Intervista a Rosario Russo: “Quattordici Spine” Algra editore

Intervista a Rosario Russo Quattordici Spine” Algra editore

Rosario Russo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con Rosario Russo di cui abbiamo da poco recensito il romanzo “Quattordici spine” edito dalla Agro. Andiamo a conoscerlo meglio.

Ciao Rosario, ben arrivato sulle pagine dei gufi narranti, possiamo darci del tu?

Certamente, è un vero piacere poter dialogare con voi!

  • A che età hai iniziato a scrivere?

A venticinque anni, nell’ormai lontano 2012, dopo un onorata carriera da semplice lettore. Vivevo a Roma per studio (università di RomaTre) e un corso in storia del cinema mi diede l’input per il “grande passo”. Il tema trattato in quell’anno era il Risorgimento e io, spinto dalla curiosità di capire cosa fosse successo in quell’epoca nella mia città (Acireale), non appena tornai in Sicilia, la prima cosa che feci fu quella di chiudermi un mese all’interno della Zelantea, la biblioteca comunale, per studiare dai libri locali. A dire la verità ero partito abbastanza scettico, pensando di trovare poca roba; invece da quelle letture ne venne fuori una storia bellissima e ahimè sconosciuta, fatta di rancori, vendette e riappacificazioni con la vicina Catania, l’eterna rivale. Mi venne quasi spontaneo scrivere un giallo storico, ambientato ad Acireale nel 1862, “Il Martirio del Bagolaro” (Carthago edizioni, 2012). Quella fu la mia opera prima.

  • Ci sono nel tuo libro delle citazioni di autori siciliani famosi. Cosa devi a loro per la tua scrittura?

Quasi tutto. La mia “carriera letteraria” è sempre stata impregnata dei grandi classici Siciliani; del resto sono stati loro che mi ha insegnato ad amare la mia terra. Tornando ad esempio al Martirio del bagolaro, devo molto a De Roberto e al suo capolavoro assoluto, I Vicerè, un’opera che non ti stanchi mai di leggere. Nel caso del genere poliziesco poi, è impossibile tralasciare Sciascia, il padre del giallo in Italia (anche se il primo in assoluto fu un altro siciliano, l’ennese Franco Cannarozzo, che pubblicava con Giallo Mondadori). D’accordo, i suoi sono gialli atipici, ma è stato il primo ad aver avuto il coraggio di parlare apertamente di mafia nei suoi romanzi, trasformando la letteratura di genere in letteratura sociale. E se Sciascia è stato il primo a sfatare questo tabù, a Camilleri si deve il merito di aver saputo guardare oltre. Il maestro di Porto Empedocle ha aperto un’autostrada verso il genere, indicandoci una Sicilia diversa, un’isola dove non esistono soltanto gli omicidi di stampo mafioso. Con lui ci siamo finalmente lasciati alle spalle la terribile stagione nel ‘92, quella delle bombe e delle stragi. Io credo che la sfida per le nuove generazioni sia proprio quella di trovare altre piste, magari discostandosi dai soliti linguaggi ormai abusati. Tuttavia, dopo aver fatto questa premessa, ritengo abbastanza logico il fatto che mentre si scrive (e anche mentre si legge), riemergano con prepotenza i ricordi delle precedenti letture, ed è per questo che quando ci poniamo di fronte ad un poliziesco siciliano, il confronto con Sciascia e Camilleri avverrà sempre in maniera spontanea. Nessuno di noi è immune, neanche gli autori più affermati, come ad esempio Savatteri e Cassar Scalia, due scrittori che amo tantissimo. Nel caso della Cassar Scalia, all’interno dei suoi polizieschi troviamo come protagonista il Vicequestore palermitano Vanina Guarrasi; ebbene, Vanina ha un’attempata vicina di casa che le prepara i pasti in sua assenza, tutte pietanze che fanno parte rigorosamente della tradizione sicula. Vi viene in mente qualcosa?

  • Spine nel titolo, nel cognome di una delle vittime e la corrispondenza del numero 14 tra il titolo e i giorni necessari per risolvere il caso. Vuoi parlarne?

Beh, Quattordici spine innanzitutto è un viaggio alla scoperta della Sicilia, una terra che, come sosteneva mirabilmente Sciascia, rappresenta una metafora dell’Italia intera. Ma Quattordici spine racconta anche di un’indagine davvero spinosa (è proprio il caso di dirlo!) che parte da un omicidio inspiegabile, quello di un sacerdote amato da tutta la città, trucidato barbaramente all’interno della sua sacrestia. Inoltre da un cassetto di una antica credenza è stato asportato un cofanetto contenente le spoglie del maggior artista locale, Paolo Vasta. Toccherà all’ispettore Luigi Traversa, appena trasferitosi dal Veneto, dipanarne la matassa. Il romanzo è suddiviso non in capitoli, ma in giorni, per un totale di quattordici, lasso di tempo in cui l’indagine verrà risolta. Ho concepito questa struttura per diversi motivi: intanto perché raccontando dettagliatamente ogni singola giornata, il lettore acquisisce maggiormente confidenza con i personaggi e l’ambiente che li circonda, e poi così è come se si togliesse una spina al giorno dall’intricatissimo ficodindia che è appunto l’indagine stessa. Riguardo il nome della prima vittima, il già citato canonico Mario Spina, ti confesso che inizialmente non avevo fatto all’incredibile coincidenza, dato che Spina è un cognome molto diffuso dalle mie parti. D’altronde, questo è il libro delle coincidenze: vi dico soltanto che il commissario che fa capo a Luigi Traversa, si chiama Antonio Lorefice e questo non è un cognome diffuso ad Acireale, tutt’altro. Ebbene, qualche settimana dopo la pubblicazione del romanzo, leggendo in maniera del tutto casuale un vecchio articolo di giornale, scopro che ad Acireale, durante gli anni’70, il commissario di polizia si chiamava proprio Lorefice! Ancora oggi stento a credere a questa incredibile casualità.

  • I fichi d’India pungenti fuori ma dolci dentro possono essere anche una metafora del carattere del protagonista?

Direi proprio di sì. Luigi Traversa è un uomo complesso, che giunge improvvisamente ad Acireale da Feltre, la sua città d’origine. Sin dalle prime pagine si percepisce in lui un acuto dolore, strani sensi di colpa per qualcosa di misterioso che è accaduto in Veneto, qualcosa che ha causato il suo trasferimento in Sicilia. Per l’ispettore, risolvere l’omicidio del sacerdote rappresenta una possibilità di riscatto, ed è proprio per questo che si butta a capofitto nell’indagine, rifiutando istintivamente il movente più immediato, quello che conduce al collezionismo d’arte, e indicando possibili altre piste ai colleghi. In più detesta il mare, il pesce e questo ci fa intuire come il suo iniziale approccio con la Sicilia risulterà decisamente problematico. Traversa però è anche un valido sbirro, dotato di un forte carattere che lo porterà a farsi amare incondizionatamente dal suo superiore, il commissario Lorefice, il quale dopo qualche contrasto iniziale, ad un certo punto dell’indagine avallerà ogni sua decisione. Ma una volta tolta la divisa, Luigi Traversa si trasforma in una persona fragile, sensibile, ed è proprio in quel frangente che entreranno in gioco le amicizie sincere che è riuscito a coltivare nel corso della sua permanenza, tra cui proprio quella col suo commissario.

  • Vista che, indagine a parte, alcune cose vengono lasciate in sospeso, possiamo sperare in una seconda indagine dell’ispettore Traversa?

Questa è una domanda a cui inizialmente non avrei potuto darvi risposta. Sarebbe bello se un giorno qualsiasi autore si svegliasse la mattina dicendo “oggi creo una serie letteraria”. Purtroppo non è così. La serialità nasce soprattutto dal riscontro positivo del lettore nei confronti di un determinato personaggio. Il famoso tubo che passa dal cuore dello scrittore a quello del lettore deve essere il più possibile corto, per mantenere invariati temperatura e densità di questo fluido che dallo scrittore parte e che al lettore deve arrivare. Lo stesso Quattordici spine è nato così, dall’esigenza di molti lettori nel voler conoscere maggiormente la storia di Luigi Traversa, personaggio inizialmente sbocciato in maniera del tutto casuale nel 2018 all’interno di un breve racconto, “Gli amanti immortali”, con il quale mi aggiudicai successivamente diversi premi letterari. Fatta questa premessa, ad oggi posso dire che il complimento più bello che ho ricevuto in realtà è una domanda: “quando lo scrivi un altro libro con Traversa?” e devo constatare che sono stati in parecchi a farmela. Quindi la risposta è sì, ho intenzione di creare un nuovo capitolo dell’ispettore feltrino. Senza dimenticare che a breve pubblicherò un’antologia di brevi racconti gialli, due dei quali con protagonista proprio Luigi Traversa.

Ringraziamo Rosario Russo per la disponibilità e complimenti ancora per il romanzo “Quattordici spine”, che merita davvero di essere letto e promosso dal passa parola che oggi è la miglior “pubblicità”.

Grazie a voi, è stato davvero piacevole rispondere a queste domande. Alla prossima!

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