Intervista a Federica Garofalo – “Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura” (Robin Edizioni)

Intervista a Federica Garofalo – “Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura” (Robin Edizioni)

 

Abbiamo da poco recensito “Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura” (Robin Edizioni) di Federica Garofalo e abbiamo ora la possibilità di fare quattro chiacchere con lei per poter approfondire un po’ di più le tematiche del libro e per conoscerla meglio.

 

Buongiorno, Federica, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te non è un problema:

Nessun problema, grazie.

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Mi piace sempre far conoscere ai nostri lettori sia l’artista che la persona che vi si cela dietro. Ti va di raccontarci qualcosa di te sia dal punto di vista artistico che da quello umano?Mi definisco una medievista per formazione, una paleografa per certificazione, una rievocatrice per passione e una narratrice di storie per vocazione. La passione per la Storia e, soprattutto, per le storie che contiene al suo interno ce l’ho da sempre, fin da bambina. Ho sempre amato vivere vite diverse dalla mia, inventando storie, raccontandole agli altri, tanto che ero famosa tra gli altri bambini come “quella che racconta le storie”. Così ho cominciato a scrivere racconti: risale al 2000 il mio primo racconto pubblicato, all’interno dell’antologia “Racconti e Visioni” per la Gutenberg Edizioni; nel 2003 vinsi il secondo premio della rassegna “Linea d’Ombra” di Salerno; nel 2011 vinsi il primo premio del concorso letterario “Il Racconto nel Cassetto”. Nella rievocazione storica ho trovato la mia dimensione ideale, perché mi permette letteralmente di viaggiare nel tempo. Si può dire che questo libro è il fiume in cui sono confluite entrambe queste passioni.

 

  • La seconda domanda è quasi d’obbligo vista la peculiarità dell’argomento trattato. Come è nata la passione per la Scuola Medica Salernitana?È stata quasi conseguenza diretta dei miei studi universitari (Beni Culturali. Quando entrai in Università pensavo che avrei seguito il classico percorso dell’archeologia classica; in occasione dell’esame di Archeologia Medievale, però, mi sono imbattuta nel Medioevo, ho cominciato a studiare il periodo, ed è stato un vero e proprio colpo di fulmine. Ho scoperto un periodo completamente diverso dall’epoca buia e oscurantista che mi avevano raccontato al liceo: un’epoca certo con ombre e lati oscuri, ma piena di curiosità, di fermenti culturali, di luce e di colori. Un’epoca in cui Salerno, la mia città, oggi una città di provincia del Sud Italia, era la capitale europea della medicina.

 

  • Il libro è composto da sei racconti che hanno per protagoniste sei mediche della Scuola Medica Salernitana, sei mediche vissute in periodi diversi che vanno dal 1084 al 1422. Cosa ti ha spinto a raccontare le loro storie?La scoperta più importante che ho fatto è che il Medioevo ha dato molto più spazio alle donne rispetto all’Antichità classica e all’Età Moderna e all’Ottocento. Non voglio dire che all’epoca le donne godessero di pari diritti rispetto agli uomini, anche perché il Medioevo non aveva la concezione di “diritti” che abbiamo oggi, ma il loro margine d’azione era più ampio di quanto immaginiamo. E, tra le parole che, nel periodo che racconto, si declinavano al femminile c’era anche “medica”, diffuso sia in Latino sia nelle lingue volgari. Scienziate a tutti gli effetti, il cui contributo era conosciuto e rispettato dagli uomini, e non solo a Salerno, ma in tutta Europa, almeno fino a quando non ci ha messo lo zampino l’Università… Eppure il loro contributo è stato sminuito, dimenticato, negato dalla storiografia successiva, proprio per la mentalità maschilista innescata dall’Università, intrisa di cultura classica e di diritto romano. Io ho voluto rendere loro giustizia e farle finalmente conoscere al grande pubblico di tutta Italia.
  • Le sei protagoniste non sono personaggi di fantasia bensì donne che realmente hanno prestato servizio come mediche a Salerno. Dai vari racconti emerge il loro lato più intimo, più introspettivo, le hai raccontate in maniera molto profonda. Quale di queste figure ti ha affascinato di più e quale di esse ti ha in qualche modo provocato un sentimento di antipatia?Io non parlerei di simpatia e di antipatia, perché mi sento, come donna, in empatia con tutte. Diciamo che quella che sento in qualche modo più vicina a me è Margherita detta Mercuriade, per il suo sapere come per la sua fragilità, per il suo desiderio di giustizia come per le sue paure. Quella che sento invece più lontana da me, e per cui provo in qualche modo più compassione è Rebecca Guarna, una donna indurita dalle sofferenze della sua vita e che ha cercato rifugio nel potere: io non credo nel potere come ragione di vita, perché inevitabilmente finisce per distruggere chi lo cerca, in un modo o in un altro.

 

  • Il Medioevo è un periodo storico che si presta molto ad essere ambientazione per romanzi storici. Tu ci presenti però un Medioevo molto diverso dallo stereotipo abusato della normale narrazione di questo periodo. Ci presenti un Medioevo al femminile, dove le donne alla fine hanno più spazi ed opportunità rispetto a quanto succederà nei secoli a venire. Come mai ti sei focalizzata su questo aspetto, poco conosciuto in effetti, di questo periodo storico?Appunto perché non ne potevo più di leggere di un Medioevo arretrato, tenebroso, in cui le donne fossero considerate poco più che animali, non corrisponde alla realtà. Chi sa ad esempio che all’epoca esistevano monasteri composti da monaci e monache con a capo non un abate ma una badessa? E che il medico personale del re di Francia Luigi IX, che lo accompagnò addirittura alla Crociata nel 1250, era una donna, tale Hersende?
  • Quanto tempo è durata la gestazione di questa tua opera? Quanto studio ha comportato la preparazione per la scrittura di un libro così impegnativo ed importante?Mulieres Salernitanae ha richiesto nove anni di ricerca, non solo attraverso le fonti storiche, letterarie, mediche e filosofiche dell’epoca, ma soprattutto attraverso quelle documentarie, le “scartoffie”, che mi hanno aiutato a capire in che tipo di ambiente far muovere i miei personaggi. E in questo senso la rievocazione storica, e l’aiuto dei rievocatori, è stato fondamentale per ricostruire la vita quotidiana nei dettagli, dagli abiti al cibo in tavola.
  • Federica Garofalo, pensi che tra i tuoi progetti futuri possa esserci ancora spazio per scrivere qualche romanzo ambientato nel Medioevo, magari aiutando noi lettori a coglierne altri aspetti che ancora non conosciamo?Certamente qualcosa già bolle in pentola, ma non dico di più: non voglio rovinarvi la sorpresa…

Ringraziamo Federica Garofalo e speriamo di vederla presto sulle pagine de I gufi narranti

David Usilla

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