INTERVISTA A FABIO CARBONE – “URU” – FERNANDEL EDITORE.

INTERVISTA A FABIO CARBONE – “URU” – FERNANDEL EDITORE.

Fabio Carbone

Abbiamo da poco recensito “Uru”, scritto da Fabio Carbone, edito da Fernandel Editore e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autore. Buongiorno, grazie di essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

 

Dobbiamo darci del tu. Avete letto il mio libro, quindi praticamente ci conosciamo.

 

  • Come hai conosciuto la “leggenda” del folletto Uru?

Nel Salento i racconti legati all’uru, che assume tante denominazioni diverse a seconda della zona, sono molto diffusi e conosciuti praticamente da tutti. La cosa singolare è che non è raro incontrare qualche persona che affermi di averlo visto per davvero. Parliamo di un folletto dispettoso che, secondo le credenze popolari, ha l’abitudine di sedersi sul petto del dormiente, fiaccandone il respiro durante il sonno e procurandogli tutta una serie di incubi. L’uru agisce soprattutto di notte e, tra le altre cose, fa baccano con le pentole in cucina, intreccia le code ai cavalli, ruba il cibo agli animali domestici che gli stanno antipatici e solletica le fanciulle tra le gambe. Per i nostri nonni, quasi tutti contadini, l’uru era qualcosa di assolutamente reale e molti di loro raccontano di averne fatto esperienza. Ancora oggi, persone più giovani e non necessariamente di bassa estrazione sociale e culturale potrebbero dirvi del loro incontro con l’uru.

  • Come nasce l’idea del tuo romanzo?

Nel mio romanzo l’uru perde un po’ i connotati del folletto dispettoso e assume quelli di una creatura che è l’incarnazione delle inquietudini, delle angosce e dei sensi di colpa del protagonista, Paolo, che è un ragazzo la cui età potremmo collocare tra i 25 e i 30 anni, un tipo sostanzialmente anaffettivo che lavora in un call center, impiego che non lo soddisfa ma oltre il quale non riesce a intravedere alternative. L’idea di calare una creatura fantastica come l’uru in un contesto reale mi è servita come espediente letterario per cercare di raccontare quel senso di incompiutezza che aleggia su tante persone oggi, in particolare della mia generazione di nati negli anni ottanta, che vive la frustrazione di un presente non all’altezza delle proprie aspirazioni. La natura dell’uru, sospesa tra il sogno e la realtà, tra passato e presente, mi consentiva di indagare sia a livello psicologico che antropologico questo scarto tra aspettative e delusioni.

  • Io ho lavorato in un call-center nello stesso periodo in cui ambienti il tuo libro, da come ne parli direi che quella parte è autobiografica, giusto?

In realtà, non ho mai fatto questa esperienza. Per la ricostruzione delle dinamiche di quell’ambiente di lavoro mi sono basato sulle testimonianze di amici, su interviste giornalistiche e libri sull’argomento. Non avendo vissuto in prima persona quel contesto lavorativo, ho cercato di raccogliere quante più informazioni da permettermi di calare i miei personaggi in uno scenario che risultasse quanto più credibile.

  • Qual era il mostro che più ti spaventava da bambino?

Non so se possiamo parlare di mostro, ma ti direi il diavolo. Saranno stati i danni dell’educazione cattolica, ma per lungo tempo da bambino sono stato fortemente impressionato dall’idea dell’inferno e del demonio. Mi capitavano spesso degli incubi, uno lo ricordo ancora adesso, anche se saranno passati trent’anni: aveva la forma di un maiale nero, dalla pelle gommosa e spessa, lottavamo avvinghiati sull’asfalto della strada e io cercavo con tutte le mie forze di soffocarlo.

  • Il tuo libro affronta la tematica della sofferenza dei malati, cosa pensi ad esempio del caso Englaro?

Mi chiedo se l’accanimento terapeutico possa considerarsi una forma di rispetto per la vita. Siamo nel 2023 e in Italia non abbiamo ancora una legge sull’eutanasia, anzi, da noi è ancora assimilata all’omicidio volontario. Credo che dovremmo avere il massimo rispetto per la sofferenza delle persone e lasciare a ognuno la libertà di decidere in che modo concludere la propria esistenza.

  • Il colpo di scena era nei tuoi progetti fin da subito?

Direi di no. Rispetto all’idea iniziale, la storia ha cominciato a prendere strade diverse nel momento in cui mettevo tutto nero su bianco. Quando i personaggi prendono vita, finisce che devi essere tu ad assecondare loro. Preferisco lasciarmi guidare piuttosto che forzare la sceneggiatura, seguendo una trama rigida e predeterminata.

  • Hai pensato di farne un audiolibro?

No, ma potrebbe essere una buona idea.

  • Stai già pensando ad un nuovo progetto?

Continuo a scrivere e vedo cosa ne viene fuori. Difficile fare progetti, preferisco procedere per tentativi e vedere dove mi conducono. Se inizio qualcosa e poi non mi convince, preferisco fermarmi e tenerla da parte. Magari tornerà utile un giorno o l’altro. Comunque le idee non mancano e qualcosa in futuro sicuramente arriverà.

 

Grazie mille per la disponibilità, arrivederci a presto sempre sulle pagine de I Gufi Narranti.

Sandra Pauletto

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