Intervista a Piero Partiti – Sebastian De La Mala Suerte – Sillabe di sale

Abbiamo da poco recensito “Sebastian De La Mala Suerte” di Piero Partiti e abbiamo ora la possibilità di scambiare con lui quattro chiacchiere per conoscere meglio lui ed il suo romanzo

Buongiorno Piero, se sei d’accordo, ti darei del tu. Partiamo con le domande:

D: E’ la prima volta che recensiamo un tuo romanzo e che abbiamo il piacere di poterti intervistare. Ci piacerebbe conoscerti meglio sia dal punto di vista umano che da quello artistico. Ti va di farci un tuo ritratto?

R: Per il mio “ritratto” rimando a quanto sta scritto sotto la mia fotografia nell’aletta del libro. Per il resto, potrete scoprirmi meglio leggendo “Sebastian”. C’è molto di me nei personaggi. Posso solo dire che scrivo dall’età di quattro anni, dopo aver imparato a scrivere guardando la televisione e il maestro Manzi. Per il resto, posso citare solo Calvino, che asseriva: “Quello che vi dirò di me, sarà completamente falso, ma assolutamente vero”.

 

D: Il protagonista del tuo romanzo, Sebastian De La Mala Suerte (Sillabe di sale editore), è assai particolare ed originale. Come è nata l’idea di un albatro parlante ultracentenario come figura centrale di un thriller?

R: Sebastian è un albatro con otto secoli di età, anzi, qualcosina in più. Ovviamente, è un pretesto letterario, un simbolo nel quale, credo, ciascuno di noi si può immedesimare. Il libro, anche se percorre uno spazio temporale di circa otto secoli, non è, e non può essere un romanzo storico. È un giallo/noir ambientato nella Parigi del 2015 e il vero protagonista non è di certo Sebastian che ne è il collante attraverso i suoi “sogni”, l’alter-ego del lettore e dei protagonisti del romanzo. Ritengo che il protagonista sia il commissario Renoir che riassume in sé molti riferimenti, citazioni, comportamenti di altri più famosi e blasonati commissari della letteratura. L’idea è nata in me, lentamente, partendo da un progetto di libro appena abbozzato, e si è sviluppata, con risvolti inattesi anche per me, durante la scrittura. Perché un albatro e non un’aquila, o un cammello, o un canguro? Perché solo un essere volante, abituato a percorrere il pianeta sorvolando tranquillamente gli oceani, poteva essere il simbolo della libertà, intesa come libertà interiore e di distacco dalle storie degli uomini, un essere sufficientemente lontano dalle nostre vicende e con la saggezza (dovuta agli anni e alle vicende vissute) necessaria per il finale del libro. Riguardo ai personaggi che ha incontrato e che ricorda nei suoi sogni (otto sogni, se mi ricordo bene), il suo distacco, il suo cinismo di essere “alieno” alla razza umana, era assolutamente necessario per la loro smitizzazione, così necessaria per giungere alla conclusione della narrazione.

 

 

D: Quale è stata la molla che ti ha spinto a scrivere un libro così particolare come questo, con la presenza di personaggi sorprendenti, una storia che spazia attraverso 8 secoli di storia?

R: Semplicemente il desiderio di raccontare. Siccome noi siamo il risultato di tutto quello he ci ha preceduto, nel bene e nel male, soltanto un essere “eterno” ma non immortale, soggetto ai nostri stessi dubbi, alle nostre paure poteva produrre il cambiamento necessario a far sì che, come si legge nel libro, gli uomini potessero volare. Per raggiungere tale scopo, occorreva guardare le radici stesse della nostra storia da un angolo diverso e, sostanzialmente, neutrale.

 

D: Hai fondato una casa editrice che pubblica romanzi di una grande qualità e propone autori davvero interessanti. Quali sono le linee guida che ti fanno scegliere di proporre un autore piuttosto che un altro? Quali sono i valori letterari che vuoi promuovere con la tua casa editrice?

R: Grazie per aver detto che pubblico dei libri di qualità ed è vero, ho avuto e ho autori davvero interessanti. Linee guida, non ne ho, non ho preclusioni di genere, contenuto, perché la scrittura non è “ingabbiabile” in schemi, pregiudizi o linee editoriali. Diciamo che se prendo un manoscritto in esame e supero le prime venti, trenta pagine con il desiderio di continuare a leggerlo, allora vale la pena di pubblicarlo. Sono molto istintivo in questo.

 

D:E’ innegabile che ci stiamo trovando a vivere un momento molto particolare che non potrà non lasciare un segno indelebile su tutti noi. Quanto pensi possa essere importante la lettura nell’accompagnare la gente fuori da questo tunnel?

R: La lettura è importante, anzi fondamentale. Non credo che possa avere, però, un valore “salvifico”, ma offre soltanto gli strumenti indispensabili per far fronte a periodi difficili, come questo, nei quali ci affidiamo a sovrastrutture che stanno dimostrando la loro debolezza e tutti i loro limiti. Non sarà un libro ad accompagnarci fuori da questo tunnel, ma potrà dare risposte, sicuramente parziali. E qui il discorso diventa veramente difficile. Forse un libro potrà parlare della nostra fragilità e convincerci che siamo al punto in cui sta diventando necessario un passo indietro e guardare il tutto che ci circonda con un’ottica diversa. Forse.

 

D: Quali sono gli autori che credi possano averti più influenzato nel tuo modo di scrivere? C’è un libro che per te è importante e che credi debba essere letto almeno una volta nella vita?

R: George Simenon, Jorge Louis Borges, Italo Calvino, Umberto Eco. Si, credo che sia indispensabile la lettura di Pinocchio. Con gli occhi di Sebastian, naturalmente.

 

D:Quali sono i nuovi progetti su cui stai lavorando? Hai un nuovo libro in cantiere?

R: Forse si, sta arrivando un nuovo libro. Ma non voglio anticipare nulla, anche perché, i miei libri nascono da una idea molto approssimata e si sviluppano durante il processo di scrittura. E non so dove mi porterà questo processo. Sicuramente affascinante, ma anche molto faticoso.

 

Grazie della disponibilità e buona fortuna per la tua nuova opera. Ci vediamo sul blog “I Gufi narranti”.

 

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