Intervista: Antonio Lanzetta “L’uomo senza sonno” Newton Compton editori

Intervista: Antonio Lanzetta “L’uomo senza sonno” Newton Compton editore

Abbiamo da poco recensito il romanzo di Antonio Lanzetta “L’uomo senza sonno” (Newton Compton Editore). Abbiamo ora la possibilità di scambiare con lui quattro chiacchiere.

 

D: Ciao Antonio grazie per essere passato a trovarci possiamo darci del tu?

R: Assolutamente sì, grazie per avermi invitato.

 

D: La prima domanda è d’obbligo. Tu sei stato in collegio da piccolo?

R: No, ma ho fatto la primina dalle suore e non conservo un buon ricordo di questa esperienza. Per dirne una: sono mancino, ma mi hanno obbligato a imparare a scrivere con la destra.

 

D: Essendo io classe 1976, il tuo uomo con il cappello l’ho immaginato stile Krueger. In realtà a cosa pensavi quando hai creato il personaggio?

R: Nightmare ha tormentato la mia infanzia e credo che si ispiri, un po’ come ho fatto anche io, alla figura dell’uomo nero. Molte persone sono tormentate da incubi in cui vedono un uomo elegante e con un cappello ai piedi del proprio letto. Una sorta di brutto sogno condiviso, un po’ come il fenomeno dei rapimenti alieni (abductions).

 

D: Qual è stata la parte più difficile da scrivere?

R: In realtà scrivere. Scrivere è complesso, soprattutto se cerci di farlo in modo professionale.

 

D: Come mai hai scelto proprio un uccellino come “oggetto chiave”?

R: Stavo guardando delle statuine di legno realizzate da un’artista africano a una bancarella e mi è venuta l’idea.

 

D: Quando nasce la tua passione per i gatti?

R: Da bambino. Volevo fare il veterinario, poi ho studiato Economia. Strana la vita, eh?

 

D: Come nascono i tuoi libri? Nel senso hai delle rituali fissi?

R: Penso ai personaggi, ho un’idea di partenza che sviluppo a braccio mentre scrivo. Non ho rituali fissi, ma cerco di essere costante nella scrittura.

 

D: Da lettore che cosa ti dà più fastidio in un libro?

R: Gli spiegoni, quando l’autore deve per forza imboccare il lettore. Non sopporto infodump e libri didascalici, è più forte di me. Un romanzo non deve fare risposte, ma spingere il lettore a porsi delle domande.

 

D: E da scrittore qual è la critica che ti infastidisce di più?

R: Le attese. In editoria i tempi morti sono lunghissimi. Ci vuole tanta pazienza…

 

 

D: Qual era la tua più grande paura da piccolo?

R: La paura di restare solo, che è un po’ anche il mio timore da adulto.

 

D: Qual è la difficoltà maggiore per un adulto nello scrivere storie con personaggi adolescenti?

R: Credo che ogni autore sia un caso a sé e che quindi una cosa che riesce facile allo scrittore X è difficile invece per il tizio Y. Per quanto mi riguarda, cerco sempre di riportare esperienze della mia vita nelle cose che scrivo e di creare personaggi che siano il più tridimensionale possibile. I libri di sola trama sono di una noia mortale e alla fine ciò che ricordiamo è la vita dei protagonisti.

 

D: Perché hai voluto ambientare il tuo libro proprio nel periodo successivo alla guerra?

R: Sono un appassionato di storia e credo sia bello raccontare la vita delle persone sullo sfondo del cambiamento. Il contesto storico offre una profondità narrativa maggiore, secondo me.

 

D: Poiché il tuo romanzo è ambientato in Italia, i luoghi che hai citato esistono davvero?

R: Esistono davvero, ma ho dato loro nomi diversi per evitare che qualcuno possa offendersi.

 

D: Se dovessi consigliare a tutti un libro bellissimo ma poco conosciuto, quale sarebbe?

R: L’Estate della Paura di Dan Simmons. Un classico dell’horror proprio come IT di Stephen King, solo meno famoso in Italia.

 

 

Grazie mille  ad Antonio Lanzetta per la disponibilità, arrivederci a presto sulle pagine dei Gufi narranti

 

 

Sandra Pauletto

 

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