Intervista Cesare Gigli – Il sangue di Luino – Dialoghi

Intervista Cesare Gigli – Il sangue di Luino – Dialoghi

 

Abbiamo da poco recensito “Il sangue di Luino” (Dialoghi) di Cesare Gigli e ne approfittiamo ora per scambiare quattro chiacchiere con lui per parlare del suo ultimo libro, e per approfondirne i temi

Buongiorno Cesare, grazie per aver accettato di essere qui con noi. Mi permetto di darti del tu se per te non è un problema:

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Ci piace prima di tutto conoscere meglio l’autore che andiamo a scoprire di cui impariamo ad apprezzare le opere. Assieme allo scrittore ed al professionista ci piace conoscere l’uomo. Ci puoi raccontare qualcosa di te?

Sono Cesare Gigli, 53 anni. Laurea in fisica, passione per storia e filosofia, scrittore per vocazione, gestore di progetti in ambito privato prima e pubblico adesso per mestiere. Hobbies principali danze storiche, teatro e giochi di ruolo. Insomma, mi piace tutto. La definizione che più mi piace è quella di “farfallone culturale”. Sono goloso di tante esperienze, e intendo la cultura nel suo senso più largo, e quindi nobile, del termine: tutto ciò che ci arricchisce come esseri umani: non solo informazione, quindi, ma anche – direi soprattutto – formazione. Che si fa non solo sui libri, ma anche e soprattutto interagendo con tutte le realtà possibili.

  • Il tuo libro, Il sangue di Luino, come racconti nella postfazione, nasce un po’ per caso in una pizzeria milanese. Vuoi raccontare ai nostri lettori la genesi di questo romanzo?

Era aprile del 2019, quando ancora si viaggiava per diletto senza paure. Un amico aveva letto il mio primo romanzo (Ventuno Lustri) e mi raccontò la storia di suo nonno che, a suo dire, era simile a quella reale che mi aveva ispirato. Si riferiva a uno di questi eventi semi dimenticati, ma che sono importanti per capire con quanta difficoltà si sia costruito l’Italia tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX: la strage di Luino. Facendo ricerche scoprii che un collega del nonno del mio amico era un sottufficiale originario dell’Abruzzo. Come viveva un contadino dell’Abruzzo più interno a fare il finanziere in un paesino lombardo del Verbano al confine con la Svizzera? Il romanzo nasce da questa domanda.

  • Italo, Abruzzese, arriva a Luino nella sua veste di finanziere e si scontra subito con una triste realtà, quella della discriminazione per il suo essere meridionale, definito per questo “terrone”. Oggi non è che le cose siano migliorate tantissimo o sbaglio? Alla fine si è fatta l’Italia ma ancora non si è riusciti fino in fondo a fare gli italiani. Tu cosa ne pensi?

Rispetto a 125 anni fa tanti progressi sono stati fatti, e tanti ancora sono da fare, ma non dobbiamo dimenticarci da dove siamo partiti: nel 1900 come dico nel romanzo neanche la messa era la stessa. Tradizioni, lingua, usi e costumi, il concetto stesso di famiglia era diverso tra regioni divise da 15 secoli di storia. Lombardia e Abruzzi sono state divise dalla caduta dell’Impero Romano al 1860: è un miracolo che avessero qualcosa in comune, non il contrario! Gli italiani alla fine si sono fatti. Non – forse – come avremmo voluto, ma questa è una storia che ci porterebbe parecchio lontano.

  • Ad un certo punto mi sembra che Italo si trovi ad essere svuotato interiormente dalla consapevolezza che quello che è stato il sogno di tutta una vita si sia sciolto come neve al sole nel duro confronto con la realtà e tu ne racconti benissimo il travaglio interiore. Come riesce uno scrittore ad entrare così in profondità nell’animo dei suoi personaggi?

Perché lo spirito pionieristico del “esplorare territori nuovi” è dentro di noi, soprattutto in periodi storici come quello successivo al Risorgimento, dove tante cose sembravano possibili. Italo accetta la sofferenza in nome di ideali di vita che crede anche di trovare. La sua delusione è cocente, ma alla fine – spero – più realistica del classico “happy end”: Italo sono le esperienze fatte da ognuno di noi quando ha lasciato la casa dei genitori per addentrarsi in un mondo che sembrava attendere solo che lo aggredissimo a “mozzichi”. Può certe volte andare bene, certe volte andare bene “con compromessi”, certe volte può anche andare male. E poi un’altra cosa: il concetto di “migrante” è anche quello di Italo: vorrei ricordarlo, visto che ogni tanto sembra che ci si dimentichi che su quei barconi, poche generazioni fa, c’erano i nostri bisnonni.

  • Sullo sfondo della storia si sentono sempre più vicini e più forti gli echi dei moti che segnarono l’Italia nel 1898, nello specifico parliamo dei moti di Milano che portarono ad una carneficina l’8 maggio e nella Luino teatro del romanzo il 10 maggio. La curiosità mi ha portato ad approfondire l’argomento e a scoprire che questi moti sconvolsero tutta la neonata Italia da nord a sud lasciando sul terreno un consistente numero di vittime. Oggi il velo dell’oblio è sceso su questi fatti e solo grazie a te che un po quel velo si è sfilato. Cosa possono dare secondo te i romanzi storici dal punto di vista della conoscenza della Storia con la S maiuscola all’arricchimento culturale dei lettori?

Assolutamente si. La Storia con la S maiuscola si fa anche con – e qualche volta contro – quella con la esse minuscola, quella dei tanti Italo, Gisa, Tano che subiscono gli eventi e sono costretti a muovercisi dentro. I saggi su questi eventi sono materia per gli storici di professione. Ma credo che un romanzo possa far arrivare a un pubblico più vasto soprattutto le emozioni che si vivevano, oltre che . cosa altrettanto importante – togliere dall’oiblio fatti come l’eccidio che racconto nel romanzo.

  • Pensi che scriverai ancora romanzi storici o pensi che esplorerai anche altri orizzonti? Hai già in cantiere un nuovo libro?

Ho pubblicato un altro romanzo (Si chiama “Amare e Morire a Cassino”) ambientato durante la seconda guerra mondiale, e un altro è in scrittura in questo momento. Più che romanzi storici, mi piace definirli “romanzi ambientati in un periodo”. La parte storica – che è sempre frutto di ricerche approfondite – deve essere la trama sulla quale l’ordito della narrazione – la vera protagonista dell’opera – si sviluppa. Altrimenti, il rischio è che si prediliga la parte storica, e il romanzo allora va in secondo piano.

Grazie mille a Cesare Gigli per la disponibilità, speriamo di riaverlo presto di nuovo qui protagonista nelle nostre pagine

 

David Usilla

 

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