I Morti Non Muoiono – Spassosa rivoluzione dialettica di Jarmusch.

I Morti Non Muoiono

Anno: 2019

Titolo originale: The Dead Don’t Die

Paese di produzione: USA, Svezia

Genere: orrore

Regia: Jim Jarmusch

Produttore: Joshua Astrachan, Carter Logan

Cast: Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton, Chloë Sevigny, Steve Buscemi, Danny Glover, Caleb Landry Jones, Rosie Perez, Iggy Pop, Sara Driver, RZA, Selena Gomez, Carol Kane, Tom Waits

Mentre gli agenti Cliff Robertson e Ronnie Peterson raggiungono eremita Bob nei boschi, accusato da Frank Miller di averlo derubato di un pollo, a Centreville iniziano a verificarsi strani fenomeni. Cellulari e orologi non funzionano e il buio tarda a giungere. Intanto i telegiornali parlano di una possibile rottura dei poli che avrebbe spostato l’asse terrestre alterando la rotazione del pianeta.

Un’apocalisse zombie sta arrivando. La previsione è così scontata che perfino i personaggi garantiscono che si avvererà. Ciò che Jarmusch fa’ con I Morti Non Muoiono però è un vera e propria operazione di dialettica che rinnova l’interesse e l’entusiasmo verso la materia in questione.

In fin dei conti chi poteva essere più adatto del regista dell’Ohio per parlare di zombie? Rocker ed anticonvenzionale Jarmusch rapisce Iggy Pop e Tom Waits e gli affibia dei ruoli che prima o poi avrebbero dovuto interpretare: il primo è uno zombie, il secondo è un eremita anarchico e selvaggio dei boschi. C’è il country di Sturgill Simpson (suo il pezzo che da’ il titolo al film, The Dead Don’t Die, e che appare più volte), cantautore e comparsa in questo caso, ad accompagnare perfettamente il ritmo compassato di una Centreville immersa nel buio ma mai nel dramma vero e proprio. I vivi mantengono sempre un autocontrollo grottesco che scatena un umorismo sottilissimo e glacialmente irresistibile. La lezione pulp tarantiniana è visibile, non solo in una Tilda Swinton necrofora col vizio della katana che non può non ricordare la Uma Thurman di Kill Bill; ma è quasi l’ironia sarcastica di Kaurismaki a fuoriuscire dalle espressioni impalpabili di Murray e soci. A proposito, il cast è azzeccatissimo e si premura di recuperare ogni figura più tipica del genere riservandole però un destino imprevisto.

Ronnie Peterson (Adam Driver) a caccia di teste da… uccidere.

Jarmusch fa’ un fuoco della maggior parte delle solite sceneggiature, ma segue sempre con rispetto sacro l’intenditore Romero, come si può vedere nel comportamento dei non morti che ripetono le cose che facevano da vivi. Sullo sfondo il regista non appende solo manifesti di horror di vecchia data, ma anche un altro importante che condanna il razzismo, pone l’inquinamento come possibile causa della fine del mondo e, come diceva sempre Romero, attacca il consumismo sfrenato; non a caso nel finale è proprio il primitivo eremita Bob, nel fitto intrico dei suoi boschi, a sciorinare una morale forse discutibile nella messa in scena, ma cupa quanto basta. In fin dei conti sono solo non morti, come dice Ronnie Peterson (Adam Driver), creature fuoriuscite da un copione.

Molto più importante invece preoccuparsi dei vivi che negano l’evidente problema dei poli (alla radio quello che sembra di sentire è proprio il disinteresse di Trump nei confronti del surriscaldamento globale), o che esibiscono cappelli che inneggiano all’America bianca, di nuovo, mentre discutono con afroamericani nei diner. Chiamatela satira di morte, umorismo nero, vendetta dei morti sui vivi, castigo per l’umanità sempre più prossima al fallimento. Ne I Morti Non Muoiono, profetico e atmosferico come uno a caso dei grandi capolavori di Carpenter, nonostante l’eloquenza morale di Jarmusch, possono convogliare diverse chiavi di lettura che insieme suonano come una campana che scandisce la fine del genere umano.

Zanini Marco

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