INTERVISTA A MAURIZIO GIANNINI – “CATTIVE STORIE”  – IL RIO EDIZIONI

INTERVISTA A MAURIZIO GIANNINI – “CATTIVE STORIE”  – IL RIO EDIZIONI.

 MAURIZIO GIANNINI

Abbiamo da poco recensito “Cattive storie”, scritto da Maurizio Giannini, edito da Il Rio Edizioni e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autore. Buongiorno, grazie essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

 

Grazie mille per la disponibilità, arrivederci a presto sempre sulle pagine de I Gufi Narranti.

 

Buongiorno. Con molto piacere proverò a rispondere in modo esaustivo alle vostre domande.

Iniziamo ovviamente dalla prima:

 

  • Ti sei posto un limite di battute per i tuoi racconti o sono venuti “semplicemente” brevi?

 

In realtà non mi sono posto alcun limite sulla loro lunghezza. Ogni racconto ha una propria lunghezza “naturale”, che nasce dalla storia in sé. Prendiamo per esempio Insonnia, che scrissi più di dieci anni fa senza peraltro finirlo. Restò nel mio vecchio pc per lunghi anni. Lo ritrovai per caso e rileggendolo seppi subito come doveva terminare. Non poteva avere che quella conclusione e anche quella lunghezza (piuttosto breve). Ci sono però tra i dieci racconti anche alcuni più lunghi, come Quarantasette, Dioscoride o Il Club dei Vedovi che hanno una struttura più complessa e quindi sono più lunghi. Insomma, ogni racconto ha una sua “misura” fisiologica dettata dalla storia narrata.

 

 

  • Cosa pensi a livello letterario del racconto rispetto al romanzo?

Secondo me, scrivere un racconto è più difficile che scrivere un romanzo. Nel racconto tutto deve essere “perfetto”, non possono esserci sbavature, né parti monotone come talora capita nei romanzi. Il racconto, essendo breve, deve tenere un ritmo alto, inoltre  esso deve giustificare la sua esistenza, per comprovare al lettore (ma in fondo anche all’autore) che merita di far parte della raccolta.

 

  • All’interno della raccolta c’è un racconto sugli altri che preferisci?

È una domanda difficile da rispondere. Ogni autore predilige una storia più di un’altra, ma poi fa fatica a decidersi. Nel caso di questo libro, ho almeno tre racconti fra i miei preferiti. Uccidere Hitler, Il pesciolino nascosto e Il Club dei Vedovi. Confrontandoli tra loro, sono molto diversi, anche se ovviamente – come del resto tutti – sono collegati da quel filo di ironia e cattiveria che giustifica la loro presenza nel libro. Secondo me Uccidere Hitler merita la mia simpatia per l’originalità della storia, Il pesciolino nascosto perché è l’unico dei dieci racconti ad avere come protagonista un bambino, ma al tempo stesso è una storia per adulti. Infine, Il Club dei Vedovi, che ha una struttura più complessa (da romanzo breve).

 

  • Vuoi togliermi il dubbio, ovviamente senza spoilerare sul racconto; “Il club dei vedovi”, è successo veramente o è solo una illusione dei presenti?

 

Il Club dei Vedovi, tra le dieci storie raccolte nel libro è l’unica per la quale io prevedevo un progetto più ampio, trasformatosi infine in una novella. Il romanzo mai scritto prevedeva più protagonisti che si incrociavano via via durante la narrazione, ritrovandosi in un piccolo cimitero e poi in una villa dove ogni componente del club avrebbe celebrato a suo modo la propria moglie scomparsa. Da lì un lungo e complesso incrocio di storie. Diventato racconto breve, decisi per un solo protagonista,  il professor Palmisano, uomo pragmatico e ateo convinto, che considera tempo perso andare in un camposanto. Ma stranamente appena varca il cancello del cimitero subisce un cambiamento, qualcosa che neppure lui riesce a capire cosa sia, che lo spinge a ritornare lì più volte. Poi ecco l’incontro con il custode del cimitero dall’emblematico nome di Virgilio, il quale lo invita a far parte del bizzarro circolo da lui inventato. Fin qui l’idea era ben concreta mentre scrivevo… poi ho lasciato andare la mia fantasia, senza freni. E così un po’ alla volta è nato il finale. Finale vero o solo illusione dei dieci componenti del club (o almeno di Palmisano)? In realtà ogni lettore, giunto alle ultime righe, può fare la sua scelta. Io, da parte mia, preferisco credere che quanto accade nel finale non sia una fantasia o un sogno. Bensì la liberazione dai sensi di colpa che il professore di Filosofia provava alla morte della moglie, scoprendo con stupore di far parte anche lui di quella banda di matti che celebrano a loro modo le consorti defunte, anche facendo sesso. Ebbene anche lui ormai fa parte pienamente del club dei vedovi!

 

  • Uccidere Hitler, hai avuto difficoltà a scriverlo?

E se Hitler avesse preso un’altra strada? Del resto, la sua grande ambizione era fare il pittore. Questa idea mi frullava nella testa da parecchio. Se Hitler si fosse realizzato in altro modo, la Storia avrebbe preso un corso sicuramente meno tragico. Alla fine optai per una storia in cui Hitler è ancora un bambino. Un bambino come tanti che ama il disegno. Feci i miei calcoli e decisi di far partire il racconto nel 1898, anno in cui Hitler aveva appena nove anni. Scrivere questo racconto mi venne quasi spontaneo. Una veggente di Varsavia che sogna Hitler… un calcolo sbagliato sulla vera età del futuro dittatore, un killer alla ricerca di un Hitler ormai adulto che scopre che è solo un bambino… Ma uccidere un bambino è difficile perfino per un sicario professionista! E poi il finale. Devo confessare però che il finale lo avevo pensato  diverso, ma non lo svelerò mai quale fosse. Tuttavia sono convinto che quello che ho scritto è sicuramente il migliore, anzi secondo me è quasi perfetto. Difficoltà nel scrivere il racconto? Poche, tranne nel fare i giusti calcoli con le date e i luoghi in cui era nato e aveva vissuto il giovanissimo Hitler.

 

Grazie mille per la disponibilità, arrivederci a presto sulle pagine de i gufi narranti

 

Matteo Melis

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.