Black Mirror – Seconda Stagione – Perverse evoluzioni giudiziarie.

Black Mirror – Seconda Stagione + Bianco Natale

Anno: 2013 – 2014

Paese di produzione: UK

Genere: fantascienza/ drammatico/ thriller

Ideatore: Charlie Brooker

Produttore: Charlie Brooker

Regia: Owen Harris, Carl Tibbetts, Bryn Higgins

Cast: Hayley Atwell, Domnhall Gleeson, Claire Keelan, Sinead Matthews, Flora Nicholson, Glenn Hanning, Tim Delap, Indira Ainger, Lenora Chrichlow, Michael Smiley, Tuppence Middleton, Ian Bonar, Nick Ofield, Russell Barnett, Imani Jackman, Daniel Rigby, Chloe Pirrie, Jason Flemyng, Tobias Menzies, Christina Chong, James Lance, Ed Gaughan, Pip Torrens, David Ajala, Michael Shaeffer, Jon Hamm, Rafe Spall, Oona Chaplin, Natalia Tena, Janet Montgomery, Rasmus Hardliker, Zahra Ahmadi, Robin Weaver, Dan Li, Verity Marshall, Ken Drury, Ian Keir Attard, Esther Smith

Episodi:

  1. Torna Da Me
  2. Orso Bianco
  3. Vota Waldo!

Speciale di Natale – Bianco Natale

Con soli tre episodi, che suonano più come un tentativo, Black Mirror doveva per forza tornare a dire qualcosa. A due anni dalla nascita ecco la seconda stagione della serie ideata da Charlie Brooker, che anche questa volta porta con sé tre storie. Tuttavia, contemporaneamente alla decisione di produrre una terza stagione, nel 2014 l’autore inglese propone uno speciale natalizio per non abbandonare i fans. Ma ora, senza indugiare oltre, infiliamoci negli episodi.

Torna Da Me apre la stagione con Domnhall Gleeson (il Generale Hux di Star Wars) e Hayley Atwell (la Peggy Carter di Captain America) a formare una coppia ordinaria, appena trasferitasi in campagna, nella casa che fu dei genitori di lui. La vita di Ash e Martha cambia per sempre il giorno seguente, quando Ash perde la vita in un incidente mentre sta riconsegnando la macchina noleggiata. Durante il funerale un’amica di Martha, Sara, la esorta ad utilizzare un rivoluzionario servizio che resuscita virtualmente i defunti attraverso una connessione internet. Una sorta di clone della coscienza di Ash generato dalle chat salvate. Martha, che aveva rifiutato, viene iscritta di nascosto da Sara, così Martha inizia a confidarsi con la copia digitale di Ash, mettendolo al corrente di essere incinta. Come se non fosse già abbastanza inquietante la situazione assume toni sempre più terrificanti. Prima, attraverso l’uso di file audio visivi, l’Ash etereo replica la voce dell’originale, e in seguito informa Martha che esiste una versione sperimentale del servizio che può fornire una riproduzione di Ash in carne sintetica. Il programma di replica virtuale della coscienza unito a questo artificio definitivo sembrano poter ricreare il vero Ash a tutti gli effetti. Martha è spaventata ma il desiderio di rivedere il compagno è più forte. Lo stupore è notevole quando il clone fuoriesce dalla vasca e Martha se lo vede venire incontro. Nonostante il replicante sembri a prima vista straordinario, presto ne emergono le mancanze che, partendo da quelle estetiche (assenza di pelo e di un particolare neo sul collo), si dimostrano sempre più importanti. Il nuovo Ash infatti non mangia, non respira e non dorme, ma soprattutto non ha il carattere dell’Ash umano. E’ unicamente una riproduzione votata a soddisfare ogni richiesta di Martha, comprese quelle sessuali. E’ ovvio che un rapporto simile non può funzionare, perciò Martha decide di sbarazzarsi del clone portandolo su una scogliera e intimandogli di saltare. La sua accondiscendenza a terminarsi la infastidisce così tanto che lo obbliga a dirle di non voler “morire”. Solo a quel punto Martha sceglie di conservarlo in soffitta, mentre inizia a crescere sua figlia. Saranno le chiare derive sentimentali e quello strano lieto fine, ma Torna Da Me sembra un incrocio tra Starman di John Carpenter e Babadook di Jennifer Kent. Comunque sia, con questo episodio Brooker vuole sempre metterci in guardia dalla presunta efficienza della tecnologia, concedendo però più spazio alla sfera emotiva positiva. Il regista Owen Harris ci mette di fronte una coppia per lo più anonima, sottolineandone gli sbalzi emotivi come farebbe un vero drammaturgo e il gioco viene ben sorretto da una recitazione inconfondibilmente inglese, che rende il tutto più ostinato. A condizionare maggiormente la riuscita di Torna Da Me a mio avviso è il contrasto, talvolta ambiguo, tra il ritorno sotto fattezze artificiali di Ash, e la terribile manipolazione dei sentimenti di Martha; in questo caso spicca il perverso utilizzo delle chat private. Ecco, la mancata sottolineatura di un sistema tecnologico così invasivo ed irrispettoso della privacy forse viene fatto passare un po’ sotto l’uscio, spostando un po’ troppo l’attenzione solo ed esclusivamente sulla meraviglia della voce virtuale prima, e del corpo sintetico dopo. Il colpo di scena finale poi, arrivati a quel punto, suona un po’ più come un pretesto buonista piuttosto che per una soluzione ideale. Sembra che nel tentativo di ovviare ai risultati ossessivi e deprimenti di Ricordi Pericolosi, Charlie Brooker abbia un po’ fallito.

Ash Starmer (Domnhall Gleeson) e Martha Powell (Hayley Atwell) nell’episodio Torna Da Me.

Se Torna Da Me potrebbe suonare solo a tratti ambiguo, Orso Bianco è brutalmente spiazzante. Victoria Skillane si sveglia legata ad una sedia in una stanza e non ricorda niente della sua vita. Uscita dalla casa si accorge di essere osservata continuamente da persone che camminano per strada o che si affacciano alle finestre. La situazione è già di per se ansiogena, ma diventa terrore puro quando un uomo scende da una macchina con un fucile e cerca di ucciderla. L’uomo porta un passamontagna con una Y rovesciata, lo stesso simbolo che Victoria aveva già visto trasmesso dai televisori in casa. Scappando incontra due persone in mimetica che la aiutano e con queste inizia una fuga continua tra i boschi che porta Victoria a doversi confrontare sempre con persone che vogliono farla fuori e prima, per giunta, torturarla. Quando Victoria però riesce ad armarsi di fucile e preme il grilletto ne escono solo coriandoli. I muri dello scenario cadono e il palco si apre ad una platea gremita. Tutto ciò che è successo fino a questo punto è finzione. La verità è che Victoria Skillane e il fidanzato Ian Rannoch sono stati incriminati per l’omicidio e la tortura di una bambina di sei anni, Jemima Sikes. Ian, che aveva commesso il crimine più efferato, si era tolto la vita in carcere, mentre Victoria, complice ed autrice del video dell’accaduto e dichiaratasi preda del potere mentale di Ian, deve scontare la pena inflittale dal giudice. Ovvero essere l’unica attrazione di un parco punitivo in cui viene costretta a ripetere continuamente una tortura mentale. Una volta smascherata la farsa della sua drammatica ed adrenalinica avventura viene sottoposta ad un elettroshock che ne cancella i ricordi, in questo modo può ripetere la cruda esperienza tornando legata sulla sedia da cui si sveglia ogni volta. Per quanto Orso Bianco risulti fin da subito un ottimo intrattenimento per via della ricca dose di azione e di tensione, non si può non rimanere perplessi sulla morale. E’ questo il futuro del codice penale che si auspica l’umanità? E’ questa l’adeguata punizione per il complice non violento di un omicida? Una simulazione sadica con annesso continuo danno cerebrale, da dare in pasto al pubblico come uno spettacolo per famiglie? Si spera vivamente che Charlie Brooker lo abbia fatto per denunciare la spietatezza delle masse (vedasi il fenomeno delle minacce da parte degli haters), e per scongiurare un imbarbarimento simile. Nel caso contrario siamo veramente di fronte ad un’apologia della tortura e del sadismo. Al di là dei forti dubbi che mi ha insinuato Orso Bianco, per la serie è una puntata abbastanza importante in quanto viene già mostrato per la prima volta un messaggio nascosto, la Y rovesciata, che tornerà a farsi vedere più avanti. Per dare un’idea di quanto sia criptico e strano Black Mirror, anche Ian Rannoch aveva quel simbolo tatuato.

Victoria Skillane (Lenora Crichlow) una volta uscita di casa si trova in un vero incubo nella puntata Orso Bianco.

Bryn Higgins dirige l’ultima sceneggiatura stagionale di Brooker, Vota Waldo!. Jamie Salter è il comico di un programma televisivo satirico in cui, attraverso l’orsetto blu Waldo, il suo alter ego digitale, intervista i politici deridendoli. Jamie viene quindi celato dal personaggio popolarissimo che muove attraverso la motion capture e a cui da’ la voce. Waldo diventa così famoso per via del suo atteggiamento spavaldo e strafottente che Jack Napier, produttore dello show e proprietario del personaggio, consiglia di candidarlo come figura politica alle prossime elezioni di Stentonford. Il gioco è fatto. Nonostante le rimostranze iniziali, Jamie viene convinto dalla possibilità di battere il candidato Conservatore Liam Monroe. La decisione di candidare Waldo, per quanto assurda, sembra assumere un impegno politico ben preciso. Tuttavia, durante una diretta, in cui sono presenti in studio sia Liam Monroe che Gwendolyn Harris, del Partito Laburista, Waldo si scaglia contro entrambi, dimostrando l’inconsistenza delle sue accuse, finendo per essere messo in imbarazzo dallo stesso Monroe. La credibilità di Wlado sembra del tutto crollata, ma lo sfogo di rabbia di Jamie anziché allontanare i fans li convince ancora di più a sostenerlo. Waldo diventa un’icona internazionale e Jamie viene avvicinato persino dalla CIA che ne vorrebbe sfruttare lo spirito per tenere a bada le masse. Jamie a questo punto fa’ retro front, rifiuta tutto e abbandona definitivamente Waldo, che finisce nelle mani di Jack Napier. Qualche anno dopo Jamie Salter è diventato un barbone, mentre Waldo è diventato l’icona mondiale di un mondo che sembra aver perso ogni speranza.

Vota Waldo! è un’evidente parallelismo sui movimenti politici, o presunti tali, che hanno spopolato nell’ultimo decennio e di cui noi abbiamo un valido esempio, inteso come rapporto di causa ed effetto tra rappresentante ed elettore, nel Movimento 5 Stelle. Waldo dimostra come la satira possa diventare uno strumento fine a se stesso, volto a stanare i populismi di una massa arrabbiata e superficiale attraverso lo spettacolo. La conseguenza di una forza politica senza una meta precisa, che si serve dell’attacco indiscriminato verso chiunque, è il sostegno di un popolo che vede nella critica ad ogni costo e in un fuorviante indipendentismo la sua ragione di esistere. Per questo a Charlie Brooker non si può proprio rimproverare niente, la sua analisi è fredda, spietata e attualissima. Con il coinvolgimento dei servizi segreti poi da’ un’idea precisa di come un simbolo del genere possa celarsi alle spalle di meccanismi di potere che potrebbero benissimo essere già in atto. Della messa in scena di Bryn Higgins non si può dire lo stesso, non particolarmente impegnato in fase di regia a proporre qualcosa di memorabile; in più bisogna proprio dirlo, l’orsetto Waldo è proprio brutto.

Jamie Salter, interpretato da Daniel Rigby, è il comico che muove l’orsetto Waldo.

La seconda stagione di Black Mirror termina qui suscitando in me più perplessità che certezze. Ma, come detto prima, proseguo con lo speciale di Natale del 2014, Bianco Natale. E’ il giorno di Natale e la situazione si direbbe post apocalittica. Matt e Joe vivono insieme da cinque anni in una casa, ma non si sa bene perchè. Fuori infuria una tempesta di neve. I due in tutto questo tempo non hanno mai parlato, per via soprattutto della scarsa loquacità di Joe. Matt per rompere il ghiaccio decide di raccontare a Joe cosa faceva nelle precedenti occupazioni. Viene fuori che Matt è rinchiuso in quella casa a scontare una pena per via dei suoi lavori illegali. Joe, a questo punto, trovando una certa familiarità con il compagno, confessa l’omicidio del padre della sua ex. Colpo di scena. Il vero Joe in realtà è in una cella, mentre il suo “cookie” (la sua copia virtuale) è stato estrapolato dalla sua mente e rinchiuso insieme al “cookie” di Matt in una realtà artificiale proprio allo scopo di farlo confessare. Altro colpo di scena. Matt non è un poliziotto, è stato ricattato dalla Polizia per ottenere uno sconto di pena dai veri crimini commessi. Per lui ci sarà comunque una condanna.

Matthew Trent (John Hamm) in Bianco Natale durante uno dei suoi sconcertanti esperimenti di realtà virtuale.

Attraverso la tecnologia “Z – Eye”, non gli sarà più concesso avere contatti con le altre persone, in quanto queste vengono “bloccate”, cioè rese ai suoi occhi irriconoscibili. Torna dunque il tema giudiziario in una storia di Black Mirror, attraverso una trama che ha sia dell’investigativo che del fantascientifico. John Hamm e Rafe Spall (interpreti inglesi visti sovente nei film di Edgar Wright) conducono bene il gioco a due mostrando le loro caratteristiche. Il primo è un affabulatore disposto ai metodi più spietati per il suo lavoro; il secondo una persona qualunque decisamente instabile. Ancora una volta la perversione delle nuove tecnologie mostrate da una parte colpisce e affascina, dall’altra però intimorisce terribilmente. “Z – Eye” è uno strumento di invasione della psiche tremendo, che permette di creare proiezioni virtuali delle persone e delle realtà che le circondano, fino al punto di zittirle o isolarle completamente dal resto del mondo. La Polizia se ne serve, quindi in teoria sarebbe legale. Le persone qualunque non possono e perciò vengono severamente punite. Ovviamente l’uso depravato che ne fa’ Matt è deprecabile, ma il clima di sadismo che permea la serie continua a serpeggiare diabolico. Allo stesso tempo a mio avviso non mi posso ritenere soddisfatto dalla messa in scena. Alla sua seconda stagione dunque Black Mirror si conferma ricco nei messaggi che vuole trasmettere ma imperfetto e confuso nella sua rappresentazione.

Zanini Marco

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