Intervista a Ugo Mauthe: Vento Lupo e altre nove improbabili storie

Intervista a Ugo Mauthe: Vento Lupo e altre nove improbabili storie

Abbiamo da poco recensito la raccolta di racconti: “Vento lupo e altre nove improbabili storie” edito da Ensemble edizioni, e abbiamo l’onore di scambiare quattro chiacchiere con l’autore.

Ciao Ugo grazie per essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

 

Ma certo!

 

Dal tuo curriculum letterario ho scoperto che sei anche poeta. Come si passa dallo scrivere poesie a raccontare storie che definiamo per comodità surreali?

 

Chi guida la danza è il tipo di pressione, di urgenza espressiva. Un racconto devo aver voglia di scriverlo e devo aver qualcosa da dire, e perché questo accada deve esistere un’idea da cui partire. Le idee si presentano da sole, però mi piacerebbe che se ne presentassero di più. La poesia invece risponde a una esigenza che definirei quotidiana, perché scrivo qualche verso, una sorta di pre-poesia, quasi tutti i giorni anche se poi salvo e sviluppo solo una minima parte di questi testi. I racconti hanno un tema da sviluppare, le poesie hanno un’intuizione da illuminare; i primi sono brevi, le seconde brevissime. Il mio mestiere di copywriter mi ha educato da una parte alla sintesi (semplificando, la poesia), dall’altra alla ricerca di un’idea (sempre per semplicità, la narrativa). Idea significa, per quanto possibile, originalità, unicità, memorabilità: sono alcuni paradigmi che mi porto dietro dal mio mondo professionale e cerco di adattarli ai racconti.

 

Come nasce un tuo racconto?

 

Come si diceva prima: da un’idea. Chi sa com’è la vita di un babbo natale appeso a un balcone? Dopo che questa strana domanda mi si è affacciata alla mente qualcosa ho dovuto scrivere. Quasi per forza. E allora si parte senza sapere dove e quando si arriverà. I racconti di Vento lupo sono stati scritti nell’arco di molti anni, sono rimasti nei cassetti o in qualche caso pubblicati in antologie di concorsi. Alcuni li ho iniziati, abbandonati e ripresi a lunghi intervalli. Ci sono momenti esaltanti in cui la scrittura fluisce libera poi c’è il labor limae, potenzialmente infinito e altrettanto creativo: per esempio, ritoccare il montaggio di un racconto, spostando una scena o un passaggio da una parte all’altra della storia è creativo, secondo me, quanto inventare ex novo perché può cambiare, anche radicalmente, l’efficacia espressiva del testo.

 

In due dei tuoi racconti aleggia lo spettro del Alzheimer, piaga che coinvolge sempre più persone e famiglie. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti ad un tema così delicato?

 

Ti stai riferendo a Paglia nera e Zapping suppongo. Ebbene, in nessuno dei due ho pensato all’Alzheimer e nella mia testa i protagonisti di queste storie non soffrono di questa malattia. Quello che hai percepito è un effetto collaterale del tutto involontario. Però la tua domanda mi permette di sottolineare un aspetto che un autore, di solito, trova gratificante e lusinghiero: il fatto che in pratica ogni lettore riscriva la storia che legge dandole significati diversi perché la filtra attraverso la propria sensibilità. Se perfino a piccoli racconti come quelli di Vento lupo accade di vivere questa avventura interpretativa significa che un minimo di spessore ce l’hanno, e per me autore è un grande complimento.

 

Sei un appassionato di fantascienza oppure che tipo di lettore sei?

 

In anni remotissimi leggevo solo fantascienza e poesia! Cosa leggo? I miei riferimenti sono autori che considero classici, da Mann a Kafka a Calvino e Buzzati, per citarne alcuni. Prediligo la letteratura europea (ma per la Dickinson e Ray Bradbury ho un forte… debole!) e, come tanti altri, sento vicina l’arte, letteratura compresa, espressa in Europa dalla metà dell’800 fino agli anni ’60 del ‘900, lustro più lustro meno. Aggiungo un particolare interesse per la letteratura fra il 1400 e il 1600, da Ariosto a Cervantes e Shakespeare, per intenderci. E, infine, sono spesso incuriosito dalle opere prime. Oggi però leggo molto meno di una volta: spulcio, sfoglio, leggiucchio, assaggio. Confesso che su dieci libri che inizio raramente ne finisco un paio, negli ultimi mesi sono stato fortunato con Cercas e Marias.

 

La copertina del tuo libro è la giusta introduzione alla caratteristica del suo contenuto, ossia geniale, è una tua idea?

 

Intanto grazie per il “geniale”: arrossisco, non lo merito ma me lo prendo e lo conservo gelosamente. La bella copertina di Vento lupo e altre nove improbabili storie è una felice intuizione della Casa Editrice Ensemble.

 

C’è nel cassetto qualche racconto che hai scartato per Vento lupo?

Scartati e dimenticati. Oggi ce ne sono di nuovi, perché il lavoro su Vento lupo ha coinciso con alcuni mesi di particolare felicità creativa (nel senso che quando scrivo sono felice) che ha portato alla nascita di nuove storie improbabili. Ma ci sono anche delle storie “realistiche” e altre per i bambini; scrivere per i più piccoli è un aspetto di questa mia passione che mi piace molto, forse perché il primo racconto l’ho scritto a dieci anni.  Lo conservo ancora, si intitola La guerra dei fiammiferi. Insomma, forse da cosa nasce cosa, ma c’è ancora molto da fare.

 

Grazie mille per la disponibilità, torna presto a trovarci sulle pagine de I gufi narranti.

 

Sarà un grande piacere, grazie di gran cuore a voi per lo spazio e la disponibilità.

 

Sandra Pauletto

 

 

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