Paolo Jachia Intervista sul suo nuovo libro: “Claudio Baglioni …” Frilli Editori

Claudio Baglioni. Un cantastorie dei giorni nostri 1967 – 2018 “ Fratelli Frilli Editori

INTERVISTA a Paolo JachiaJachia

Innanzitutto, perché hai scelto Baglioni?

Da molti anni collaboro con il mio amico Francesco Paracchini direttore, da vent’anni, della rivista L’Isola che non c’era. Con lui abbiamo delineato una vasta storia del Festival di Sanremo dentro la quale fondamentale era un profilo di Baglioni e questo ben prima che Baglioni fosse lontanamente nella prospettiva di essere direttore artistico (e conduttore) del Festival. Sempre con Francesco ho poi fatto un volume sulla tournée di Baglioni e Morandi “Capitani Coraggiosi”. Poi c’è in rete un bellissimo saggio di Luca Bertoloni dal titolo “Claudio Baglioni: una breve storia critica” che avrei voluto mettere in calce al mio libro ma poi, per ragioni di spazio e di tempo, non è stato possibile e lo scrivo qui come modesta riparazione (non sono riuscito nemmeno a citarlo!). E’ uno scritto bellissimo, una storia della critica su Baglioni e del fatto che la critica accademica e “di sinistra” (di cui, più o meno, anch’io faccio parte) lo ha sempre, colpevolmente a mio avviso, snobbato, ovvero troppi passerotti e magliette fini e troppi dischi venduti! Breve, anche alla luce di quello che scriveva Bertoloni, era evidente che mancava una monografia sull’arte di Baglioni. L’ho scritta perché lo ritenevo giusto e perché Baglioni è un grande artista di canzone. E in questo senso vorrei ricordare come si chiude il mio libro ovvero con la richiesta che venga assegnato a Baglioni il Premio Tenco alla carriera. Il Sanremo se lo è stravinto da solo!

Tu dai molta importanza a “Signoria Lia”, perché?

Per parlare del “primo Baglioni cantastorie”, ovvero del Baglioni dei primi anni Settanta, può essere utile, invece di cominciare da “Questo piccolo grande amore”, il successo “planetario” del 1972, prendere il primo 45 giri di Baglioni “Signora Lia” (1970), una piccola storia di tradimenti in un ambiente piccolo borghese. Questo 45 giri (poi ospitato nel LP del 1970) è però tante cose (e un po’ le racconteremo) ma diciamo chiaro, e subito, che per certo “Signora Lia” non è un capolavoro. Naturalmente se Baglioni avesse fatto solo questa canzone probabilmente non sarebbe andato lontano… ma “Signora Lia” era un ponte, un passaggio, forse, meglio, una promessa… un ponte, un passaggio tra qualcosa che era stato e qualcosa che stava già cominciando ad essere. Infatti, questa canzone conteneva in sé già la cifra stilistica che avrebbe caratterizzato l’intero decennio. “Signora Lia” era dunque, anche, la promessa di un “giovane grande artista” che non avrebbe mai tradito le sue radici. Infatti (ed intanto) “Signora Lia” è Roma, una Roma piccola, di borgata, di piccoli sogni e di piccole lacrime, che pure bruciano e non si dimenticano. Baglioni si dimostra già un attento e sensibile osservatore, capace di rapide analisi introspettive. E poi “Signora Lia” è una donna “normale”. Non meglio e non peggio di tutti, semplice, ma non stupida. Gioca le sue carte e come tutti, quasi sempre, perde. “Signora Lia” è la vita di tutti i giorni raccontata però in un modo un po’ speciale e qui sentiamo l’artista che sta crescendo… Intanto il modo in cui Baglioni sa raccontare, con uno stile molto cinematografico. Primo piano della Signora Lia, poi l’immagine s’allarga alla stanza con i mobili ordinati, puliti ma economici, in bagno vediamo che c’è la lavatrice ma in cucina non c’è la lavapiatti, nel salottino la TV, naturalmente ancora in bianco e nero, e il giornale… poi la macchina da presa si ferma sul marito, appesantito, svogliato, forse ferito… e il tutto raccontato attraverso gli occhi di un terzo (“l’Altro”; Claudio?) appena nascosto nell’ombra. La scelta vincente di Claudio era quella di un linguaggio quotidiano, un italiano di immediata comprensibilità, quasi “televisivo”, e con una fortissima costruzione cinematografica: dialoghi, flash back, immagini forti e dense di significato, ecc. Se dunque la quotidianità e l’esperienza quotidiana e contemporanea sono il centro della poetica del primo Baglioni e del suo modo di raccontare l’amore e la vita, possiamo poi rilevare che Baglioni, specialmente il “primo Baglioni” (“Poster”, “Porta Portese”, “Lampada Osram”, ecc. ma l’elenco sarebbe lungo e per semplificazione diciamo che è il miglior Baglioni degli anni Settanta) si muoverà proprio dentro questo filone e dentro questo ordine di scelte… Ecco il senso del titolo, davvero efficace, di uno dei suoi primi Lp e che vale come dichiarazione di poetica almeno fino ai dischi degli anni Ottanta: “Un cantastorie dei nostri giorni”. Queste parole – “cantastorie” e “nostri giorni” – veicolano, in effetti, non solo la volontà di raccontare la realtà presente ma anche di raccontarla in un certo modo, e di tutto questo la “Signora Lia” è un esempio chiarissimo. Ma naturalmente tutto questo è solo “la palestra” dove Baglioni sta diventando se stesso, un artista come pochi, sempre capace di andare oltre se stesso. E il confronto è subito con il capolavoro “Mille giorni di te e di me”, dove non è più la lacrima degli adolescenti ma il pianto degli adulti. Ma è un discorso lungo e che ho fatto nel libro e che qui chiudo con una citazione: “ Chi mi vorrà dopo di te / si prenderà il tuo armadio / e quel disordine che tu / hai lasciato nei miei fogli /andando via così / come la nostra prima scena / solo che andavamo via di schiena / incontro a chi / insegneremo quello che / noi due imparammo insieme / e non capire mai cos’è / se c’è stato per davvero / quell’attimo di eterno che non c’è / mille giorni di te e di me”.

A livello di testo, superato ” Oltre” in quale canzone trovi il segno che Claudio possa aver fatto ancora un passo avanti?

Non ho dubbi. “Con voi” e basta, come quasi sempre con Baglioni, leggerlo con attenzione e partecipazione: “Questo è il tempo di trovare un’altra immensità / diventare liberi / di cercare un mondo nuovo e nuove identità / di restare semplici / e questo è il tempo di guardare con ingenuità / di tornare piccoli / di salvare la speranza nella verità / di morire giovani / Se ti fermi a metà strada non saprai chi sei / ogni vita ha un suo mistero / e chissà se in fondo non c’è niente o forse noi / io ho capito chi ero io da voi”. Un modo splendido di ringraziare la vita e le persone con le quali l’abbia divisa. Allora grazie anche te, Claudio!

 

 

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