuppo, ma purtroppo la lontananza dalla città acese ce lo impedisce. Mi riprometto di farlo in un futuro prossimo. Almeno lo spero.

D Uno scrittore di Acireale che abita a Bologna e che scrive gialli ambientandoli a Milano, tra l’altro in un periodo molto particolare: anni 60/70, come mai? Forse perché, come hai dichiarato tu, “non ti piace il presente e il futuro ti fa paura”, quindi meglio guardare al passato?

Esatto, se guardiamo a quello che ci circonda oggi vediamo solo che il sonno della ragione ha vinto e sta generando già i primi mostri: vedi l’avanzata della destra estrema, i populismi che si aggirano un po’ ovunque, una politica piegata agli interessi della finanza e non alle esigenze dei lavoratori in carne e ossa, le guerre in atto, drammi “risolti” con muri di vario genere. Visto che mi sento impotente rispetto alla possibilità di modificare il presente e di determinare anche un pizzico di futuro, mi rifugio nel passato. Non in un passato idilliaco ma in un qualcosa che comunque è già avvenuto e che almeno puoi studiare. Non per farne un mito ma per capirlo. E’ una strategia di difesa, la mia. Una strategia da perdente, lo ammetto.

D Il tuo primo romanzo “Milano pastis” è ambientato a metà degli anni ’60, ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto: la rapina di via Montenapoleone del 15 aprile 1964 quando venne svaligiata una gioielleria. Tra l’altro il personaggio di Jo le Maire, che fa da trait d’union fra i due romanzi, è realmente esistito e si chiamava nella realtà Giuseppe Rossi. Ti interessava il rapporto che sembra ci fosse stato tra le rapine della criminalità dell’epoca e le trame nere?

Mi interessa approfondire il rapporto tra la criminalità comune e organizzata e i gruppi neofascisti. Ho cominciato studiando i rapporti tra Banda della Magliana e Servizi Segreti e le commistioni con ambienti di estrema destra. A mio avviso, è un mondo dal quale possono emergere ancora tanti segreti.

Per quanto riguarda Milano Pastis, ho sposato un’ipotesi, quella che la rapina fatta con un gran baccano e da elementi provenienti dalla Francia fosse uno dei primi atti della strategia della tensione, realizzato con la complicità di reduci del gruppo paramilitare francese Oas. Occorre guardare al contesto, sono gli anni del primo centrosinistra e del generale De Lorenzo e poi ho solo ripreso quanto scritto da un ex questore che all’epoca indagò proprio sulla presenza degli ex Oas in Italia e sulla rapina di via Montenapoleone. Comunque Milano Pastis non è un saggio né un’indagine, è solo un romanzo e l’ipotesi è sullo sfondo e resta solo un’ipotesi.

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D La tua militanza politica in età giovanile condiziona ancora il tuo modo di essere, e in particolare anche i tuoi romanzi?

La mia militanza non si è fermata agli anni giovanili ma a pochi anni fa. Non rinnego nulla del mio passato e resto un comunista del XXI secolo, oggi senza tessera e senza partito. E certamente il mio vissuto si riverbera in quello che sono oggi e anche nei miei romanzi, anche se quando si scrive è sempre meglio nascondere o camuffare gli aspetti biografici, poco interessanti per il lettore. Ma sicuramente in Buonasera (signorina) e nel distacco di Libero Russo dalla politica è possibile percepire il mio senso di estraneità non tanto dalla militanza quanto dalla politica per come è oggi. Sia inteso che questa cosa io la vivo come una sconfitta e in un’epoca in cui viene visto di cattivo occhio tutto quello che è militanza ed è fuori moda la vita di partito, io rivendico comunque la mia storia.

Davide Pappalardo
Davide Pappalardo

 

D Perché ti pesava tanto essere considerato una brava persona?

E mi pesa tutt’ora. Quando hai sin dalla nascita l’aspetto e i modi di fare da bravo ragazzo, tutti poi si aspettano da te certi comportamenti. In qualche modo sei e sarai sempre vincolato a recitare la tua parte. Essere quel che sei, una brava persona, diventa qualcosa di obbligatorio. Invece anche le brave persone nel loro piccolo si incazzano, combinano cavolate, sbagliano e nessuno deve “costringerle” ad essere sempre e comunque brave persone. Io voglio essere un “buono” per scelta, liberamente, anche con la possibilità di sbagliare.

D L’ammirazione per Hammet del Falcone Maltese, ha in qualche modo condizionato la scelta di ispirare il tuo romanzo all’hard boiled e al personaggio di Libero Russo?

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Dashiell Hammet e Raymond Chandler per me sono due punti di riferimento. Io però, quando ho iniziato la prima stesura di Buonasera (signorina), non sono partito dall’idea di scrivere un hard boiled o un hard boiled alla rovescia, volevo solo scrivere. Quando poi ho girato l’incipit al mio amico Alessandro Berselli per avere un parere, mi sono sentito rispondere: “Bravo, hai trovato una tua voce nell’hard boiled”. E’ stato lì che mi sono reso conto di aver utilizzato gran parte dei cliché dell’hard boiled. Lo avevo fatto inconsapevolmente.

D In “Buonasera (signorina)”, quando parli del clown che esce dal tombino, chiara citazione da “It”, è un omaggio a Stephen King?

 

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Una citazione anche troppo palese. Durante la scrittura ho giocato e mi sono divertito. Mi è venuto naturale inserire un riferimento a King. It è un romanzo strepitoso. L’ho letto per la prima volta a quindici anni, l’età perfetta per assaporarne al meglio il contenuto. It va bene per tutte le età, ma a quindici anni la vita non ha ancora intaccato la tua fantasia e riesci a immergerti meglio nella dimensione di Derry. It è un romanzo scritto benissimo, King ti fa entrare dentro la vita di quei ragazzini, ti parla della paura, dell’amicizia, dei vincoli, delle radici. L’ambientazione di provincia ti fa sembrare tutto più vero e realistico pur in un contesto magico e orrorifico e poi It ha un incipit travolgente e irresistibile.

D Hai dichiarato che : “Non esiste un mondo diviso in buoni e cattivi”. Cosa intendi? I buoni non lo sono mai completamente, e i cattivi possono sempre redimersi?

Io non credo più da tempo alla favoletta buoni/cattivi. Non siamo mai completamente buoni o del tutto cattivi. Tutti abbiamo la possibilità e la capacità di cambiare, dipende dalle circostanze e dal contesto. Siamo fatti di mille sfumature ed è banale ridurre il tutto al dualismo bene/male. Non esistono persone e personaggi tutti d’un pezzo. E poi come si fa a stabilire cosa è buono e cosa non lo è? Dipende dalla cultura, dai costumi, dal momento storico.

D Il personaggio di Libero Russo possiamo dire che ha qualche cosa in comune con Claudio Roveri del “Cattivo” di Alessandro Berselli?

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Non so dirti. So solo che ho letto i romanzi di Berselli, dai noir a quelli più ricchi di humor, e ho anche partecipato a due corsi di scrittura tenuti da Alessandro. E di sicuro di Berselli amo la capacità di definire i personaggi dal punto di vista psicologico. Per cui, forse sì, è possibile che ci sia una familiarità tra i due.

D Libero dice: “Non avevo paura della morte, avevo paura della vita”. In questa frase c’è tutto il disagio esistenziale del protagonista. Cosa puoi dire senza svelare troppo del romanzo?

Libero Russo è una persona che conduce un’esistenza normale ma a un certo punto rimane coinvolto in un fattaccio che turba i suoi equilibri. Da allora la sua vita è pervasa da sensi di colpa. E’ un rinnegato, ex di tutto e tutti. Può contare solo sull’amicizia di pochi altri reietti. E il contesto non lo aiuta a superare le sue angosce. Lui che vorrebbe solo vivere e non competere, si trova di fatto da solo, a scontare questa colpa in un città ipercompetitiva, una Milano non ancora da bere e il fardello diventa sempre più pesante da sopportare.

D Mi è parso di vedere più di una chiave di lettura. La caricatura, cercata volutamente, del genere hard boiled mi sembra non ti dia il giusto merito. Hai notevoli capacità di introspezione psicologiche, che sono quelle che ho apprezzato di più, dove ho ravvisato la tua maturità espressiva e che mi ha fatto venire in mente in alcuni passaggi del romanzo il Ferdinand Celine di “Morte a credito”. Anche se ritieni che il genere noir è il modo onesto per raccontare il mondo, pensi di scrivere un giorno qualcosa di diverso dal giallo?

Sì, c’è più di una chiave di lettura. Mi piace mischiare i generi. Con la parte dell’hard boiled “capovolto”, con l’investigatore che è un “duro” che ha paura e scappa, mi sono divertito a non prendermi troppo sul serio. Ne ho abbastanza di tutta la gente che pensa di avere il mondo sulle spalle e che è convinta di stare compiendo mirabolanti azioni letterarie e non solo in questo minuscolo tunnel buio e fetido che è la vita.. Avevo voglia di scherzare e l’ho fatto e in questo caso il riferimento è il fumetto popolare e segnatamente Alan Ford dei primi numeri.

C’è poi una mia vena più malinconica e crepuscolare e ho cercato di darle sfogo attraverso la definizione psicologica dei personaggi. Per questi aspetti ho fatto un po’ più sul serio, ma tutti questi fattori si mischiano. Nella vita si ride e si piange. Nel libro provo a far ridere e anche a far commuovere.

Un giorno mi staccherò da gialli e noir? Non so. Intanto reputo che alla fin fine tutte queste schematizzazioni siano solo etichette per farci trovare un libro sullo scaffale giusto della libreria. Di sicuro, continuerò a scrivere romanzi, al di là delle etichette.

Non ho letto Morte a Credito ma è giù ad Acireale e lo recupero presto e ti ringrazio per il paragone.

D Se il Pastis si accompagna al tuo primo romanzo, con “Buonasera (signorina)” cosa ci beviamo?

Barbera e Champagne, per rispecchiare l’ambivalenza del romanzo. Brindiamo alla parte triste col bicchiere di Barbera, alla parte più scanzonata e guascona con la coppa di Champagne in mano. E poi Barbera e Champagne è una canzone milanese di Gaber, un motivo di quegli anni. E’ facile immaginare Libero Russo, con un giubbotto nero di pelle che puzza di carogna e dal quale spunta la berta, seduto allo sgabello di un trani (Trani a go go è un’altra canzone di Gaber) che sorseggia Barbera sputando fiele in solitudine, mentre nella sedia accanto un agente della Borsa di Milano, in doppio petto grigio, capitato lì per caso o per errore, apprezza il prezioso liquido francese, sempre in solitudine, poggiando le labbra in un calice ama

 

www.youtube.com/watch?v=iwsP-CP5aMQ

Io ti ringrazio, anche a nome dei gufinarranti, per la cortese pazienza e gentilezza. Ti auguro una carriera ricca di romanzi e soddisfazioni.

 

chiacchierata raccolta da Alberto Zanini per il blog igufinarranti

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