Intervista a Marvin Menini – I morti non parlano – Fratelli Frilli editori

Intervista a Marvin Menini – I morti non parlano – Fratelli Frilli Editori

 

menini

Ciao Marvin e benvenuto sulle pagine dei Gufi narranti, possiamo darci del tu?

Ciao Sandra! Certo che possiamo darci del tu! Ci mancherebbe! Grazie dello spazio che mi concedi e dell’intervista!

Iniziamo subito con le domande.

Essendo i tuoi libri tutti legati alle “avventure” di Matteo de Foresta, spiegaci la genesi del personaggio.

Quando ho pensato a Matteo stavo riflettendo su ciò che significa, nella società di oggi, essere quarantenni. Voglio dire: a 40 anni la generazione dei nostri nonni era quasi in pensione, aveva la casa al mare o in montagna, la famiglia stabile. Erano impensabili le separazioni, le famiglie allargate. A 25 anni eri già un adulto fatto e finito. Per i nostri genitori le cose non sono andate poi tanto diversamente. E poi, invece, ci siamo noi. A 40 anni siamo ancora un po’ ragazzi e un po’ “grandi”, non abbiamo in tanti casi ancora capito dove andremo. Siamo la generazione dei fumetti e degli anime in TV, di videomusic e dei primi videogiochi. E’ tutto diverso! Ne è nato così Matteo: un po’ Peter Pan e un po’ Sherlock Holmes. Oddio, non è che lui sia un detective. Non ha neppure mezza delle doti di un vero investigatore. E’ solo un uomo curioso, che si infila nei guai per caso o alcune volte per un suo strano senso del dovere. Un’allegoria di quello che siamo noi, in fondo. Non ti pare? Ci sforziamo di comportarci da adulti quando invece preferiremmo passare ancora le nostre giornate a giocare con gli amici a Subbuteo.

Quando scrivi, lavori su un libro alla volta oppure metti degli spunti che sai di sviluppare nel romanzo successivo?

Non riesco a lavorare a più di un romanzo per volta. Tra l’altro io appartengo a quella schiera di scrittori, perdona la presunzione se mi definisco tale a pieno titolo, che non riescono a tirare giù una trama per intero e vivono un po’ alla giornata. D’altronde, come dice un grandissimo come Lansdale, se sapessi già come finiscono le storie che scrivo mi annoierei tantissimo e non scriverei. Mi capita però di avere un’idea, e dirmi “Fico! Ma dietro a questa idea c’è un intero romanzo!”. Così la metto nel cassetto e la tiro fuori al momento opportuno.

Il tuo lavoro in ospedale ha influenzato in qualche modo la tua scrittura?

Non ci ho mai pensato! Però è vero che il mio lavoro mi fornisce molti spunti per la scrittura. E talvolta la realtà supera la fantasia. Comunque, per rispondere alla tua domanda, mi rendo conto che tendo ad utilizzare termini medici per descrivere le parti anatomiche molto più di altri scrittori. Sono talvolta costretto a scendere a compromessi. E che cacchio! Mica si può scrivere “ipocondrio sinistro”. E’ sufficiente “fianco”. 🙂

Di solito i personaggi che gli scrittori inseriscono nei loro romanzi hanno sempre qualcosa di autobiografico, nel tuo caso quale personaggio è il più lontano da te?

Bella domanda, non me l’aveva mai fatta nessuno! Di solito mi chiedono qual è il personaggio a cui mi sento più simile. Forse, restando tra i protagonisti maschili e rispondendo alla tua domanda, è Andre. Uno dei migliori amici di Matteo. Un ragazzo educato, sempre pacato e completamente asservito alla moglie. Ah ah ah. Diciamo che comunque in molti dei protagonisti delle mie storie c’è qualcosa di me. Una scintilla, talvolta un intero big bang. Però, mi piace sottolinearlo, io e Matteo non siamo poi così simili.

De Foresta ha un rapporto complicato con le donne, è solo una mossa letteraria o c’è qualcosa di autobiografico?

Ecco, mi sono chiamato la domanda con la risposta precedente! 🙂 La verità è che la mia generazione ha IN TOTO un rapporto complicato con le donne! E io non sono da meno. Ho un divorzio alle spalle, un matrimonio da cui è nato il mio grande amore di dodici anni. Adesso sono felicemente convivente e stabile da parecchio. Ma la stabilità non arriva dal cielo. Te la devi conquistare ogni giorno nel rapporto di coppia. CI arrivi solo dialogando, lavorando, accettando, limando spigoli. E incrociando le dita: nella speranza che anche “l’altro” della coppia faccia il tuo stesso lavoro. I rapporti comunque iniziano a sfaldarsi quando si smette di parlare, di condividere e di litigare. Le storie di Matteo parlano anche di questo. Non sono solo gialli, la storia sentimentale ha sempre un’importanza quasi pari alla trama avventurosa.

Perché hai scelto il cognome del personaggio con il de nobiliare?

Perché è il cognome di mia mamma, di mio nonno materno. A cui sono molto legato nel ricordo e che per me è stato un esempio di grande uomo. Matteo, invece, è il mio secondo nome. Quando ho dovuto scegliere un nome, mi venuto spontaneo così. Scegliere il cognome della famiglia di mia mamma. In effetti erano nobili, storie di quasi due secoli fa quando Nizza era ancora Italiana. Ma non mi sembra il caso di tediarvi con le storie di famiglia. Che poi, in fondo, un po’ nobili lo siamo tutti se ci pensi bene. Chiunque faccia una ricerca sulla propria famiglia si sente sempre dire “nobili origini. Mai nessuno che ottenga un “nulla di particolare” oppure un “guarda, meglio se non te lo diciamo”:)

Se stai ancora presentando in giro il tuo libro, vuoi darci qualche data?

Al momento no. Sto lavorando a quello che io chiamo “Matteo 5” e che spero possa vedere la luce nei primi mesi del prossimo anno. Sto procedendo a rilento, un po’ perché ho poco tempo per scrivere in questo periodo, un po’ perché la trama è molto complessa e la voglio rendere al meglio. Parlerà del terrorismo negli anni 80 a Genova, con un caso irrisolto che riemergerà all’improvviso e che ovviamente stuzzicherà l’interesse di Matteo per molte ragioni. Ma comunque cambiassero le cose non mancherò di farvelo sapere se dovesse uscire qualche appuntamento nelle librerie ve lo farò sapere.

Grazie mille per la disponibilità e ancora complimenti per il tuo romanzo: “ I morti non parlano”

E no, grazie a te per l’intervista e per i complimenti. Spero che possa piacere anche ai vostri lettori. Ciao a tutti!

 

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