Intervista Alessandro Bastasi: Milano e i pensieri oscuri – Fratelli Frilli editore
Abbiamo da poco recensito il romanzo di Alessandro Bastasi: “Milano e i pensieri oscuri” e abbiamo il piacere di avere nuovamente ospite sulle nostre pagine l’autore con cui scambiare due chiacchere.
Ciao Alessandro, bentornato sulle pagine de I Gufi Narranti:
- La prima domanda è quasi d’obbligo, ti piace Wulf Dorn?
Conosco il tipo di romanzi scritti da Wulf Dorn, quindi comprendo il senso della domanda (che però non rivelo 😊), ma devo confessare che non ho mai letto niente di lui. Prometto che colmerò al più presto questa lacuna, così da poterti rispondere.
- Credi veramente che anche delle persone incensurate per i soldi siano disposte a tutto?
Conosco tante persone che mai e poi mai sarebbero disposte a venir meno ai propri principi. Ma molte altre lo sono eccome. Ho introdotto nel romanzo “le persone incensurate che per soldi sono disposte a tutto” per rappresentare il fascino che esercita su troppa gente il mito del successo, dello status symbol, del denaro, provocando il decadimento culturale, etico e sociale di cui siamo testimoni tutti i giorni, e la facilità con la quale si scende a compromessi sulla base di autogiustificazioni più o meno di comodo. Nel romanzo ho cercato di raccontare questo stato di cose con vari personaggi e diverse sfumature, dalla più lieve alla più feroce. Ma non posso ovviamente dire di più. Il lettore saprà sicuramente identificarle.
- Nel tuo romanzo c’è spazio anche per il fervore religioso, credi che possano coesistere militanza politica e integralismo religioso?
Direi proprio di sì. Fenomeni che sembravano appartenenti a un passato remoto sono riaffiorati un po’ ovunque, soprattutto nell’ultimo decennio. E non mi riferisco solo al fanatismo di matrice islamica grondante di sangue, ma anche a quello che cova – in maniera il più delle volte mascherata, che però a volte esplode in azioni spaventose – in questo mondo occidentale apparentemente così evoluto. Un esempio per tutti: le stragi in Norvegia del 2011 il cui autore, Anders Breivik, in tribunale affermò di avere compiuto quelle azioni per mandare un “messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista” e per fermare “una decostruzione della cultura cristiana norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”. Ma, senza arrivare a tanto, anche quando qui da noi sento parlare un Adinolfi o un Magdi Allan mi vengono i brividi. Per non parlare di certi politici e amministratori locali.
- Hai scritto il romanzo durante la prima quarantena COVID o sei uno dei tanti che in quel periodo ha subito il blocco dello scrittore?
All’inizio, come tanti, non riuscivo né a leggere né a scrivere. Poi però in maggio mi sono ritirato assieme a mia moglie nella nostra casuzza in collina e lì sono riuscito a lavorare e in un paio di mesi ho sfornato il romanzo. In luglio l’ho inviato all’editore e in settembre è uscito. Temevo di non farcela, ma fortunatamente ‘sto maledetto virus non è riuscito a tarparmi le ali.
- Ti è mai capitato di scrivere un libro per poi lasciarlo nel cassetto perché non ti soddisfaceva al cento per cento?
Non direi. Può succedere che inizi a scrivere prendendo un percorso più o meno pianificato, per poi accorgermi che alcune diramazioni, alcuni snodi tra quelli previsti non mi soddisfano, hanno poco senso nell’economia del romanzo, e valuti quindi altre strade, magari con nuovi personaggi. Questo può succedere, anzi, è successo, ad esempio con “Milano rovente”, ma cominciare un libro, o addirittura completarlo, per poi abbandonarlo, questo non mi è mai capitato.
- Come ti sei documentato per affrontare Milano e i pensieri oscuri?
Mi sono documentato cercando in internet casi affini all’argomento trattato nel romanzo, consultando presso un amico psicologo il “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” e leggendo un paio di libri, tra i quali quello più importante è stato “Una stanza piena di gente” di Daniel Keyes. In generale per ogni aspetto riconducibile a fatti reali (come ad esempio per i cenni ai finanziamenti a Casa Pound o a Forza Nuova) ho ritenuto doveroso documentarmi. Soprattutto in un noir, ambientato in un luogo e in un tempo ben preciso, non puoi fare affermazioni a vanvera, ne perderesti di credibilità.
Grazie ad Alessandro Bastasi per essere tornato a trovarci, arrivederci a presto sulle pagine de I Gufi Narranti.
Grazie a voi per l’ospitalità.