RECENSIONE: VINO E PANE – IGNAZIO SILONE – Eloisa Ticozzi

VINO E PANE – IGNAZIO SILONE

Scritto in esilio da Ignazio Silone, negli anni 1935-36, dopo le due edizioni in lingua tedesca (Zurigo 1937) e una prima edizione in lingua italiana (col titolo Pane e vino, Lugano 1938), il libro interamente riveduto dall’autore, fu pubblicato a Milano nel 1955.

La corrente letteraria a cui appartiene Silone, è il realismo degli umili, descritto precedentemente da Manzoni e da Verga: i soprusi della classe dominante sulla classe popolare e il ritorno al Vangelo come fonte di vera umanità.

I temi del romanzo sono la politica, il Cristianesimo, velatamente l’amore, la superstizione e la solidarietà autentica: la cooperazione fra uomini che condividono ideali, l’amore che però non riesce a concretizzarsi,  la brutalità del regime e la scelta dell’uomo nella guerra e nella violenza.

La condizione umana è fragile e insicura, vittima a volte di scelte inappropriate supportate da un sentimento di massa.

Siamo alla vigilia della guerra d’Africa, Il protagonista è un giovane rivoluzionario Pietro Spina, che dovrà vestirsi da parroco (aiutato da suoi antichi amici) e diventare Don Paolo per sfuggire alla persecuzione fascista.

Si tratta di politica: sfuggire alle leggi fasciste e ingiuste, ma anche abbandonare i componenti del partito con cui non si condividono più gli ideali (questo in un tempo successivo nel libro).

Egli si stabilisce a Pietrasecca, dove incontrerà due donne, Bianchina, che lo considererà un santo per ciò che enuncia e per la sua saggezza, e Cristina, un essere così elevato spiritualmente che Pietro, d’ora in poi Don Paolo, conserverà un diario con sensazioni e pensieri suscitati in lui dalla relazione d’amicizia con quest’ultima.

Cristina, per Pietro ,è una donna non solo bellissima, ma anche creatura di sentimenti superiori e magnifici, tanto che nasce un legame ben saldo fra i due senza però manifestarsi in amore fisico.

Si intravedono nel libro le iniquità delle forze dell’ordine perpetuate nei confronti dei rivoluzionari, le leggi dei contadini e del borgo, la magia della fattucchiera del paese, l’andamento delle piccole cose quotidiane.

Si parla degli “ultimi” e dell’umanità di don Paolo nei confronti di questi.

Come in “Il segreto di Luca” dello stesso autore, si intravedono le leggi contadine che regolano tutto, come leggi inesorabili e senza tempo, ma anche la generosità preziosa che Pietro incontra a Pietrasecca.

Nel libro si incarnano i principi della solidarietà nella figura di Don Benedetto che fu professore di Pietro nella sua adolescenza, grazie ad una spiritualità pura e scevra da compromessi (politici), lo aiuterà a nascondersi.

Un accenno alla magia con la fattucchiera del paese Cassarola che preannuncia: “Sopra la montagna ci sta una bianca agnella e un lupo nero la guarda”.

Silone descrive con tono critico gli orrori della guerra e del regime fascista che possono essere combattuti soltanto dalla solidarietà fra uomini e dalla parola del Vangelo, ritrovando lo stimolo a vivere attraverso un Cristianesimo vero, in modo che l’umanità si affranchi da uno stato di violenza e di sopraffazione.

Eloisa Ticozzi

 

 

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