“Gesta d’un beota”Silloge di Ivan Errante – Recensione e intervista

“Gesta d’un beota” è una silloge scritta da Ivan Errante, pubblicata nel 2020 a cura della casa editrice Dialoghi (collana Glifi), la cui prefazione porta la firma di Stefano Sannino e l’introduzione è dell’autore stesso.

 

 

 

L’opera che si compone indicativamente di 93 pagine è così suddivisa:

  1. Quei dì terreni
  2. Natura
  3. Amore
  4. Introspezione
  5. Porte del paradiso

Conclusione e Donum Dei

Ora addentriamoci nell’opera analizzando le parole del poeta:

Nigredo, Albedo e Rubedo: le tre opere alchemiche per giungere alla pietra filosofale, all’ermafroditismo unico, al quel legame indissolubile dell’anima con lo spirito.

Un viaggio lungo e faticoso da cui si parte dal basso, per arrivare alla fusione della parte maschile e della parte femminile, entrambi congiunti finalmente in nozze alchemiche (“E fu l’Abbondanza di Dio”).

“D’u minuscola per evidenziar/mediocrità tra vero Uomo”: il poeta Errante vuole evidenziare forse coloro che si spingono verso nuove mete spirituali e assolute, a differenza di coloro i quali si accontentano della pura materia. Forse è quella U maiuscola che permette di distinguere gli individui “mediocri” che si accontentano da quelli che si spingono oltre: come viene notata nella Divina Commedia la frase di Ulisse:

“fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.

“Urlai con voce sibillina/ il richiamo d’origine”, la pura origine dell’uomo, per il poeta divina e indiscussa, una sorgente che illumina il sapere e il talento, che lo spinge a scrivere e ad esprimersi.

La divinità è quell’energia primigenia da cui un essere umano trae forza, un’energia mai creata ma sempre esistita fin dall’origine. Ogni alchimista sa che deve annullare il proprio io e la propria individualità per discostarsi da sentimenti di rabbia, di delusione, d’invidia e di vendetta.

“Ogni centro ha radici nel Verbo”: ogni creatura per il poeta si avvia verso l’Energia Creatrice, verso quell’infinito che ha creato, ma non solo, anche verso la Parola Prima, verso la scrittura e la traduzione orale. Tutto è creatività e immaginazione, prima ancora della concretezza, il mago è colui che immagina, colui che riesce a potenziare i suoi talenti, colui che “esteriorizza anima e mente”.

“Come alchimista trasformasti piombo/ spezzato dall’amor carneo in oro/Amore Universale”, questo è il lavoro dell’alchimista che trasforma la sua essenza in oro, vale a dire l’anima: un’interpretazione simile è la favola Pinocchio di Collodi dove il protagonista, Pinocchio riesce dopo varie peripezie ad acquisire l’anima, a trasformarsi in bambino umano.

Il poeta Errante ci parla della verità (“Liberi! Liberi! Urlò l’Uomo sveglio”) che scioglie ogni dubbio, ma ci introduce a un cammino soggettivo e individuale, dove ogni essere umano, ogni creatura tende all’Assoluto oppure a dei valori alti terreni; nella silloge ci sono degli accenni alla danza come metafora della vita, il rigore e l’arte, l’uomo può giungere alla vera bellezza, scevra da ogni sovrastrutture tipiche della società, in quanto pura.

L’uomo che si è risvegliato attraverso un cammino, può aiutare in un atto di generosità a svegliare altri uomini, ancora “addormentati”, perché il cammino interiore conduce a sentimenti di amore, di perdono e di comprensione.

Ho apprezzato questa silloge perché tratta dell’arte e di un cammino iniziatico per poche persone. Il linguaggio è aulico ed enigmatico. Consiglio a tutti la lettura di  questa silloge perché il mondo dovrebbe risvegliarsi da quel  torpore dell’anima tipico di chi soffre interiormente perché non accetta di porsi domande.

Eloisa Ticozzi

Intervista con Ivan Errante

 

 

 

INTERVISTA A IVAN ERRANTE

 

Ora scambiamo due parole con  Ivan Errante per conoscerlo meglio:

 

D: Ciao Ivan, grazie per essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

R: Ciao, certo possiamo darci tranquillamente del tu.

D: La tua silloge ha un titolo particolare, chi è il beota al quale ti riferisci?

R: Inizialmente utilizzai la parola beota, per il suo significato etimologico; come spiego su Youtube nel video della presentazione del mio libro, i beoti erano abitanti dell’antica Beozia (ci troviamo nella Grecia centrale di oggi), essi non avevano sviluppato la loro società sotto un aspetto filosofico e commerciale, ma bensì scelsero di essere degli agricoltori, quindi dedicarsi solo alla lavorazione della terra. Per questo motivo i suoi nemici nelle zone limitrofe li definirono con questo termine: Beoti; nonché tardi di mente, ottusi solamente perché non erano all’avanguardia sotto l’aspetto commerciale e culturale. Grazie a questa definizione, inizialmente scelsi questa parola per rivolgermi non solo agli Iniziati (chiamiamoli ‘’i risvegliati’’, o chi sta seguendo questa Via), ma a qualsiasi tipo di persona, tutti possono fare questo percorso, anche un beota può farlo, basta volerlo. Questa era la motivazione iniziale per la quale scelsi questo titolo, però rileggendo il libro vidi che aveva una seconda veduta, una seconda spiegazione, più interiore, personale; mi sa che tutti siamo beoti prima di risvegliarci.D: La tua opera parla dell’Opera (gioco di parole voluto). Da quando sei affascinato da certe tematiche?

R: Sin da piccolo sono sempre stato affascinato da cosa si nascondesse dietro il velo della materialità, e questa curiosità mi ha portato oltre al velo.

D: Per curiosità, vista la tematica della tua silloge, Errante è il tuo cognome o uno pseudonimo?

R: Coincidenza vuole che Errante sia il mio cognome, ovviamente io non credo nella casualità.

D: Credi possa esistere un parallelismo tra poesia e alchimia?

 

R: A volte alcune poesie possono presentarsi ermetiche come lo è l’alchimia, però per quanto riguarda l’alchimia penso che la sua scrittura sia una poesia da parafrasare.

D: Cosa ti ha spinto a scrivere scegliendo la poesia come forma di espressione?

R: Amo il difficile, stimola la mia creatività, mette in gioco la mia forza di volontà; la cosa bella è che tutto questo si può trascendere quando vogliamo raggiungere realmente qualcosa. Ebbene ho scelto la poesia perché è difficile: difficile da scrivere, da parafrasare; insomma questo piacere della difficoltà può spazzare la sensazione di mediocrità e da qui la scelta di scrivere in poesia.

D: Credi che la poesia sia ancora relegata in una specie di nicchia, o i vari social network le hanno permesso maggiore diffusione e apprezzamento?

R: Penso che la poesia sia ancora relegata ad una nicchia. È vero che i Social hanno aiutato la sua diffusione e sicuramente hanno fatto aumentare anche l’apprezzamento, ma non hanno aumentato la comprensione di questa arte e la comprensione della vita di un Poeta; queste due ultime cose fanno parte dei Sensibili e i Sensibili sono relegati in una nicchia.

D: Che valore ha la spiritualità nella tua vita e come questa influisce sull’ispirazione poetica?

R: L’ispirazione è qualcosa che va ascoltata e che viene all’improvviso, io sono solo la mano che la trascrive. Riguardo la mia spiritualità la risposta sarebbe troppo lunga, se avrete il piacere si potrà organizzare un videochiamata, così d’avere abbastanza tempo per parlarne.

Vi ringrazio tantissimo per la vostra ospitalità e per l’opportunità di stare con voi, spero che presto potremmo collaborare un’altra volta insieme, e chissà magari parlare più in profondità del mio libro. Un saluto, Ivan.

 

Grazie mille a Ivan Errante per la disponibilità e arrivederci a presto sulle pagine de I Gufi Narranti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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