Intervista a Giulio Bruno – “Blue night. Proverbiali omicidi al tempo del Covid

Intervista a Giulio Bruno – “Blue night. Proverbiali omicidi al tempo del Covid – Dialoghi

Giulio Bruno

Abbiamo da poco recensito “Blue night. Proverbiali omicidi al tempo del Covid” (Dialoghi) di Giulio Bruno e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con lui per parlare del suo ultimo libro, farci raccontare qualcosa di lui e dei suoi futuri progetti

Buongiorno Giulio, se non è un problema ti darei del tu. Intanto grazie per aver accettato di chiacchierare con noi.

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Ci piace sempre conoscere oltre all’artista, anche l’uomo che dietro di esso si cela. Ci puoi raccontare qualcosa di te, della tua vita al di là della scrittura?

Prima di raccontarvi un po’ di me, vorrei ringraziare il blog “I gufi narranti” per l’attenzione dedicata al mio ultimo romanzo poliziesco. Per quanto riguarda la mia vita oltre la scrittura, direi che sono una persona assolutamente ordinaria: ho 51 anni, sono nato a Cosenza e vivo a pochi chilometri dalla città, sono sposato con Stefania e ho un figlio ventenne, Antonio. Lavoro in banca da 31 anni e sin da ragazzo ho sempre coltivato una forte passione per la lettura: fumetti, libri di avventura, romanzi di narrativa e, soprattutto, gialli. Sono appassionato di calcio, tifoso della Juventus e del Cosenza, la squadra della mia città. E di notte, scrivo…

  • È inevitabile chiederti innanzitutto cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo ambientato nel pieno del lookdown del 2020. Come mai questa scelta anche direi abbastanza coraggiosa?

Mi piacciono le sfide, e quella di ambientare un romanzo poliziesco in pieno lockdown si è rivelata un vero e proprio percorso ad ostacoli. Sviluppare la trama tenendo conto, nell’ambientazione, di tutta una serie di paletti obbligati: le restrizioni vigenti, le misure di prevenzione, la difficoltà per gli inquirenti di destreggiarsi in una dimensione surreale con indizi limitati per l’assenza di testimoni in giro, la desertificazione del contesto sociale. Insomma, un coefficiente di difficoltà piuttosto alto. In aggiunta, mi sono detto che non potevo lasciarmi sfuggire un’occasione così invitante, cioè quella di documentare con la formula del giallo una fase così unica della vita di ciascuno di noi. Blue night, come tutti i polizieschi, racconta un luogo geografico preciso, persone e situazioni, fatti e circostanze, comportamenti, azioni e reazioni. Questa volta, a condizionare la vita dei protagonisti, ha provveduto in misura determinante anche la pandemia. Una testimonianza di questo tempo per chi si ritroverà a leggerlo in futuro.

  • Hai descritto benissimo nel libro le sensazioni che tutti noi abbiamo provato in quei giorni, il senso quasi di essere stati messi in stand by, il silenzio ed il vuoto delle nostre piazze, delle nostre città, delle nostre vie. Hai raccontato egregiamente quello che ormai per molti italiani era l’appuntamento fisso con il bollettino della protezione civile. A te cosa è rimasto di quei giorni così difficili? Come li hai vissuti?

Il ricordo di quel periodo è controverso. Alternavo il lavoro in ufficio con lo smart working, nel tragitto verso casa attraversavo una città deserta, in famiglia la tv sempre sintonizzata sul tg… ma in compenso ho scritto molto, il tempo libero di pomeriggio era davvero tanto, le giornate parevano infinite. Blue Night è nato proprio nella primavera del 2020, in quella sorta di bolla, di dimensione ovattata pregna di paure, incertezze e insicurezze diffuse. Ho cercato di lasciarmi suggestionare dal contesto per provare emozioni non comuni.

 

  • Lo sfondo è la città di Cosenza, come mai hai scelto questa location? Che rapporto hai con questa città?

Come dicevo prima, Cosenza è la mia città, quella dove sono nato, vivo e lavoro. E che amo profondamente, nei suoi pregi e nei suoi difetti, nelle contraddizioni che esprime e negli slanci di passione e vitalità che riesce a trasmettere. È una realtà per tanti versi sconosciuta, una città ricca di cultura, arte e tradizioni. Cosenza coniuga perfettamente storia e modernità, la leggenda del re Visigoto Alarico e il recentissimo Ponte di Calatrava, un centro storico tra i più belli d’Europa e il museo all’aperto dell’isola pedonale in centro città. E poi ha una posizione geografica invidiabile, a mezz’ora di auto tra il mare del Tirreno e lo stupendo altopiano della Sila. Ho scelto di ambientare i miei romanzi polizieschi a Cosenza per una serie di motivi: intanto nessuno lo aveva mai fatto prima, e poi morivo dalla voglia di leggere storie noir che si sviluppassero nei posti che frequento abitualmente, e così ho pensato di scriverle. Tieni conto, inoltre, che una delle regole principali per chi si cimenta nella scrittura, soprattutto di genere poliziesco, è che bisogna sempre raccontare di posti che si conoscono bene, per cui… Cosenza nei miei libri non è solo uno scenario di fondo, bensì assurge al ruolo di protagonista indiscussa.

  • Quando hai iniziato a scrivere le avventure di Giannitteri e Marcillei pensavi già a due personaggi seriali oppure è stato il successo ottenuto dai primi libri a spingerti a continuare a raccontarne le gesta?

Devo essere sincero? Ci pensavo già. Avevo in mente di creare dei personaggi seriali che agissero sempre nello stesso contesto. Certo, quando nel 2010 ho pubblicato la prima storia non mi aspettavo questo tipo di riscontro positivo, così mi sono invogliato a proseguire ed è nata la saga che ad oggi si compone di sei romanzi. Due personaggi diversi tra loro che si evolvono col trascorrere del tempo, modificano la propria situazione familiare, vivono i problemi di tutti i giorni esattamente come accade a ognuno di noi. Marcillei, per esempio, nei primi episodi era felicemente sposato… In poche parole, due individui normali, privi di superpoteri, con i loro pregi e difetti. Due persone che potrebbero tranquillamente essere i nostri vicini di casa o i colleghi di lavoro.

  • Un’altra denuncia forte che fai nel tuo romanzo è quella verso una sanità pubblica che nel sud è stata ormai dilaniata e resa molto deficitaria. Secondo te questo è un problema risolvibile oppure purtroppo il danno è fatto e difficilmente si potrà porvi rimedio?

Mi assumo il rischio di apparire disfattista e dico di no, i problemi che affliggono la Calabria, tra cui lo stato penoso in cui versa la sanità pubblica, credo non siano facilmente risolvibili. Scontiamo l’assenza storica di una classe dirigente capace e competente, tale mancanza nel corso degli anni ha prodotto disastri economici e nell’erogazione dei servizi fondamentali. Il lavoro che manca, la precarietà, la sanità allo sbando… è un peccato mortale che una terra così bella e ricca di risorse sia preda del malaffare, abbandonata alla gestione di gente improvvisata e a poche famiglie influenti. I calabresi meritano di meglio, non fosse altro per i sacrifici, il coraggio e la caparbietà che mostrano di possedere nel lottare per vedersi riconosciuti quei diritti che, in altre zone del Paese, appaiono scontati mentre qui rappresentano l’eccezionalità.

  • Ho letto questo libro con grande trasporto e devo dire che mi ha coinvolto molto, l’ho vissuto quasi come fosse un film. Secondo te le avventure di Giannitteri e Marcillei potrebbero dire la loro se portate sugli schermi della tv o del cinema? Secondo te chi potrebbe essere degno interprete dei tuoi personaggi di punta?

Sarebbe un sogno vedere la trasposizione televisiva o cinematografica dei romanzi polizieschi di cui sono protagonisti Giannitteri e Marcillei. Oltre all’aspetto letterario dei romanzi, sarebbe fantastico dare a Cosenza l’opportunità di essere conosciuta al grande pubblico, un’operazione di marketing di cui ne gioverebbe non solo la città e la sua vasta provincia ma l’intera regione. Servirebbe, peraltro, a sdoganare certi luoghi comuni che, anche nelle varie pellicole ambientate in Calabria, trattano sempre il solito tema della ‘ndrangheta, dipingendo con monotematico cromatismo una regione che esprime tanto altro, nel bene e nel male. Nei miei romanzi evito di trattare in modo centrale il tema della criminalità organizzata, non per timore o ritrosia, ma perché resto convinto che sprovincializzare una realtà significhi descriverla anche sotto un’altra luce, al pari di altri più rinomati contesti. La provincia intesa come dimensione di vita, come universo in miniatura delle grandi metropoli, non è dissimile dai grandi centri urbani; in Calabria non esiste solo la ‘ndrangheta, i mafiosi con la coppola in testa e le donne vestite di nero, stereotipi di cui l’immaginario collettivo spesso e volentieri continua a nutrirsi. Chi vedrei nei panni di Giannitteri e Marcillei? Domanda complicata… il commissario Giannitteri lo farei interpretare a Edoardo Leo mentre la parte di Marcillei la attribuirei a Claudio Bisio, due attori che stimo tantissimo.

  • Hai già in mente nuove avventure per i tuoi due protagonisti? Credi che li rivedremo presto di nuovo all’opera?

Un nuovo episodio è già in lavorazione, tuttavia nell’ultimo mese ho avuto una specie di folgorazione e ho iniziato a dedicarmi alla stesura di un romanzo di narrativa, accantonando per il momento l’idea di proseguire con la saga. Sinceramente non so cosa stia scrivendo, non so se l’idea può funzionare. Ma siccome questo esperimento, nonostante la mia titubanza, continua ad andare avanti, credo che Giannitteri e Marcillei osserveranno un turno di riposo in attesa del prossimo caso da risolvere a Cosenza.

Grazie mille a Giulio Bruno per essere stato nostro graditissimo ospite e gli auguriamo un grosso in bocca al lupo per il proseguo della sua carriera letteraria.

 

David Usilla

 

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