Berlino e il muro. La guerra fredda (Approfondimento di Alberto Zanini pt 3)

Berlino e il muro. La guerra fredda (Approfondimento di Alberto Zanini pt 3)

Il processo di Norimberga

Nella terza conferenza di Mosca, svoltasi tra l’8 ottobre e l’11 novembre 1943, il ministro degli esteri britannico Anthony Eden, il Segretario di Stato americano Cordell Hull e il Presidente del consiglio sovietico Vjaceslav Molotov decisero, che alla fine del conflitto, avrebbero istituito il processo ai nazisti accusati dei crimini di guerra, contro la pace e contro l’umanità.

Fu creato un Tribunale Militare Internazionale e fu scelta Norimberga come sede del processo che si svolse tra il 20 novembre e l’1 ottobre 1946.

Processo Norimberga-

Alcuni protagonisti morirono prima del processo: Hitler, Goebbels e Mussolini.

Robert Ley si suicidò in cella prima dell’inizio del processo, mentre Goering si suicidò durante il processo ingerendo una capsula di cianuro.

Alla conclusione del processo furono accusati e alla fine condannati all’impiccagione:

Joachin von Ribbentropp (ministro degli Esteri), Wilhelm Keitel, Ernst Kaltenbrunner, Alfred Rosenberg (ideologo del partito e padre delle teorie razziste), Hans Frank, Wilhelm Frick (ministro dell’Interno), Julius Streicher, Fritz Sauckel, Alfred Jodl, Arthur Seyss Inquart.

Goering, fu ugualmente impiccato da morto.

Tutti furono cremati nel lager di Dachau e le ceneri vennero sparse nel Wenzbach.

 

La fine del conflitto lasciò l’Europa attonita.

Città completamente distrutte, macerie ovunque e morti; quasi 40 milioni tra civili e militari.

In Germania furono bombardate 131 città. Alcune furono distrutte per il 90%.

Su Amburgo in dieci giorni vennero scaricate 3 milioni di bombe incendiarie e 25 mila bombe esplosive, mentre su Francoforte in una notte caddero 250 mila bombe incendiarie e 4 mila bombe esplosive.

Per tre anni moltissimi tedeschi vissero nei rifugi antiaerei.

Tre milioni di tedeschi che vivevano in Polonia e in Cecoslovacchia furono costretti a ritornare in Germania e in migliaia trovarono la morte per le condizioni disumane dei trasferimenti.

In Europa milioni di persone persero la vita.

Solo l’Unione Sovietica ebbe almeno 20 milioni di vittime, oltre, naturalmente, alle devastazioni delle città subite dall’invasione nazista e Mosca sperava che la collaborazione e gli aiuti economici continuassero anche dopo la fine del conflitto in quanto indispensabili per la ricostruzione del paese.

Ma la morte di Roosevelt contribuì ad accentuare la distanza che si stava formando nei rapporti tra le due nazioni, perché il suo successore, Harry Truman, decise di negare il prestito, promesso dal suo predecessore, all’Unione Sovietica.

In un primo momento gli Stati Uniti pensarono ad un ritiro dall’Europa, ma la debolezza della Gran Bretagna, uscita notevolmente prostrata dal conflitto, non garantiva più il controllo sulla presenza dei sovietici ai margini del blocco occidentale.

Nella conferenza di Potsdam, avvenuta tra il 17 luglio e il 2 agosto 1945, Truman espresse la convinzione che una maggiore clemenza nei confronti della Germania post nazista avrebbe portato dei vantaggi; impedire il rigurgito di sentimenti nazionalisti in seguito a pene troppe severe, evitare

un eccessivo indebolimento della Germania per non consentire un avvicinamento a Mosca e comunque la Germania rimaneva pur sempre una grande dote a disposizione di tutta l’Europa.

Gli Stati Uniti uscirono dalla guerra con un milione circa di feriti e 4oo mila morti.

Ma il conflitto lontano dai propri confini permise alle città e alle infrastrutture di non subire danni.

L’economia, al contrario di quella europea rimase florida. A Washington potevano contare su enormi investimenti mondiali e altrettanto risorse aurifere.

Ma la crisi in Europa ebbe delle ripercussioni anche negli Stati Uniti che videro crollare le loro esportazioni nel vecchio continente.

Occorreva aiutare la ripresa economica europea.

La povertà diffusa in Europa, in seguito ai 5 anni di guerra, e la mancanza di carbone indispensabile per il riscaldamento rese drammatico l’inverno rigidissimo nel 1947.

Truman capì che occorreva intervenire in Europa per aiutare i paesi in crisi. Capì inoltre che questa situazione drammatica avrebbe potuto consentire ad una sovietizzazione in Europa occidentale.

Il 12 marzo 1947 Harry Truman annunciò, alle Camere in seduta comune, la ferma volontà di contrastare energicamente l’intento colonialista di Stalin.

Nel breve intervento il Presidente richiese uno stanziamento di 400 milioni di dollari da destinare alla Grecia, oppressa dalla guerra civile, e in Turchia tormentata da pressioni sovietiche, inoltre

Truman non nascose la profonda preoccupazione della presenza di forti partiti comunisti in Italia e Francia.

In seguito a questo allarme, il segretario di Stato Americano, George Marshall, concepì un piano di aiuti economici all’Europa occidentale: “L’European Recovery Program”, meglio conosciuto come “Piano Marshall”.

Il 5 giugno 1948 vennero stanziati dagli Stati Uniti 14 miliardi di dollari per i paesi europei che ne avessero fatto richiesta. Un piano quadriennale di sostegno.

Per Gran Bretagna, Francia e Italia i soldi servirono per ricostruire strade, ferrovie ponti e centrali elettriche. Agricoltura ed industrie in breve si risollevarono.

Perfino la Germania beneficiò di ingenti aiuti, malgrado la Francia espresse totale dissenso.

Guerra fredda

La conferenza di Potsdam ridisegnò parzialmente anche i confini in Europa.

Il confine tra la Germania e la Polonia fu individuato dal percorso, lungo 460 chilometri,  da nord a sud dei fiumi Oder e Naisse.

La Polonia allargò i suoi confini aggiungendo la Pomerania e la Slesia.

La Prussia Orientale, compresa la città di Konigsberg divenne territorio sovietico.

Stati Uniti e Gran Bretagna auspicavano una Germania divisa in regioni ma con ampie autonomie, invece i sovietici volevano uno stato tedesco con poteri centralizzati.

Le forze alleate si accordarono, in un primo momento, di amministrare la Germania come un’unica entità economica. L’accordo venne meno quando nel 1948 gli eventi precipitarono ed iniziò la guerra fredda.

La Germania venne divisa da un confine lungo 1393 chilometri che andava dal mar Baltico fino alla Cecoslovacchia. Ad est s’insediarono i sovietici mentre Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si divisero la parte occidentale.

Il 1948 si può considerare una data spartiacque per quel che riguarda i rapporti fra Washington e Mosca, e tra est ed ovest.

Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano consapevoli di essere rimaste le due uniche potenze egemoniche a dividersi il predominio socio politico ed economico.

Stalin si auspicava che venisse riconosciuto a Mosca il ruolo di grande potenza e di conseguenza di poter aver voce in capitolo nelle decisioni sul futuro dell’Europa.

La fine del conflitto vide i sovietici assoggettare i paesi Baltici, la Polonia, la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria.

Mosca voleva creare un cuscinetto strategico di stati confinanti controllati per proteggersi da eventuali invasioni future.

A questo proposito sorse lo scetticismo degli Stati Uniti nel come Mosca intendesse controllare le nazioni satelliti.

Emerse una rivalità dovuta a dottrine sociali, economiche e politiche contrapposte.

Un contrasto evidente tra il sistema economico capitalista occidentale e quello comunista chiuso ed autarchico dei sovietici.

La competizione sorse fra due nazioni che persero anche le motivazioni che fecero da collante nella lotta contro il nazismo

Questa rivalità condusse a quella definita comunemente “Guerra Fredda”.

Guerra fredda

Un termine in realtà improprio, in quanto non vi furono mai dei conflitti fra le due potenze, almeno non direttamente.

La consapevolezza di essere in grado di produrre armi devastanti servì come deterrente.

Washington e Mosca si preoccuparono di condizionare l’opinione pubblica secondo il proprio modello, anche appoggiando militarmente altri paesi ma senza affrontarsi direttamente.

Nel febbraio 1948 si tenne a Londra una conferenza dove Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia decisero di dotare lo stato tedesco occidentale di un governo unico, di una propria Costituzione e di una nuova moneta indispensabile per arrestare l’inflazione che impediva la ripresa economica.

Il 21 giugno partì la riforma monetaria e il Deutsche Mark iniziò a circolare sostituendo lo svalutato Reichsmark scambiato in un rapporto 10 a 1.

Questa decisione fu duramente criticata dai sovietici ma la tensione si accentuò notevolmente quando gli alleati decisero di introdurre il nuovo marco anche a Berlino ovest. A loro volta, i sovietici, risposero introducendo una loro moneta.

Nell’ex capitale del Reich, divisa in quattro zone, l’amministrazione era coordinata dal “Consiglio di Controllo alleato per la Germania”.

Berlino era una enclave in territorio sovietico e aveva come collegamento con la zona occidentale tre corridoi aerei, quattro vie di transito e quattro collegamenti ferroviari.

La distanza minima tra le due Germania e Berlino ovest era di 160 chilometri.

Il blocco di Berlino

Alle 6 del mattino del 24 giugno i sovietici bloccarono, adducendo motivi tecnici, prima la linea ferroviaria e in seguito anche i collegamenti stradali ed idrici. Inoltre la parte ovest della città rimase al buio, in quanto la rete elettrica era gestita dai sovietici.

Era iniziato il blocco di Berlino.

Gli accessi a Berlino

I sovietici intimarono il controllo sulle merci di passaggio con l’obiettivo di bloccare il passaggio dei viveri, medicinali, i materiali indispensabili per le fabbriche e del carbone.

La presenza delle forze occidentali sul suolo sovietico non era più tollerabile.

Ai 2.200.000 berlinesi che vivevano nella parte occidentale della città necessitavano almeno 5000 tonnellate di cibo e materiali al giorno.

Il ponte aereo

Gli americani reagirono approntando immediatamente un ponte aereo. l’ “Operazione vettovagliamento” partì il 25 giugno 1948.

Alla fine della pista i carghi Douglas prendevano il volo dagli aeroporti di Lubecca e Francoforte sul Meno dirigendosi verso Berlino ovest ed in breve raggiungevano Tempelhof nella zona americana, Gatow in quella britannica e Tegel in quella francese.

ponte-aereo

Fu necessario mettere a punto il coordinamento delle rotte per consentire il maggior numero di voli giornalieri. All’aeroporto di Tempelhof atterrava un aereo ogni 90 secondi.

Gli Stati Uniti misero a disposizione 102 Douglas C-47, la RAF partecipò con 40 aerei ed inoltre prestarono il loro aiuto equipaggi australiani, sudafricani e neozelandesi.

Furono attivati anche i primi sistemi di atterraggio guidati da terra. Non fu sicuramente un’impresa facile e una settantina di aviatori persero la vita.

I sovietici si resero conto che il blocco era un fallimento e il 12 maggio 1949, dopo 318 giorni, lo revocarono. Il ponte aereo proseguì ugualmente fino al 30 settembre.

Quasi un anno era passato dall’inizio del blocco di Berlino e ci vollero 277 mila voli per trasportare 2.325.000 tonnellate di materiale vario.

Gli abitanti di Berlino ovest grazie al ponte aereo riuscirono a sopperire al blocco.

 

terza parte

 

Alberto Zanini

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