V – Fell From Grace – L’unico disco fin’ora pubblicato dai misteriosi V.

V – Fell From Grace

V - Fell From Grace

 Anno: 2013

Provenienza: Italia

Genere: stoner

Membri: Valerio Lanieri – voce e chitarra; Filippo Capponi Brunetti – basso; Alessio SiVioli – batteria

Casa discografica: autoprodotto

 

  1. The Good, The Bad And The Whore
  2. Endless Nights
  3. Forever Gone
  4. Fell From Grace
  5. The King
  6. Friends With Misfits
  7. Failbait
  8. Asinaria
  9. Henrietta Boned

 

Ammetto di non aver mai sentito parlare dei V, gruppo spoletino in attività dal 2012. A comporre la formazione, insieme a Valerio Lanieri, sono Filippo Capponi Brunetti e Alessio SiVioli, precedentemente impegnati nei Lost In Oblivion, dediti al power metal. I V sono di tutt’altra pasta. Il modello di riferimento è un tradizionalissimo stoner di scuola americana dove fanno capolino saltuariamente le sonorità progressive più complesse dei Tool. Il risultato, nonostante l’apparente poca originalità, sorprende. Fell From Grace è un ottimo album ed è fin’ora l’unico della discografia dei V. Il discorso si apre con The God, The Bad And The Whore, che già dalla storpiatura del titolo fa’ tornare alla mente il cinema di Sergio Leone. Non è tutto, perché l’intro arpeggiato e ipnotico con cui inaugurano le danze i V è la cosa più western che ci sia. La melodia portante poi è chiaramente un omaggio alle straordinarie musiche di Ennio Morricone.
Accompagnata dal fischiettare di tale John Pallotta, The Good, The Bad And The Whore, è un bel pezzo strumentale introduttivo, emozionante. Le atmosfere western lasciano spazio ad uno stoner classico pesantissimo e grasso. Pur non inventando niente di nuovo, con semplicità e arguzia d’esecuzione Endless Nights convince e mette in evidenza un egregio lavoro di chitarra nell’assolo finale. Non male anche Forever Gone, anche se è il primo di alcuni episodi poco convincenti per la voce di Valerio. Comunque i nostri se la cavano agilmente tra stacchi e ripartenze. La traccia che da’ il titolo al disco mette in mostra la sfumatura più dolce della voce di Valerio che a tratti ricorda l’incedere cantilenato di Keenan dei Tool. Canzone più che carina.

Con The King la prova vocale torna a non eccellere, si poteva certamente fare di meglio. Sembra che a tratti faccia fatica a raggiungere il giusto livello di potenza mancando perciò di incisività. Musicalmente invece The King è una grande esibizione di cambi di tempo e parti soliste molto ispirate. L’assolo di chitarra è davvero notevole. Poi finalmente quando il pezzo sta’ per chiudersi la voce si incattivisce un po’ risultando molto più convincente. Insomma, una prestazione vocale altalenante che comunque si riprende subito nella seguente Friends With Misfits. La linea melodica, orecchiabile e accattivante è davvero contagiosa. La voce stavolta ricorda per tono e stile quella di Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers. Nel repertorio di un gruppo famoso sarebbe diventata una hit. Con più caparbietà in Failbait i V elaborano una mistura di sonorità desertiche e architetture cervellotiche. A poco più di metà, con uno stop e ripartenza, il gruppo spoletino renderebbe fieri i Kyuss  di Supa Scoopa & The Mighty Scoop. Il chitarrismo suadente e delizioso è di santaniana memoria, prova che i nostri hanno grande gusto, caratteristica comunque necessaria per il genere musicale in questione. Asinaria vede la partecipazione al cantato di LiVia Perosino a cui ogni tanto fa’ da contraltare quella di Valerio notevolmente più bassa. Il pezzo, completamente acustico, vede il passaggio dal contemplativo arpeggio iniziale ad un accordo più brioso. Fatto sta che, un po’ per la mancanza di idee, Asinaria dice poco e fino ad ora risulta il pezzo più incolore dell’album.

Per la chiusura fuochi d’artificio. I V virano pesantemente verso i Tool come lo testimoniano la voce e l’andamento tortuoso della musica. Henrietta Boned, pezzo di quasi 11 minuti, vede il gruppo di Spoleto imbastire un’architettura sonora notevole, avventurandosi in un esercizio intricato da cui ne escono largamente vincitori, lanciandosi in evoluzioni molto interessanti. Come dimostrato in altre parti di Fell From Grace, la voce non è sempre impeccabile, ma considerata la qualità del resto si può soprassedere. Gli ultimi desertici secondi della suite contengono un sibilo di sonagli e un accenno forse di Elvis. I V saranno poco conosciuti, ma Fell From Grace, appartenente ormai ad un recente passato, è un ottima opera, dove viene largamente dimostrato che con semplicità e buon gusto, a parte alcune grandi dimostrazioni di tecnica, si può lavorare bene.
La domanda ora è: che fine hanno fatto i V?

Voto: 9

 

 

Zanini Marco

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