Intervista a Fabio Carta autore de “Ambrose” edito da Scatole parlanti

14Intervista a Fabio Carta autore de “Ambrose” edito da Scatole Parlanti

Fabio Carta
Oggi i gufi narranti incontrano Fabio Carta, classe 1975. Appassionato di fantascienza e dei classici della letteratura e autore tra le altre cose del libro da noi recensito “Ambrose”.
Laureato in Scienze Politiche con indirizzo storico, ha al suo attivo la saga fantascientifica Arma Infero, una serie che a oggi conta due romanzi (Il mastro di forgia, 2015 e I cieli di Muareb, 2016) e il racconto lungo Megalomachia (Delos Books, 2016), scritto unitamente alla finalista del premio “Urania 2016”, Emanuela Valentini. Ha inoltre partecipato con importanti firme della fantascienza italiana all’iniziativa benefica Penny Steampunk (2016), da cui è nato un volume di racconti fantastico-weird a cura di Roberto Cera.
Ora abbiamo la possibiltà di conoscer  meglio Fabio Carta con una breve intervista.

Ciao, Fabio possiamo darci del tu?

Certamente Emanuele, non sono mai stato un tipo troppo formale.

D. Durante la lettura del tuo libro sono stato colpito da diversi aspetti. Interessanti sono le riflessioni che il protagonista, CA , compie sulla realtà sociale che lo ha condotto a vivere la sua esistenza. Nel libro si fronteggiano due fazioni, una forma di Islam distopico ed il Patto Atlantico. Il primo è graniticamente coerente alle consegne della sua dottrina a cui si contrappone un occidente che si basa, da prima, sulla scienza come nuova religione per poi vedere la nascita del culto di Dirac, religione di beatitudine. Quindi, secondo te, tutto cambia in modo che, alla fine, ogni cosa rimanga uguale?

CA crea un suo AVATAR, una copia digitale di se stesso, alla quale delegare le interazioni sociali nel mondo virtuale. Una umanità isolata nei propri “loculi” ma strettamente connessa. Vedi realmente così tanta solitudine nel nostro futuro?

R. “Tutto cambia affinché ogni cosa rimanga uguale”? Per carità non sono Tomasi di Lampedusa, né ho immaginato che dietro agli stravolgimenti del futuro (che nessuno assolutamente si augura) ci fosse una regia occulta o “reazionaria” per mantenere uno status quo con apparenze diverse. Semmai nella mia visione ho voluto inserire grado di oggettività antropologica, non priva di un profondo pessimismo, che vuole un periodico affermarsi di culti religiosi nei momenti cruciali degli aggregati umani. Il salto nel vuoto della grandiosa missione spaziale, ho ritenuto fosse uno di questi. L’ironia della sorte: l’uomo fugge dal suo pianeta messo a ferro e fuoco dall’odio religioso (ma non solo da questo) e parte verso l’ignoto con l’unico conforto dato da un nuovo credo.

D. Rimaniamo ancora per un secondo sulla figura dell’AVATAR. CA dialoga con la “copia” di se stesso.

Durante questi momenti riscontra delle asperità caratteriali che lo inducono a supporre una qualche “evoluzione” delle IA divergente dall’originale. Un rifiuto ad accettare i propri difetti e/o debolezze opponendo una giustificazione?

R. Nel momento della creazione del mirroring, così come ho immaginato questa nuova “app” dell’ego, l’avatar dell’utente diviene cosciente e autonomo fino al prossimo aggiornamento. CA, avendo fisicamente tra sé e il proprio terminale domestico su Giove migliaia di chilometri di distanza, non può permettersi un tale upload di dati e assiste inerme allo sviluppo indipendente di questo impostore da lui creato. Quando infatti ottiene il modo di “tornare” a casa usando le velocità iperluce del link tachionico, non cerca l’aggiornamento, ma l’affermazione di se stesso, almeno un’ultima volta, nelle interazioni sociali e affettive della sua infosfera. Forse, come tu dici, c’è un’inconscia critica a se stesso in questo allontanamento (come nella partenza suicida di qualsiasi volontario per il fronte) ma tanto, alla fine, il ritorno a casa si sviluppa come sai tra equivoci e rimpianti. L’ennesima beffa per ogni stereotipo machista da maschio alfa.

D. CA è lucidamente consapevole della sua malattia e del perché ne è afflitto, rimane anche sconsolato di non poter partecipare al “nuovo salto dell’umanità” ma continua la sua vita non riuscendo ad “elaborare questo lutto”. La malattia che lo consuma e la consapevolezza che essa potrà essere causa della sua morte deve essere vissuta come un elogio stesso alla esistenza?

R. Un elogio dell’esistenza, certamente, ma come può elaborarlo un omino piccolo piccolo quale è CA. Un Fantozzi delle stelle che si getta nella battaglia per mero calcolo economico, per dare fondi al costoso mantenimento del proprio corredo genetico mentre, da bravo bigotto, cerca di “impalmare” una donna, per quanto sul piano virtuale, e portare avanti la sua discendenza genetica, come tanto vorrebbe la sua mamma. C’è nulla di più tristemente arcaico di questo? L’immortalità genetica pagata con quella degli affetti, usati, abusati e ingannati con l’ausilio di mirroring e avatar. L’elogio dell’esistenza in sé, dell’esistenza a un livello trascendente, è invece fatto – non illustrato – da Ambrose, la misteriosa entità che mostra come possa esservi vita e grandezza, quasi gloria, nel sacrificio di quello che si ritiene essere la cosa più grande. La vita, sia come uomo che come specie. Una follia? Forse… chissà.

D. Parliamo di Ambrose. Esso si definisce una “coscienza emergenziale”. Spinge CA, tramite la sua arte oratoria, ad abbandonare il suo mondo sicuro, la sua RV, per recarsi in città, raffrontandosi fisicamente con il resto dell’umanità. Fino alla fine questa figura, nonché il suo ruolo, rimarranno un mistero. Come dobbiamo interpretarla? Una concretizzazione della coscienza/subconscio del protagonista? Un moderno Virgilio che condurrà il nostro CA verso un nuovo inizio?

R. Non posso dare nessun indizio su come abbia inizialmente ideato la figura di Ambrose. Ambrose è, come da te sagacemente colto, l’inconscio di un uomo finito che si ribella, l’ego collettivo di una civiltà che si rifiuta di rimanere coerente a se stessa proseguendo verso la distruzione, è la guida per una specie che non può più sperare di fare affidamento solo a se stessa per andare oltre i confini del proprio mondo, divenuto troppo piccolo. Ambrose è tutto questo, o soltanto una stupida allucinazione che giustifica un casuale evento storico. Tutto e niente.

D. E un’ ultima domanda a Fabio Carta, un classico per gli autori intervistati dai gufi, puoi consigliarci un libro che ti è piaciuto ma che non è noto al grande pubblico?

R. Cronosisma, di Vonnegut. Fantascienza e letteratura di prim’ordine, condite da follia e sarcasmo. Per chi volesse leggere sci-fi non sapendo di farlo.

Ciao Fabio Carta, grazie per la tua disponibilità e un in bocca al lupo per il tuo libro dai gufi narranti

Grazie a te, Emanuele, e a tutti voi “gufi”. E crepi il lupo!

Emanuele Airola

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