Franco Battiato – L’Era Del Cinghiale Bianco – La svolta stilistica di Battiato.

Franco Battiato – L’Era Del Cinghiale Bianco

Anno: 1979

Paese di provenienza: Italia

Genere: pop rock

Membri: Franco Battiato – voce; Alberto Radius – chitarra; Roberto Colombo – tastiera; Julius Farmer – basso; Tullio De Piscopo – batteria, percussioni; Antonio Ballista – tastiera; Giusto Pio – violino; Danilo Lorenzini e Michele Fedrigotti – piano in Luna Indiana

Casa discografica: EMI italiana

  1. L’Era Del Cinghiale Bianco
  2. Magic Shop
  3. Strade Dell’Est
  4. Luna Indiana
  5. Il Re Del Mondo
  6. Pasqua Etiope
  7. Stranizza D’Amuri

L’allontanamento dal progressive, iniziato in Sulle Corde Di Aries, ha trascinato Battiato in un mulinello di sperimentazione che lo ha condotto fino al totale minimalismo e ad una grottesca commistione di musica e campionamenti. Tutto questo termina con L’Era Del Cinghiale Bianco e col ritiro del premio Stockhausen per L’Egitto Prima Delle Sabbie (1978), che forse suggella la fase più strana ed allucinata della carriera del musicista siculo. Il cambio di rotta evidenzia anche il passaggio verso un’etichetta molto importante. L’Era Del Cinghiale Bianco viene infatti distribuito nel 1979 dalla EMI e, seppur le vendite non siano ancora eclatanti, si assiste ad un successo commerciale che Battiato non aveva ancora conosciuto. Il nuovo disco deve qualcosa al nascente fenomeno new wave, ma risente ancora dell’influenza progressive degli esordi. Questo incontro permette al cantante di trovare un perfetto equilibrio tra orecchiabilità e ricerca negli arrangiamenti.

Come non riconoscere l’immortalità del violino di Giusto Pio che irrompe ne L’Era Del Cinghiale Bianco? Ormai lontano dall’anarchia compositiva degli anni passati, Battiato colpisce tutti con un’accessibilissima forma canzone in cui emerge tutta la sua contemporaneità ma anche la sua classe. Un pezzo con un’anima rock che non viene smentita dall’orecchiabilità che lo permea. Magic Shop rivela nuovamente la vicinanza di Battiato allo spiritualismo anche attraverso un forte senso critico. Il testo infatti parla del movimento new age come la causa di una pesante svalutazione delle correnti spirituali. La magia in questo caso non sta solo nel titolo ma anche nell’esecuzione e nella concezione della canzone che, con un tono dimesso e malinconico, riesce, volente o nolente, a trasmettere un forte senso nostalgico (anche a chi non ha vissuto gli anni ’70!). La prova dell’efficacia emotiva di Magic Shop è tutta nella scelta delle parole e negli arrangiamenti fiochi e ovattati, che insieme riescono a ricreare perfettamente i sentori di quell’epoca. In assoluto Strade Dell’Est è il momento dove sopravvivono maggiormente le reminescenze prog. Il mosaico di suoni, molto ricco, si avvale in questo caso anche della chitarra di Alberto Radius, molto rock (quasi metal) e ispirata. Il testo e le atmosfere sconfinano nell’oriente e a più riprese viene da chiedersi come mai non sia stato scelto un approccio simile per un disco come L’Egitto Prima Delle Sabbie. Sarebbe stato perfetto. Fatto sta che Strade Dell’Est è un pezzo magistrale, il migliore de L’Era Del Cinghiale Bianco per un vero rockettaro.

Luna Indiana è una sorta di intramezzo strumentale; elettro sinfonie molto particolari che sfuggono alle definizioni. Per capire bene il gusto musicale di Battiato in questa fase della carriera è indispensabile però conoscere Il Re Del Mondo, una tappa fondamentale della musica italiana. Basterebbero i suoni, frutto di un colpo di genio assoluto, dove tastiere ed archi si compenetrano a creare un’atmosfera indecifrabile, prima delicata e soave, poi fredda e poco rassicurante. Arrivano poi le parole a completare perfettamente il quadro che vede malinconia e liberazione, solitudine e rigenerazione, paura e stupore, magnificenza e inquietudine fondersi in una totale confusione dei sensi. Ma niente è casuale. Parlando di esoterismo Il Re Del Mondo infatti risiede nel centro spirituale dell’Agarthi ed esercita il controllo dell’uomo e delle sorti del mondo, privandolo però del libero arbitrio. Così da spirito osannato si trasforma in ostacolo alla nostra libertà individuale. Anche in questo caso quella che muove Battiato è una critica ancora più profonda all’esoterismo stesso, che costituisce evidentemente aspetti ambigui, come tante altre correnti spirituali e religiose. Da qui il tono diffidente e scoraggiante delle musiche, perfette per descrivere le illusioni umane sulla presunta affidabilità del mondo esoterico. Anche in Pasqua Etiope prevalgono sonorità raffinate che permettono al registro sonoro di rimanere sempre impeccabile. Stranizza D’Amuri, che conclude il disco, è la testimonianza del legame di Battiato con la sua terra d’origine, ma anche del coraggio con cui l’autore decide di particolareggiare la sua musica. Il testo infatti è tutto in dialetto siculo e va a completare quella che può essere considerata una ballata totalmente anticonvenzionale, che sa prendere il meglio della melodica italiana e piegarla al volere della ricercatezza. Un finale morbido e profumato come un dolce che conclude un pasto, dove si possono percepire tutti i profumi della Sicilia.

Non c’è solo l’incremento di vendite a certificare l’importanza de L’Era Del Cinghiale Bianco. Il disco non solo ha segnato una svolta artistica fondamentale per Franco Battiato, ma ha anche rappresentato un momento florido per tutta la musica italiana.

Voto: 9

Zanini Marco

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