U – Boot 96 – Nella disillusione il soldato tedesco deve solo sopravvivere.

U – Boot 96

Anno: 1981

Titolo originale: Das Boot

Paese di produzione: Germania

Genere: guerra

Regia: Wolfgang Petersen

Produttore: Günter Rohrbach

Cast: Jürgen Prochnow, Herbert Grönemeyer, Klaus Wennemann, Hubertus Bengsch, Martin Semmelrogge, Bernd Tauber, Erwin Leder, Martin May, Heinx Hoenig, Uwe Ochsenknecht, Claude – Oliver Rudolph, Jan Fedder, Ralf Richter, Joachim Bernhard, Oliver Stritzel, Konrad Becker, Lutz Schnell, Martin Hemme, Rita Cadillac, Günter Lamprecht, Otto Sander, Sky Du Mont

1941, a La Rochelle, in Francia, un sottomarino tedesco si immerge nell’Oceano Atlantico per cacciare i convogli di rifornimento diretti in Inghilterra. Si imbarcano il capitano Der Alte, la sua squadra e il tenente Werner, giornalista chiamato a raccontare le imprese dell’U – 96. La missione costringe gli uomini ad un lungo periodo nei claustrofobici spazi del sottomarino, alienati dai momenti di noia e terrorizzati dagli scontri improvvisi. Il viaggio diventa una vera e propria Odissea quando l’U – 96 deve attraversare lo stretto di Gibilterra per raggiungere il porto di La Spezia.

Interno dell’U – 96.

Wolfgang Petersen (regista a cavallo tra produzioni tedesche e statunitensi, conosciuto per La Storia Infinita, Air Force One e Troy), sul finire degli anni ’70 si dedica al cinema di guerra accorpando eventi realmente accaduti al romanzo omonimo di Lothar – Günther Buchheim. Lo scrittore ne contesta alcuni passaggi, non sempre fedeli all’opera letteraria, tuttavia il risultato è di grande precisione e qualità e questo rende U – Boot 96 un film di guerra eccellente. La maggior parte della critica lo considera ancora oggi il migliore di sempre ambientato in un sottomarino. Il tipo di cinema guerresco indagato dal regista tedesco non è scontato e retorico ma anzi si propone di riflettere su di un’umanità dolente, segnata psicologicamente dal conflitto e disillusa sul suo scopo. Emblematica e scioccante in questo caso è la sequenza iniziale, dove l’equipaggio si raduna in un locale per festeggiare l’ultimo giorno di licenza prima di imbarcarsi. Tutti ubriachi ascoltano il discorso del neo decorato con la Croce di Ferro comandante Thomsen, che sembra voler elogiare la Germania e che invece finisce per deridere il Führer. Sullo sfondo alcuni vomitano, altri estraggono la pistola ed iniziano a sparare tra la folla. Un ritratto triste e decadente di esseri umani che per la guerra hanno perso dignità e razionalità. Der Alte (una delle migliori interpretazioni di Jürgen Prochnow) osserva cosciente e divertito essendo il più disilluso di tutti. La sua inclinazione rammaricata, da eroe prima e comandante crepuscolare poi, determina per forza di cose sentimento ed atmosfera del suo sottomarino: una ciurma di disadattati per cui diventa difficile non provare simpatia o empatia. Non per caso gli unici due che ci credono ancora ne escono malconci: il tenente Werner viene a contatto per la prima volta con questa realtà e ne rimane traumatizzato; il primo ufficiale, un fedelissimo del Terzo Reich, viene sommessamente deriso. Der Alte in primis contesta ad entrambi la cieca abnegazione al partito e la volontà di rendere epico ogni risultato ottenuto dall’esercito tedesco.

Nel frattempo, tra i continui bombardamenti del nemico e le situazioni drammatiche a cui va incontro l’U – Boot 96, il soldato tedesco, completamente disilluso e apatico, dimentica la priorità dello scontro e scopre la necessità della sopravvivenza. Nella sua maestosa durata (quasi tre ore) U – Boot 96 è un capolavoro che si fa’ ammirare per la sua accuratezza scenica e la qualità delle sue inquadrature, per nulla inferiore al cinema americano. Il grande merito dell’opera è il tono mai sopra le righe, a cui è facile vada incontro una lettura non estremamente antimilitarista ma comunque critica e di un certo acume. Un racconto a tratti fedelmente documentaristico, in cui Petersen ci meraviglia con suggestivi scenari esterni al sottomarino e ci stringe alla poltrona con i veloci movimenti di macchina interni. In questo caso le situazioni di stasi e di pericolo sono rette ottimamente da una regia capace di seguirne pari passo i differenti umori, anche attraverso dialoghi mai scontati. Il cast, tutto tedesco, è ammirevole e da’ l’idea della coralità del cinema di quegli anni, dove quasi tutti i personaggi erano chiamati a metterci qualcosa di proprio. Neanche Petersen crede molto nella guerra, infatti la fine che riserva all’equipaggio è ingloriosa e paradossale. Tutt’al più U – Boot 96 è un capolavoro ancora attuale.

Zanini Marco

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