LA CITTA’ SCOMPARSA racconto di Teresa Breviglieri

  • Teresa Breviglieri: LA CITTA’ SCOMPARSA

    Come vi sentireste, se una mattina vi svegliaste come al solito per andare al lavoro e guardando fuori dalla finestra del vostro appartamento vi accorgeste che la vostra città è deserta?

    10 gennaio 2003

    Lo squillo della sveglia. Le 8 in punto. “Cristo! Non mi sembra nemmeno di aver dormito!”. Rick si alzò sbuffando come al solito. Odiava alzarsi presto,ma il suo lavoro non permetteva ritardi. Lavorava come ingegnere informatico in una delle più grandi aziende di New York, e il suo lavoro era ben pagato. Si poteva permettere molte agiatezze. Mentre stancamente si dirigeva verso il bagno pensò, che in fin dei conti, non era poi così male alzarsi alle 8. Entrò nell’enorme bagno e come tutte le mattine accese la radio mentre faceva scorrere l’acqua. Ma la radio, emetteva solamente dei fruscii. Cercò altre stazioni ma l’apparecchio, non emetteva alcun suono. Sbuffando la spense. “Traditrice!”. Come ogni mattino si lavò e si fece la barba. Si vestì, scegliendo il completo grigio. Si guardò soddisfatto allo specchio. Prese come al solito la sua ventiquattrore, le chiavi della sua Mercedes e uscì dal suo apparamento. Prese l’ascensore pensando che era già in ritardo. Scese nel garage sotterraneo, salì in auto e dopo un paio di minuti si ritrovò in strada. Partì rombando e sorridendo soddisfatto, prese la solita strada che faceva tutti i giorni. Incontrò il primo semaforo, rosso come al solito e fin qui, nulla di strano. Ciò che gli sembrò inusuale, fu il fatto che fermo al semaforo c’era solo lui. Nessun’altro era in coda. Nessun automobilista arrabbiato con il dito medio fuori dal finestrino. Nessun clacson e niente urla di altri automobilisti che come lui erano in ritardo per il lavoro. “ che cavolo… ma dove sono tutti?”. E mentre si guardava intorno esterrefatto, scattò il verde. Rick, questa volta partì lentamente. Continuava a guardarsi intorno, cercando disperatamente di scorgere per strada uomini, donne, esseri umani, insomma, ma le strade erano completamente deserte. Allora prese il cellulare e chiamò in ufficio. Dall’altra parte il telefono squillava, ma non rispondeva nessuno. Rick ,ora, era veramente spaventato, non sapeva cosa pensare. Arrivò davanti al palazzo enorme dove lavorava, parcheggiò l’auto, scese ed entrò. Il salone che di solito era gremito di persone era deserto. Prese l’ascensore e salì al ventesimo piano. Entrò nel suo ufficio. Non si meravigliò di non trovare Mary, la sua fedele segretaria che solitamente lo aspettava in piedi con il caffè in mano. Si sedette alla scrivania. Guardò fisso nel vuoto. “ e ora… che faccio?, sono rimasto solo.” E la consapevolezza di questa solitudine lo sgomentò a tal punto che si mise a piangere.

    Asciugandosi le lacrime, si avvicinò alla finestra. Guardò il panorama deserto della sua città. Solo palazzi e alberi e niente persone. Decise di uscire. D’altra parte, rimanere lì non sarebbe servito a nulla. Doveva cercare di capire cosa era successo, perché era rimasto solo. Scese in strada, andò nel parcheggio, salì in macchina e partì. Andava a passo di lumaca, cercando disperatamente una presenza umana o animale, ma in giro non vide nemmeno un cane, letteralmente parlando. Volle fermarsi al centro commerciale che normalmente a qualsiasi ora pullulava di persone. Il parcheggio del centro, era completamente vuoto. Entrò comunque speranzoso, ma non vide nessuno, da nessuna parte. Ritornò alla sua auto, vi salì ma non mise in moto. Appoggiò il capo sul volante. “che cosa faccio adesso?, dove vado?”. Improvvisamente ebbe un’idea. Poteva uscire dalla città e cercare segni di vita altrove. Avviò l’auto e ripartì con una nuova speranza. In fin dei conti, non era possibile che fosse rimasto solo lui in tutto il pianeta. Accelerò un poco e dopo poco più di mezz’ora, arrivò ai confini della città, ma un attimo prima di passare il cartello, la sua auto si fermò improvvisamente. “ che cazzo succede?”. Tentò di riavviarla, ma l’auto non diede segno di vita. Scese sbattendo violentemente lo sportello, si incamminò ma fu respinto da una specie di muro invisibile. Sgomento capì. Non poteva lasciare la città. Qualcosa o qualcuno, gli impediva di farlo. Cadde in ginocchio urlando” perchèèèèè? Che cazzo succedeee? Perché iooo?. Ricominciò a piangere disperato. Perse la cognizione del tempo. Si rialzò asciugandosi le lacrime. Decise di tornare a casa. Spinse l’auto indietro di qualche metro, provò a metterla in moto. Funzionò. Riparti immediatamente e se ne tornò a casa.

    Teresa Breviglieri

    Si sedette pesantemente sul suo divano. Si versò un bourbon e sorseggiando lentamente cominciò a pensare. Innanzitutto, perché nonostante fossero sparite persone ed animali l’elettricità continuava ad esistere e tutto intorno a lui funzionava perfettamente, e per quale motivo gli era impedito di uscire da New York e ancora, cosa più importante perché era rimasto solo lui in tutta la città? O forse esistevano altri sopravvissuti come lui?, ma la città era troppo grande e ci sarebbe voluto troppo tempo per cercare qualcuno.

    Si sedette alla sua scrivania, accese il portatile e provò a connettersi con internet.. non credeva ai suoi occhi. Funzionava. Per la sua ricerca digitò, persone scomparse, 120 riscontri. Erano tanti, ma in fin dei conti, aveva tutto il tempo del mondo no?

    Guardò l’orologio, erano le 9 di sera, ma incredibilmente fuori era giorno. Il tempo si era fermato. Aveva già visionato 101 siti ma non aveva trovato nulla di utile. Stava per perdere le speranze, quando cliccando sul sito successivo, vide qualcosa di interessante, riguardo ad un esperimento fatto dal governo negli anni 50. l’esperimento consisteva nell’isolare una persona in una finta città per circa una giornata. Lo scopo di questa assurdità, era di verificare come poteva reagire la mente umana a questo scossone psicologico. Erano stati isolati tre soggetti, ma l’esperimento era fallito miseramente. Tutti e tre si erano suicidati entro le 24 ore. Per questa prova, però erano state usate persone psicolabili, con gravi problemi mentali ed evidentemente, trovarsi isolati dal resto del mondo senza sapere il motivo li aveva portati inesorabilmente al suicidio.

    A quel punto, cliccò sul sito del governo degli Stati Uniti, sperando di potere mandare una e-mail, ma inspiegabilmente, il sito era stato oscurato. Non aveva via d’uscita. Non sapeva cos’altro fare.

    Rick si alzò dalla sua scrivania, e mentre andava verso la cucina, inciampò malamente nella gamba di una sedia. Cadde pesantemente a terra e sbattè la testa.

    Lo squillo della sveglia. Le 8 in punto. “cristo santo, non mi sembra nemmeno di aver dormito”. Si alzò sbuffando. Odiava alzarsi presto, ma il suo lavoro, non permetteva ritardi. Si preparò in un quarto d’ora. Prese l’ascensore, come tutti i giorni, scese nel parcheggio, e prese come tutti i giorni la sua bella Mercedes. E come tutti i giorni, rimase imbottigliato nel traffico ed arrivò in ritardo, come al solito. E come sempre, la sua fedele segretaria Mary, lo aspettava nel suo ufficio con un’ottima tazza di caffè in mano…

    Il generale Tocks, prese l’ascensore e scese al trentesimo piano sotto terra. Nel laboratorio, lo stavano aspettando. Lo accolse il dottor Van Dien. “Generale, ero impaziente di vederla. Abbiamo trovato il soggetto giusto”. Il generale si avvicinò al monitor. Guardò con interesse le immagini di Rick che piangeva, ma che poi reagiva e infine che tornava alla sua vita normale, senza ricordarsi alcunché. Il generale fece un sorriso. “Bene dottore, partiamo con l’esperimento, ma visto il soggetto, lo faremo durare una settimana, non solo 24 ore.” “Bene signore. Loro stavolta resteranno soddisfatti.”

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