INTERVISTA AD ALESSANDRO VALENTI: “HO PROVATO A MORIRE MA NON CI SONO RIUSCITO” – ATLANTIDE EDIZIONI

INTERVISTA AD ALESSANDRO VALENTI: “HO PROVATO A MORIRE MA NON CI SONO RIUSCITO” – ATLANTIDE EDIZIONI

Abbiamo da poco recensito il romanzo del giovanissimo Alessandro Valenti: “Ho provato a morire ma non ci sono riuscito”, edito da Atlantide Edizioni. Abbiamo ora l’opportunità di scambiare quattro chiacchere con l’autore.

Ciao Alessandro, ben arrivato sulle nostre pagine de I Gufi Narranti, possiamo darci del tu?

D: Come nasce la voglia di scrivere un romanzo?

R: Per me non è stata “voglia”. Non ho deciso che cos’avrei scritto. Sono stato travolto dal bisogno di scrivere. Di liberarmi di una storia tristissima e pericolosissima e appassionatissima che avevo ancora troppo dentro. Volevo poterla guardare e dire al me personaggio: “Vergognati!” Ma anche forse consolarlo, il me personaggio. Dirgli: “Ti capisco. Gli altri no che non ti hanno capito fino in fondo, e così ti è venuta quell’idea pazzesca di provare a morire. Ma io sì.” Non so, è stato insieme un corpo a corpo e una paralisi. Mi uscivano parole, parole, parole. Una vendetta? Un pianto di nostalgia? Una confessione? Caruso? Clementino? Non ho ancora capito bene.

D: Quali difficoltà hai incontrato nella stesura?

R: Tante cose successe c’entravano con gente pericolosa. Quella che ammazza i ragazzini senza pensarci troppo su. Ma magari intanto sono diventati buoni, hanno cambiato vita. Io l’ho fatto: completamente. Magari anche loro.

D: Essendo un romanzo autobiografico, non temi di venir giudicato?

R: Ci ho fatto l’abitudine. Si viene giudicati di continuo da tutti. E i social non aiutano. A me invece è sempre piaciuto conoscere quelli strani, apposta per dimostrare che non erano come si pensava. Per me, nella prima fila del battaglione del genere umano, ci sono un pitbull giocherellone, un avanzo di galera volontario della Croce Rossa, un kebabbaro pieno di cultura, un disoccupato filosofo. Sennò è una noia micidiale…

D:Se dovessi come “fratello maggiore” dare un consiglio ai quattordicenni innamorati cosa diresti?

R: Sono tre volte fratello maggiore, ma i miei fratelli più piccoli li porto fuori col cane e parliamo di macchine, trattori, cartoni animati e pasticcini. Così posso continuare a sperare che con l’amore saranno solo fortunati, senza bisogno di imparare niente su cos’è e cosa non è. Solo fortunati. Non ci sono ricette. È fortuna. O sfortuna. 20 centimetri e quegli occhi che hai davanti, che per te sono tutto lo spazio e tutto il tempo, diventano tuoi, e li puoi sentire al telefono e puoi scivolarci dentro. È fortuna, no? A me sembra solo fortuna.

 

 D: Dopo questo debutto nel campo dell’editoria stai già pensando a un nuovo romanzo?

R: Storie da raccontare ne avrei ancora, un sacco. Persone incredibili, posti che ho visto. Forse lo farò, prima o dopo. Adesso però sono come vuoto. Devo ricaricare le batterie, e questo periodo grigio non aiuta. Se mi rimetto a scrivere, è solo perché, tra pudore e parole, vincono le parole. Ma io di pudore ne ho tanto tanto tanto.

 

D: C’è qualcosa che inizialmente non volevi scrivere nel tuo libro ma poi l’hai riportata ugualmente?

R: Come mi ero ridotto. Fisicamente. Come mi ero rovinato. Quanto ho fatto star male chi mi voleva bene sul serio. Ma quando sai cos’è la tristezza brutta, quella brutta tanto che pensarne una più grande è impossibile, smetti di farti problemi. Cominci e vai avanti. Triste da non poterne più. E vai avanti. E racconti tutto. Quasi di gusto. Anche le cose peggiori. E alla fine sei così convinto e impegnato che ti sei dimenticato di piangere.

D: Credo sia la tua prima intervista, avresti mai pensato di farne una prima di scrivere il tuo libro?

R: È l’ennesima delle cose strane che mi succedono. Ma questa è bella e vi ringrazio veramente tanto!

 

 

Ringraziamo Alessandro Valenti e l’editore, Atlantide Edizioni per la disponibilità augurando al giovane autore il successo letterario che il suo lavoro merita.

Sandra Pauletto

 

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