Analisi Silloge e intervista a Giampaolo Giampaoli – Parole raccolte -Sillabe di Sale

Parole raccolte – Silloge di Giampaolo Giampaoli – Sillabe di Sale

“Parole raccolte” è una silloge scritta da Giampaolo Giampaoli, pubblicata dalla casa editrice Sillabe di Sale, nel 2020. La silloge consta di 76 pagine. Il poeta Giampaoli dedica questa silloge a chi gli ha offerto parte della propria energia, del buon umore, della positività, permettendogli di arricchirsi spiritualmente. Una piccola riflessione sulla poetessa Alda Merini connette subito il lettore alla scrittura in versi liberi, vale a dire la poesia, intesa senza fraintendimenti, nell’accezione ampia del termine. Successivamente la prefazione di Caterina Trombetti fa emergere la poesia dell’autore Giampaoli come un’arte costruita sul sentimento autentico e sul valore della solitudine, sulla quotidianità ma anche sul patto esclusivo che lega il poeta e il lettore alla poesia. La silloge è divisa quattro parti: Riflessi di poesia, Intrinseco e umano, Il volgersi del tempo ed Epilogo.

“Ricostruire nell’immagine/mutamenti e illusioni/liberare parole che sono in me”, così il poeta Giampaoli si appresta a scrivere: l’immagine proviene dalla figura del mago che riesce attraverso la creatività e la forza del pensiero a produrre nuovi incipit per la sua poesia. I mutamenti non provengono in realtà dalle illusioni, ma dalla forza della concretezza e dal pragmatismo, dal desiderio di voler cambiare a ogni costo (“Ma non sono vani / nel mio procedere”).

“L’alterità è un Dio che ordina”, prima del caos, c’era un Dio, ecco dunque la spiritualità che dà equilibrio e disciplina. Ma non è una disciplina fine a se stessa, che è riposta solo in vari formalismi, anzi riesce ad eludere ogni aspettative di facciata. Il Dio del poeta Giampaoli è un dio che rispetta la parola e il sentimento, rincuora con la scrittura, dona senso ai mille interrogativi della vita e della morte. Il Dio diventa “Deus ex machina” che all’improvviso si manifesta per regalare quella scintilla creativa all’artista.

La poesia “Perdere” fa riflettere sul significato della scrittura. La scrittura è riporre i propri pensieri su un foglio che argina le incombenze quotidiane, rende grande il piccolo, assicura la creatività perenne. Qualsiasi forma d’arte dunque, a meno che non danneggi, è una forma d’arte positiva, che estranea dalla realtà in una forma di “autismo”, in una sorta di riflessione metafisica, in un caos solo apparente all’inizio che diviene però ordine.

La poesia “Nel tramonto” spiega che il poeta Giampaoli non si sente uomo virile, uomo coraggioso, o forse uomo che, secondo gli stereotipi, seduce e inganna , nutrendosi della sensualità dei corpi. Ma l’importante è fare pulsare le nuvole (“Dalle nuvole pulsa il vivere”), vivere con l’intensità giusta della sensibilità, arrivare alla radice dei pensieri, nutrendoci della conoscenza. Socrate infatti sapeva di non sapere, in un atto estremo umile di verità e di umiltà.

Si evince dal tipo di poesia del poeta Giampaoli un eco al mito , come Persefone che viene rapita da Ade, ed ecco l’alternanza delle stagioni (secondo il mito),ma anche  il rimando al padre e alla terra natia, un rimpianto per la natura, le stelle che animano il buio nella notte di San Lorenzo. Tutto si ripropone nell’ordine cosmico e implacabile, nella natura che risolve le preoccupazioni, nelle tradizioni antiche e mai dimenticate.

La poesia “Vecchio” rimanda a una dolcezza per l’età che avanza, ma anche alla solitudine, alla fisicità che perde il suo vigore, le venature che si fanno più evidenti, le rughe che solcano il viso con crudele affanno, la timidezza con cui le parole vengono pronunciate. Ma anche l’anzianità è un’età che possiede cultura e dignità, saggezza e personalità. Ogni uomo è destinato a vivere e a morire: così il poeta Giampaoli vuole aprirci agli interrogativi vitali della ciclicità.

Nella poesia “Perenne moto” si nota la climax: “incalzante, inconcludente, distruttivo”, il moto che genera il caos dell’artista, il perenne moto che anima la creatività, che anela forse a un “rigor mortis”, a un suicidio mascherato che però riesce ad animare, a produrre e a creare.

Ho apprezzato molto la ricerca di verità e di spiritualità del poeta Giampaoli, la sua profondità nella poesia e  in un silenzio che è magistralmente ricercato come momento di riflessione e di disciplina, quest’ultima finalizzata alla ricerca di una legge universale che accomuni gli uomini. Inoltre ho molto apprezzato il sentimento vero di amicizia (si veda la poesia dedicata a Caterina Trombetti) che rende l’uomo degno di poter comunicare, di vivere la socialità liberamente e forse anche con una certa ingenuità. Consiglio la silloge per la libertà del verso libero che si rende autentico e forte di una sua originalità. Ho notato l’uso ampio di aggettivi con gli enjabement che rendono i versi ancora più intensi; traspare “la parola recuperata negli archetipi”, nella radice pura del significato, in questo caso della lingua italiana.

 

Eloisa Ticozzi

 

Intervista al poeta Giampaolo Giampaoli

E dopo aver recensito  la silloge: Parole raccolte”, scritto da Giampaolo Giampaoli, edito da Sillabe di Sale Editor, abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autore. Buongiorno, grazie essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

  • Quando hai capito di essere un poeta?

Ho sempre apprezzato la poesia e la scrittura in generale. Al liceo per me il classico tema era un momento di distensione, mi lasciavo andare alla scrittura per ricostruire pensieri e avvenimenti anche con l’intento di alleggerirmi a livello psicologico. Durante le lezioni mi procurava soddisfazione ascoltare l’insegnante mentre leggeva i “Promessi sposi” o “La coscienza di Zeno”, o interpretava la poesia. Da questo punto di vista credo di essere stato un adolescente abbastanza singolare.

Ho scritto i miei primi versi da giovanissimo, un po’ come fanno tutti;  alcuni li ho fatti leggere, altri sono rimasti nel cassetto e ci restano tutt’oggi come ricordo, poi ho continuato trovando un forte stimolo nelle prime pubblicazioni su riviste locali. Credo di aver iniziato a pensare che la poesia poteva essere il mio strumento comunicativo quando ebbi la possibilità di far leggere i miei versi alla scrittrice Francesca Duranti; ricordo ancora con soddisfazione i giudizi positivi che ho ricevuto. Mi fece chiaramente intendere che i miei componimenti, anche se non ancora maturi, l’avevano colpita. Non avevo ancora vent’anni.

 

  • La scrittura è il tuo solo mezzo comunicativo o sei anche appassionato di musica?

Non sono portato per fare il musicista. Non ho mai provato seriamente ad avvicinarmi a uno strumento, credo semplicemente perché non ho un buon orecchio musicale. Di solito non mi perdo in attività verso cui non avverto una particolare predisposizione. Ascolto però molta musica. Prediligo i cantautori italiani della vecchia generazione, come De Gregori, Venditti, Bertoli, Cocciante, Battiato e via dicendo, ma non cercherei mai di esprimermi con la musica delle note. È la musica delle parole che mi è congeniale. La poesia ha senza dubbio un legame con la canzone e la musica in generale. I versi devono avere un loro ritmo facile da percepire dal lettore, la musicalità della parola è l’aspetto fondamentale che diversifica la poesia dalla prosa, ma non è assolutamente vero che chi sa creare la musica delle parole ha orecchio anche per la musica delle note.”

  • Come hai scelto le poesie da inserire nella silloge?

“Parole raccolte” nasce da un progetto di scrittura accurato e sviluppato nella durata di circa due anni. Come sono solito fare, ho iniziato a scrivere nuove poesie dopo aver pubblicato la raccolta precedente “La qualità dei sentimenti” abbandonandomi all’ispirazione, facendo uscire alcuni componimenti su blog e riviste cartacee. A un certo momento, quando avevo già raccolto un numero abbastanza considerevole di nuove poesie, mi sono reso conto verso quale direzione mi stava conducendo la mia ispirazione. La poesia è una forma d’arte assolutamente spontanea, emerge dalla profondità delle nostre emozioni, in realtà già esiste in noi, chiede solo di prendere vita. Tutto ciò ha ancora più importanza per quanto riguarda le origini del discordo poetico. Sentivo che in quel momento mi interessava portare avanti una riflessione sul processo creativo, dall’origine della poesia come l’ho appena esposta, alla capacità dell’autore di raccontarsi nei versi, fino alla possibilità di aprire sempre attraverso la poesia una comunicazione con l’altro. L’opera è stata completata dalla revisione, anche se cerco sempre di correggere il meno possibile per non alterare lo stimolo iniziale del processo creativo, come sosteneva Pablo Neruda “Se la poesia viene spiegata, perde il suo fascino”, frase ricordata anche da Philippe Noiret ne Il postino”.

 

  • Che differenza credi ci sia tra le poesie del nuovo millennio e quelle dei poeti del Novecento?

La poesia del Novecento si è sviluppata in numerosi indirizzi letterari e stili di scrittura, dalle due forme agli antipodi del Crepuscolarismo e dell’avanguardia Futurista, alla varietà della rivista La voce che, come tutti sanno, diede spazio anche ai componimenti di Dino Campana. La produzione del secolo scorso è proseguita attraverso i Novecentisti, legati all’ermetismo ungarettiano, e gli Antinovecentisti, che portavano avanti una poesia prosastica e dai temi quotidiani che aveva origine in Pascoli e Gozzano. In generale parliamo di una vasta quantità di pubblicazioni – lo stesso Montale ebbe modo di lamentarsi delle eccessive opere in versi del panorama editoriale degli anni del boom economico – estremamente varie. Oggi la varietà è ancora maggiore, ma rispetto a mezzo secolo fa, quando ancora si garantiva una certa qualità, si tende a una abbondanza quasi incontrollata. La poesia dignitosa, però, è esule da eccessi. Negli ultimi anni si è affermato il neolirismo, un ritorno alla poesia come melodia delle parole, che vede lo sforzo del poeta nel far conciliare la musicalità con il significato. Di questa nuova tendenza il punto di riferimento fondamentale per la poesia italiana è il sito di Italian Poetry, di respiro internazionale, di cui sono orgoglioso di essere entrato di recente a far parte.”

 

  • Ti ispiri a qualche poeta?

Non esiste un poeta che mi faccia da musa, ma sono convinto sia impossibile scrivere buona poesia senza un’adeguata preparazione letteraria e una continua lettura dei classici e degli autori attuali. Come ha di recente scritto Cesare Viviani nel suo saggio La poesia è finita, pensare a un poeta analfabeta è assurdo; tutti i grandi autori del passato hanno letto poesia. Dante era un estimatore, oltre che di Virgilio, di Omero, Aristotele e Sant’Agostino. Per scrivere poesia si deve leggere poesia, è questo l’unico imperativo. Purtroppo, come spiega Piero Partiti nella prefazione alla sua raccolta Il mio orologio non ha la lancetta degli anni, alle presentazioni si assiste a scene davvero imbarazzanti, dove cosiddetti poeti credono che L’infinito sia opera di Carducci.”

 

  • Che rapporto hai con i social?

Credo che ormai, ne siamo felici o meno, i social network facciano parte inscindibile delle nostre vite. Sono un insegnante e uno dei doveri che sento di avere è proprio quello di introdurre i giovani, le categorie più a rischio per quanto riguarda l’abuso degli strumenti della rete, a un uso intelligente della tecnologia, social compresi. Credo che questi ultimi, usati in modo costruttivo per comunicare e stabilire contatti anche professionali o intellettuali, possano essere positivi. Quindi no hai social come strumento di raccolta dei dati commerciali, sì ai social come punto costruttivo di incontro. Anche la poesia ne può trarre giovamento, in particolare se pensiamo al bisogno di superare le distanze spaziali tra i veri interessati.”

 

Giampaolo Giampaoli

 

Grazie mille per la disponibilità, arrivederci a presto sempre sulle pagine de I Gufi Narranti.

 

 

 

 

 

2 Risposte a “Analisi Silloge e intervista a Giampaolo Giampaoli – Parole raccolte -Sillabe di Sale”

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