Inutile quindi necessario di Marco Caponera Recensione e intervista

inutileRecensione di “Inutile quindi necessario” di Marco Caponera

Ed. Ferrari Editore 119 pagine

Libro agile e snello di poco più di 110 pagine ma denso di contenuti.

Un saggio inconsueto, per stessa ammissione dell’autore, il cui argomento principale è la “contrapposizione tra utile ed inutile”.

Essa viene proposta inizialmente, al lettore in modo giocoso anche se, già dopo le prime pagine, si scoprirà che di spensierato vi è ben poco e che “giocare” con l’UTILE può essere meno allegro di quanto si possa pensare.

Chi si approccia a questo testo deve tenere in considerazione che non si ha a che fare con trattato. Esso è composto da “frammenti”, brevi capitoli, che vanno a formare il libro nella sua completezza.

D’altro canto non è un lavoro “autoconclusivo”. Di fatto tramite la tecnica “delle provocazioni”, racchiuse nelle pagine del testo, si induce il lettore a riflettere sul ruolo che “l’Inutile e l’Utile” hanno sulla nostra esistenza quotidiana che nel rapporto con gli altri.

I testo non vuole essere un lavoro di ricerca cerebrale e/o critica filosofica; non si tratta di un libro da leggere “tutto d’un fiato”, quanto da apprezzare, pagina dopo pagina, allo stesso modo con cui si andrebbe a centellinare un bicchiere di buon vino.

Sono dell’opinione che per poter apprezzare veramente il contenuto sia necessario spogliarsi di qualsiasi preconcetto, disposti a mettere in discussione tutto quello in cui ci si crede o si vuole credere nel quotidiano.

 

Nota: A seguire una breve intervista all’Autore. Il testo non presenta una trama e dei personaggi definiti, per questo, anzichè domande dirette, in certi casi si è preferito fornire degli spunti allo scrittore in modo che possa esprimere al meglio il suo pensiero.

 

Ciao Marco, grazie per la disponibilità , possiamo darci del tu?

R: Caro Emanuele, certo diamoci del tu!

La tua opera, per quanto snella, tradisce un lungo lavoro di analisi e ricerca. Cosa ti ha portato e/o cosa ti ha fatto nascere il desiderio di approfondire questo specifico ardomento?

R: Tutto è nato diversi anni fa, la prima versione di questo lavoro sull’Inutile risale al 2009, e risente dei miei studi di filosofia orientale. Nel testo cito il racconto dell’albero inutile di matrice taoista, perché accostandomi alle riflessioni di quei pensatori così lontani da noi sia per tempo che per spazio mi sono accorto che in loro era presente il mio stesso approccio alla vita. Quando lavoravo all’Università di Roma Tor Vergata con il prof. Guido Zingari, ho tenuto un seminario sul pensiero taoista e insieme agli studenti ci siamo accorti che molte riflessioni sulla vita utilizzando un approccio etnocentrico risultavano mutilate. Così ho continuato a “utilizzare” quelle fonti di ispirazione mescolandole con concetti di autori occidentali che “risuonavano” splendidamente con quella visione, allontanandomi così dagli autori sistematici cari alla nostra tradizione. E Inutile quindi necessario è il mio modesto contributo a una riflessione, la più ampia che mi è stato possibile realizzare, sull’utilitarismo, imperante e quindi particolarmente apprezzato in occidente.

Nel libro “l’Inutile” viene contrapposto “all’Utile” fondamento della nostra sociatà, ma anche causa del nostro malessere.

R: Sì l’inutile non può essere eliminato dalla vita, dalla società, da noi stessi, ma non è che una parte di ciò che muove i soggetti, c’è un sentire “altro” che non vi può essere ricondotto, mutilarlo come oggi ci viene richiesto non fa che alimentare un “malessere” diffuso, anche se spesso inconsapevole. Senza volermi addentrare in ambiti psicologici che non mi competono le nuove “patologie” psichiche moderne ne sono un esempio inquietante.

Sostieni che nel mondo dell’Utile” non c ‘è spazio per “l’Altro”, ed anche che la gestione della collettività sono un riflesso di interessi di parte.

R: Sì l’utilitarismo ha inventato l’individualismo e con esso il solipsismo che quotidianamente viviamo. I cosidetti “social” ne sono la manifestazione più lampante. In quei luoghi virtuali è l’ego a farla da padrone, e non esiste oggi nulla di meno “sociale” di ciò che avviene nei “social”. Esseri soli che fingono di “condividere” qualcosa per negare a se stessi che più tempo passano a trastullarsi nella vita digitale meno ne hanno per vivere la propria vita, fatta di carne e sangue, di affetti, relazioni, positivi o negativi che siano. Ma è difficile aprirsi all’altro e lo si fa sempre più spesso per colmare proprie lacune invece che offrire qualcosa di sé. La società che oggi è sempre meno politica e sempre più economica mostra ciò che affermo, società gestite come aziende, comunità gestite tramite bilanci economici, senza più spazio per vivere una comunità come qualcosa di comune, anzi ormai siamo alla paura della comunità stessa. Si può formare una società sana se i suoi protagonisti hanno paura gli uni degli altri? La società che nasce comunità diviene concorrente, con tutto ciò che ne consegue.

Leggendo le tue pagine si deduce che l’uomo contemporaneo è prigioniero del concetto di “Utile” dal quale non riesce a liberarsi completamente se non rischiando l’ostracizzazione da parte della comunità in cui è inserito.

R: Esattamente, accade anche questo. I diktat dell’Utile sono inevitabili, pena il “rifiuto” da parte di coloro i quali hanno ne accettato supinamente i principi. Il rischio che si corre a voler essere inutili al sistema è che questo ti espella, ti richiuda in un ghetto, da cui è molto difficile uscire. Guido Zingari, il mio maestro, racconta bene questo fenomeno nel suo saggio Ontologia del rifiuto.

Per concludere. Hai qualche testo da consigliare a chi volesse approfondire il tuo pensiero?

R: Decisamente troppi per elencarli tutti qui ma senza dubbio i testi del taoismo classico come il Tao Te Ching o il Chuang Tzu vera linfa vitale per lo spirito oltre che per la ragione, poi i saggi di Guido Zingari che direttamente o indirettamente hanno ispirato il mio lavoro, peraltro diversi suoi testi sono di nuovo disponibili in libreria, dopo anni di oblio e del rifiuto di cui parlavo prima, grazie al lavoro di editori come “Rogas” e edizioni “Haiku”.

Ti ringraziamo per la cortesia e la disponibilità dimostrata e per l’intervista.

Grazie a te, spero che l’inutile possa contagiare te e i tuoi lettori… è il migliore augurio che mi sento di fare!

Foto di Eugenia Venneria

Marco Caponera, (1974) filosofo e saggista, ha collaborato per diversi anni con Guido Zingari, titolare della cattedra di Filosofia del Linguaggio prima, e Istituzioni di Filosofia poi, presso l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma. Ha sempre interpretato la disciplina come luogo di confronto tra idee e realtà diverse. È autore di saggi, studi e articoli sulla filosofia, la politica, la letteratura, la musica. Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati in Spagna, dove spesso è relatore in convegni e conferenze. Ha curato e coordinato, per qualche anno, una collana di saggi di autori europei contemporanei per la casa editrice Le Nubi. 

Emanuele Airola

Si ringrazia Eugenia Venneria per la foto.

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