Berlino e il muro. Il crollo del muro Approfondimento di Alberto Zanini Pt 5

Berlino e il muro: Il crollo del muro (quinta parte)

Mentre qualcuno applaudiva e condivideva compiaciuto l’iniziativa presa a Berlino est, non tutti i paesi del fronte orientale erano d’accordo.

Negli anni ’70 tra est ed ovest la diffidenza era molto forte e spiarsi era consuetudine assodata.

La Germania democratica tedesca era lo stato più controllato del blocco sovietico.

La Stasi, polizia segreta presieduta da Erich Mielke, controllava tutto, a volte drammaticamente all’interno delle stesse famiglie. Su quasi 17 milioni di abitanti 2 milioni furono schedati e la Stasi poteva contare su 200 mila tra agenti ed altrettanti informatori.

Nella Germania orientale esisteva la HVA (il settore estero della Stasi) a capo della quale vi era Markus Wolf.

La spia Gunter Guillaume passò all’ovest tranquillamente e riuscì ad infiltrarsi talmente bene che divenne addirittura uno stretto consigliere di Willi Brandt, all’epoca cancelliere della Repubblica Federale Tedesca.

Brandt nel 1974, si dimise in seguito alla scoperta di Guillaume e della rete di spionaggio della Stasi.

Willy-Brandt

Rispetto agli anni ’50, nel decennio ’60/’70 nella Germania orientale si percepì un miglioramento economico consentendo un buon tenore di vita se raffrontato con quello degli altri stati socialisti.

Anche se le differenze sociali tra le due Germania erano ancora evidenti:

ad ovest 97% di famiglie possedevano un auto, 96% un tv a colori e 98% il telefono.

ad est 52% di famiglie possedevano un auto, 53% un tv a colori e 9% il telefono.

A Berlino est gli asili erano gratuiti e anche il servizio sanitario, la casa era un diritto ma il 20% di appartamenti avevano il bagno in comune.

I tedeschi orientali vivevano una vita più tranquilla ma senza avere la possibilità di accarezzare ulteriori ambizioni.

Verso la fine degli anni ’70 Berlino sembrava fosse stata investita dal miracolo economico. La Banca Mondiale sostenne addirittura che nella Germania Orientale il tenore di vita fosse superiore a quello della Gran Bretagna.

Da un esame pratico della realtà molti dubbi sorsero a chi ebbe modo di valutare la situazione tangibile delle città.

Per la DDR garantire le spese assistenziali e di sicurezza del cittadino per tutta la vita, sommate al mantenimento di un esercito, secondo solo a quello dell’Unione sovietica nel panorama orientale, alle spese di gestione del muro e dell’intera frontiera con l’altra Germania erano un onere proibitivo.

A Budapest, mentre il Parlamento si rifletteva nel Danubio, si respirava un’altra aria e il vento che spirava tendeva a portare speranze di cambiamenti.

Nel 1988 Kalman Kulcsar, leader in Ungheria, dopo essere stato nominato dal segretario del partito socialista Karoly Grosz, fece approvare leggi sull’iniziativa privata per favorire il libero mercato da applicare ai mezzi di consumo. Queste iniziative fecero dell’Ungheria il primo paese, dell’Europa Orientale, a chiudere con il passato e guardare ad un futuro moderno e riformista.

Questo tentativo, di un comunista riformatore come Kulcsar, ebbe però la strenua opposizione dei vecchi dirigenti reazionari.

Grosz era un comunista in mezzo al guado, in quanto consapevole che l’Ungheria necessitasse di riforme per risollevare l’economia in crisi ma nello stesso tempo rifiutava le riforme sociali.

Con l’inflazione al 30% e i salari senza più valore Grosz, individuò nel giovane economista Miklos Nemeth l’uomo ideale per cercare di risollevare l’economia, ed in caso di fallimento sarebbe stato il capro espiatorio.

Nemeth era convinto che le riforme fossero diventate indispensabili e che occorresse cambiare radicalmente la società ungherese senza più impedimenti ideologici.

Il nuovo Primo Ministro, volò a Mosca e chiese un colloquio con Michail Gorbacev per metterlo al corrente delle riforme che era intenzionato a portare avanti. Il timore che Mosca potesse bocciarle era forte, memore anche di quello che era successo nel 1956, quando i carri armati sovietici calpestarono il suolo di Budapest reprimendo violentemente la protesta ungherese, che costò 10 mila morti e l’arresto e l’impiccagione del leader della rivolta Imre Nagy.

Invece il segretario del partito comunista sovietico, alla fine del colloquio rassicurò Nemeth che non ci sarebbero state più intromissioni da parte di Mosca nelle decisioni del governo ungherese.

Confortato, il primo ministro, ritornò a Budapest, dove mise al corrente il Ministro di Stato e compagno, Imre Pozgay, sul colloquio avuto.

Nemeth, tenendo all’oscuro Grosz, dichiarò ufficialmente che il governo ungherese avrebbe, per motivi economici, sospeso la elettrificazione del filo spinato che segnava il confine, lungo 240 chilometri, con l’Austria, contestualmente intrattenne, segreti rapporti diplomatici sia con l’Austria che con la Germania Federale che appoggiarono sempre tutte le sue decisioni.

 

Il primo maggio, a Berlino, i soldati sfilavano per la consueta parata.

Erich Honecker con vicino Egon Krenz e il capo della Stasi, Erick Mielke, compìto ed in silenzio osservava attento.

Poco dopo sarebbero tornati nelle loro case, immerse nel quartiere nascosto di Wendlitz, dove consapevolmente conducevano una vita separata dal popolo, cullati dai privilegi agli altri negati.

Il leader tedesco non immaginava quello che sarebbe successo il giorno dopo a qualche centinaio di chilometri da Berlino.

Alle parole fecero seguito i fatti e il 2 maggio, i soldati ungheresi rimossero la barriera lungo il confine tra l’Austria e l’Ungheria sospendendo anche la sorveglianza.

Quando lo venne a sapere Honecker, livido di rabbia, non riuscì a nascondere il proprio disappunto e la preoccupazione che lo tormentava.

L’apertura di un passaggio, non più protetto, tra Ungheria ed Austria, tra oriente ed occidente, era la rappresentazione di un orribile incubo. Il pericolo apparve chiarissimo mentre si faceva strada nella testa dell’anziano ed irriducibile leader tedesco, che inveì contro i magiari nella consueta riunione del Politburo.

Il lago Balaton, in Ungheria, era una delle mete preferite per i turisti della Germania Democratica e il rischio che i tedeschi ne approfittassero per passare dall’Ungheria in Austria e quindi rientrare in Germania Federale era alto ed inaccettabile.

Malgrado le proteste veementi del governo della DDR, da Mosca non giunse nessun segnale di censura, a conferma che ormai Gorbacev non considerava più un problema l’autodeterminazione dei governi orientali. Anzi sembrava quasi che auspicasse queste aperture riformiste.

Michail-Gorbačëv

Ormai Mosca guardava con interesse all’occidente, consapevole del bisogno di accedere alla loro tecnologia pagandola con valuta pregiata.

Il governo ungherese decise di festeggiare il piccolo varco, unico fino a quel momento, tra Europa orientale e quella occidentale. Il 19 agosto 1989 organizzò a Sopron quello che venne chiamato “picnic paneuropeo”.

Nel frattempo in giugno, i cittadini tedeschi dell’est, incominciarono ad invadere la vicina Ungheria per le abituali vacanze estive. Budapest e il lago Balaton furono prese d’assalto.

Nemeth e Pozsgay, intuirono che sarebbe stata l’occasione perfetta per permettere ai tedeschi, che lo volessero, di passare in Austria attraverso l’apertura della frontiera. E così avvenne grazie alla compiacente disponibilità delle guardie ungheresi, che volutamente distolsero l’attenzione, i tedeschi passarono la frontiera ed entrarono in Austria indisturbati.

In realtà non furono molti, forse per il timore di una trappola.

Dopo fitti e segreti incontri le diplomazie ungheresi e della Germania ovest decisero di aprire le frontiere.

L’11 settembre a mezzanotte iniziò un esodo che nel giro di tre giorni permise, a decine di migliaia di tedeschi, di passare in Austria tranquillamente.

Il massiccio arrivo creò qualche problema alla Germania Federale che dovette far fronte a un’invasione di migliaia di persone senza essere preparata ad accoglierli.

I tedeschi della DDR continuarono a fuggire passando dalla Cecoslovacchia, dove potevano entrare senza il visto.

Durante una visita ufficiale in Romania, Honecker ebbe problemi di salute che lo obbligarono ad una sosta. Il leader tedesco in sua assenza si fece sostituire, ignorando deliberatamente Egon Krenz, dal responsabile dell’Economia Gunther Mittag.

Quando l’anziano leader riprese il suo posto, chiese al segretario del partito comunista cecoslovacco, Milos Jakes di chiudere le frontiere con l’Ungheria e bloccare i turisti tedeschi, che a migliaia continuavano a riversarsi nelle chiese, negli appartamenti vuoti e specialmente nel Palais Lobkowicz sede dell’ambasciata della Germania Federale.

Questa invasione creò notevoli problemi sanitari ed igienici.

Nel giardino dell’ambasciata vi erano tende e brande e migliaia di cittadini in attesa.

Finalmente DDR, Cecoslovacchia e Ungheria trovarono un accordo e il 30 settembre alle ore 19 venne annunciata l’apertura della frontiera.

Honecker però pretese che i tedeschi fossero caricati sui treni con i vagoni sigillati obbligandoli a passare attraverso la DDR prima di giungere a destinazione. Il 2 ottobre partirono 8 treni dirigendosi verso Dresda.

Il giorno dopo Berlino revocò il permesso ai cittadini tedeschi di passare in Cecoslovacchia senza visto.

 

In Russia, dopo 18 anni di governo, nel novembre 1982, morì Breznev.

Dopo di lui fecero una fugace apparizione, prima Jurij Andropov, capo del KGB, e successivamente Konstantin Cernenko. Entrambi sofferenti morirono pochi mesi dopo il mandato.

Ma grandi cambiamenti erano in arrivo. Nel 1985, fu eletto Primo Segretario e praticamente il leader dell’Unione Sovietica Michail Gorbacev.

 

Il nuovo segretario del partito comunista si trovò a dover affrontare i gravi problemi economici che assillavano il gigante sovietico. Occorreva, in primis, allentare la tensione generata dalla “guerra fredda”.

L’ostilità con gli Stati Uniti, ma con il mondo occidentale in generale non giovava a nessuno. Pur rimanendo gli antagonismi politici occorreva raggiungere e condividere obiettivi comuni come il controllo e la limitazione degli armamenti.

Gorbacev si rese anche conto che ormai il controllo sugli alleati rappresentasse un onere non solo insostenibile ma anche anacronistico in quanto impediva anche la crescita commerciale con l’occidente.

Da Mosca giunse anche l’annuncio del ritiro di 500 mila soldati, più 10 mila carri armati e 800 aerei dall’Europa.

Gorbacev aveva ormai rinnegato la “dottrina Breznev”, che prevedeva l’intervento dell’Unione Sovietica contro i paesi del Patto di Varsavia che cercassero di cambiare il proprio sistema.

Non mancarono gli oppositori interni al proprio partito che non accettavano queste idee riformiste.

Il presidente dell’Unione sovietica, il 19 agosto 1991, venne trattenuto contro la sua volontà, per impedirgli di firmare un importante accordo a Mosca, mentre si trovava in Crimea.

Nel frattempo nella capitale russa il capo del KGB  e alcuni ministri conservatori tentarono un golpe. Trovarono però la strenua resistenza da parte del Presidente della repubblica russa Boris Etsin.

Malgrado queste clamorose aperture e concessioni, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Bush, accolse con diffidenza le parole del premier russo. La Casa Bianca sembrò non accorgersi del mutamento epocale che stava avvenendo in Europa.

 

La nascita, nel cantiere Navale Lenin di Danzica, nel 1980, del sindacato di Solidarnosc fu dovuta all’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Il sindacato trovò grande consenso da parte della popolazione e godette anche dell’appoggio della chiesa cattolica.

Solidarnosc si pose come antagonista al potere comunista tanto che, il 13 dicembre, il generale Wojciech Jaruselski, per prevenire l’intervento da Mosca, sospese le attività del sindacato introducendo la legge marziale e facendo arrestare alcuni rappresentanti del movimento sindacale, tra cui Lech Walesa.

 

Dopo l’Ungheria il vento del cambiamento incominciò a soffiare anche in Polonia.

L’economia polacca era in profonda crisi, la mancata crescita dei salari e l’aumento del costo della vita sollevarono le proteste della popolazione.

Wojciech Jaruzelski, colse il clima pesante che si andava a prefigurare e, astutamente, cercò un aiuto nel vecchio nemico di Solidarnosc, da sette anni in clandestinità.

D’altronde non era più possibile trovare conforto tra le braccia della vecchia mamma sovietica. Lo stesso Michail Gorbacev  qualche anno prima aveva, senza giri di parole, avvertito che da quel momento in poi la Polonia avrebbe dovuto risolversi i propri problemi.

Il 7 aprile il vecchio generale raggiunse, dopo quattro mesi di trattative, un accordo storico con Solidarnosc, che venne riconosciuto ufficialmente come sindacato e inoltre gli fu consentito di partecipare alle elezioni.

Il nuovo pragmatismo di Jaruzelski vinse sulle ormai superate convinzioni politiche. Era la storia che cambiava. Il futuro polacco contemplava anche Solidarnosc.

Il 4 giugno 1989 si svolsero le tanto attese elezioni democratiche in Polonia che sancirono la vittoria clamorosa dello storico sindacato di Walesa, mentre i comunisti, grandi sconfitti, accettarono correttamente il responso delle urne.

Tadeusz Mazowiecki assunse la carica di primo ministro del neonato governo non comunista del blocco orientale dopo il conflitto del 1945.

Jaruzelski ottenne il ruolo di Presidente della Polonia, grazie al voto di Solidarnosc.

I cambiamenti epocali che stavano avvenendo in Ungheria e in Polonia sollevarono grandi preoccupazioni da parte del leader tedesco Honecker.

Romania, Cecoslovacchia e Bulgaria condivisero l’indignazione della DDR, mentre da Mosca non giunsero i segnali sperati. Gorbacev malgrado non rinnegasse i principi socialisti, decise di rispettare l’autodeterminazione dei singoli stati.

A Berlino venne il giorno che Honecker aspettava con trepidazione.

Il quarantesimo anniversario della Repubblica democratica tedesca si presentava come una occasione unica per magnificarne i fasti e il futuro luminoso.

Il 7 ottobre 1989 a Berlino sul palco, in compagnia dei leader di tutto il blocco orientale e del presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbacev, Honecker guardava con occhi estasiati sfilare la gioventù comunista. Mentre il leader tedesco salutava con il pugno chiuso, il presidente sovietico salutava cordialmente la folla plaudente con un cenno delle mani.

7 ottobre 1989 quarantesimo anniversario della repubblica democratica tedesca

Grosse nuvole annunciavano però tempi difficili per Honecker che non si avvide delle trame oscure che Egon Krenz e Gunter Shabowski stavano tessendo alle sue spalle.

Al pomeriggio si ritrovarono al Politburo della Germania orientale con il Presidente dell’Unione Sovietica e con tutta la intellighenzia politica.

Quando Gorbacev prese la parola rimarcò per l’ennesima volta il bisogno ormai indispensabile di riforme da avviare per la riorganizzazione dell’economia e per un cambio politico sociale. Nella sala riecheggiarono chiare le famose parole “Perestrojka e Glasnost”.

Ma a nulla valsero queste riflessioni, in quanto Honecker rifiutò l’idea di riforme, e con superbia rinfacciò a Gorbacev la situazione economica russa, a suo dire deficitaria. Il Presidente Sovietico , incredulo, abbandonò la sala.

I rapporti già tesi da tempo fra i due leader si raffreddarono ulteriormente. La Russia non si sarebbe più intromessa nelle questioni interne di Berlino.

La sera, durante la cena ufficiale che si tenne al Palast der Republik, centinaia di manifestanti inneggiarono al Presidente russo e contro il regime tedesco.

Manifestazioni si tennero anche a Dresda, Lipsia, Potsdam ed in altre città.

Il capo della Stasi, Erich Mielke reagì con  la mano pesante e i feriti furono un centinaio.

Nei giorni successivi le manifestazioni proseguirono malgrado tutto.

Honecker preferì defilarsi ed incaricò Krenz di risolvere la situazione ormai diventata insostenibile.

Ma lo stesso Krenz preferì non forzare le circostanze e lasciare che le manifestazioni proseguissero tranquillamente. Senza l’uso della violenza.

Arrivò il 17 ottobre e il progetto ordito da krenz e soci di esautorare Honecker fu portato a termine.

Durante la consueta riunione del Politburo, il vecchio leader venne esonerato dai membri del partito con decisione unanime, ma l’ex segretario generale incassò il colpo non mostrando il proprio stato d’animo.

Al suo posto venne nominato Egon Krenz.

Per i cittadini tedeschi non è che Krenz rappresentasse il riformatore desiderato, tutt’altro. Era il successore di colui che lo aveva creato e malgrado le promesse che fece pochi credettero alle sue parole.

Il 30 ottobre dopo la rimozione di Honecker venne alla luce un documento top secret, tenuto nascosto accuratamente, redatto dal presidente della Commissione pianificazione Statale, dove si evidenziava la reale e disastrosa situazione della DDR sull’orlo del tracollo economico. Strutture industriali e macchinari obsoleti o addirittura rottami inservibili, il debito pubblico e quello con l’estero altissimi e una produttività in vistoso calo.

Il primo novembre Krenz ripristinò il diritto di viaggiare in Cecoslovacchia senza il visto.

L’8 novembre ci fu un’altra imponente manifestazione a Lipsia, ma oltre che a a manifestare per avere elezioni libere e una nuova Costituzione. Nel frattempo i cittadini continuavano l’esodo verso la libertà.

Il problema che emerse in seguito a queste fughe in massa, per lo più dei giovani, fu la lente ma costante implosione della società.

Studenti, medici, infermieri, autisti dei trasporti, macchinisti con la loro fuga misero in notevole difficoltà la Germania est.

La Cecoslovacchia era la meta preferita, ma il governo comunista ceco minacciò di chiudere la frontiera.

Centinaia di Trabant fumose e con la tipica carrozzeria di plastica dura furono parcheggiate ovunque lungo le vie della città, alcune con il motore ancora acceso.

Trabant

In Germania il governo fu criticato a proposito dei nuovi permessi per viaggiare considerati ambigui, i tedeschi volevano il diritto di viaggiare liberamente senza impedimenti.

Al Ministero degli interni si misero al lavoro per modificare i permessi, in particolar modo quelli dei cittadini bloccati in Cecoslovacchia. La bozza finale venne visionata dai membri del Politburo che sotto la pressione di Krenz la approvarono rapidamente.

Shabowski, portavoce della SED, designato per la conferenza stampa, si trovò davanti alla sala gremita di giornalisti e con le telecamere della televisione che trasmettevano le immagini nel paese.

Gunter Shabowski

Il portavoce della Sed, poco dopo le diciotto, trasmise ai presenti la notizia della modifica delle norme per l’espatrio; un giornalista gli chiese da quando il provvedimento sarebbe entrato in vigore. Shabowski fu preso alla sprovvista e dopo aver consultato gli appunti che aveva in mano senza riscontrare niente che potesse aiutarlo rispose: “Immediatamente”. Erano le 19 del 9 novembre 1989.

In realtà secondo gli accordi presi la norma avrebbe dovuto andare in vigore dal giorno dopo, il 10 novembre 1989.

La diretta televisiva scatenò la curiosità e l’entusiasmo dei tedeschi ed in pochissimi minuti le strade si riempirono di gente. Alcuni addirittura in pigiama e pantofole. Tutti si precipitarono verso i punti di passaggio presidiati dai soldati, che all’oscuro di tutto in un primo momento non seppero cosa fare. La gente ormai sembrava impazzita e urlava di aprire i passaggi verso l’ovest.

Un giro frenetico di telefonate verso il Ministero degli Interni e il Politburo non risolse il problema finché al posto di controllo di Bornholmer Strasse il responsabile della polizia, Harald Jager, aprì il

passaggio e centinaia di tedeschi entrarono trionfanti a Berlino ovest.

A mezzanotte tutti i posti di controllo della città furono aperti. Uomini, donne e bambini s’incontrarono sotto il muro.

Il muro cadde improvvisamente alle 23.17 del 9 novembre 1989.

Crollò inaspettatamente per un malinteso.

Tra il 13 agosto 1961 e il 9 novembre 1989 morirono 86 persone per diretta conseguenza della violenta reazione dei militari tedeschi. Altre fonti considerano 125 vittime considerando oltre che le guardie di confine anche i morti per conseguenze indirette.

Erich Honecker, ritenuto responsabile con Walter Ulbricht, morto nel 1973, della costruzione del muro, riuscì ad evitare la condanna. Dopo essere fuggito a Mosca nel 1991 venne richiesta l’estradizione in Germania, ma le sue disperate condizioni di salute furono valutate dai giudici ormai definitive.

Morì a Santiago del Cile il 29 maggio 1994.

Molti però che vissero l’incubo della costruzione del muro il 13 agosto del 1961 non poterono però vivere il sogno del suo crollo del 9 novembre 1989.

Anche in Bulgaria il corso degli eventi decise che la caduta del muro, causale o meno, segnasse il destino del paese. Il segretario del partito comunista Todor Zivkov venne destituito il 10 novembre 1989 e anche in Bulgaria si tennero le elezioni libere nel giugno 1990.

Dopo la caduta del muro in Cecoslovacchia ci fu quella chiamata “Rivoluzione di Velluto”.

Il 17 novembre una manifestazione assolutamente pacifica organizzata dagli studenti cecoslovacchi diede la stura ad una serie di manifestazioni contro il governo.

Milos Jakes, segretario dl partito comunista si dimise il 29 dicembre.

Il drammaturgo, saggista e poeta Vaclav Havel fu eletto Presidente della Cecoslovacchia il 26 gennaio 1993.

Havel Vaclav

La Romania fu sconvolta da migliaia di morti insorti. Il 16 dicembre Timisoara fu testimone di una violenta repressione ordinata dal dittatore Nicolae Ceausescu.

Nei giorni successivi le manifestazioni di protesta contro il dittatore si spostarono a Bucarest. Il 22 dicembre la situazione divenne esplosiva e i manifestanti forzarono le porte del Palazzo del Comitato Centrale, ma nel frattempo Ceausescu con la moglie Elena fuggirono in elicottero, ma alla fine di un lungo inseguimento la coppia fu arrestata e un improvvisato tribunale li condannò a morte che avvenne per fucilazione. Era il 25 dicembre 1989.

Nicolae Ceausescu

Il 18 marzo 1990 si tennero in Germania est le prime elezioni libere dalla fine della guerra.

L’unione Cristiano Democratica (CDU) venne gratificato con il 40% dei voti, mentre la SED non superò il 16 %, i vecchi social democratici furono votati dal 22%.

Il primo luglio 1990 il marco occidentale divenne la moneta ufficiale di entrambi gli stati tedeschi.

Il 3 ottobre ci fu la riunificazione della Germania e il 2 dicembre le elezioni generali furono vinte da Helmut Kohl.

Helmut Kohl

Il muro fu abbattuto e molti ne raccolsero i pezzi come souvenir che adesso, probabilmente, giacciono in qualche scatola polverosa.

Un pezzo del muro di Berlino

Il governo tedesco decise di monetizzare mettendolo all’asta. Infatti furono salvati 81 segmenti che furono acquistati al prezzo medio di 20 mila marchi ciascuno. Forse si possono trovare nei salotti o vicino alle piscine di qualche eccentrico.

La Stasi, polizia segreta presieduta da Erich Mielke, controllava tutto, a volte drammaticamente all’interno delle stesse famiglie. Su quasi 17 milioni di abitanti 2 milioni furono schedati e la Stasi poteva contare su 200 mila tra agenti ed altrettanti informatori.

Dopo il crollo del muro e l’unificazione della Germania si scoprì uno schedario della Stasi lungo 170 chilometri dove vennero riportati dati personali di milioni di persone. Abitudini, gusti sessuali, vizi e addirittura gli odori, conservati in contenitori, grazie all’opera di spionaggio di quasi 200 mila agenti regolarmente pagati o anche di 180 mila spie occasionali o fanatici informatori.

Tutto rigorosamente scritto nero su bianco in apposite cartelle.

 

Per l’anniversario della caduta del muro di Berlino, pensavo di scrivere un ricordo essenziale e comprensibile, però mi sono reso conto che sarebbe stato meglio contestualizzare l’evento per capire il momento storico di quegli anni. Non mi è mai piaciuto dare le cose per scontato. Per consentire ai lettori di questo approfondimento di capire le motivazioni della divisione di Berlino in due parti e la conseguente costruzione del muro, sono partito dalla seconda guerra mondiale in Europa.

Mi rendo conto di essere partito da lontano, ma così anche chi non ne sapeva nulla, ora sa.

 

Alberto Zanini

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