Slayer – Hell Awaits – Inesorabile bisogno di uccidere.

Slayer – Hell Awaits

Anno: 1985

Paese di provenienza: USA

Genere: thrashdeath

Membri: Tom Araya – voce e basso; Kerry King – chitarra; Jeff Hanneman – chitarra; Dave Lombardo – batteria

Casa discografica: Metal Blade Records

  1. Hell Awaits
  2. Kill Again
  3. At Dawn They Sleep
  4. Praise Of Death
  5. Necrophiliac
  6. Crypts Of Eternity
  7. Hardening Of The Arteries

Quando ci si immerge lo si percepisce appena. Crepitii e mugolii prendono forma nel nulla, come se aprissimo gli occhi su un’oscurità che va pian piano diradandosi in un’illuminazione tenue che può nascondere solo cose immonde. Una caduta in picchiata, in un vuoto profondo secoli, lungo una parete di fuoco dove si scorgono creature mostruose e assetate di sangue e bramose di carne. Hell Awaits accentua i toni, li scurisce e scava in profondità nell’immaginario metal, che si fa’ sempre più tenebroso e violento.

Join us” al contrario echeggiano le voci disumane che agitano l’intro infinito della prima traccia, autentico gioiello della storia tutta del thrash. Tortuosi cambi di tempo e riff sferraglianti a completare tre minuti di crudele libidine elettrocaustica che prendono quota in un assalto tremendo di tupa tupa. Se l’evoluzione stilistica degli Slayer, apparentemente complessa e sempre più debitrice al metal classico di King Diamond, potrebbe far pensare ad un disinteresse per l’impatto, Kill Again lo smentisce. Il primo riff, virulento e impietoso, ritorna su se stesso ben tre volte creando un climax perfetto per un’esplosione incontenibile di thrash metal letale. Un brano che trasuda da ogni poro un’attitudine criminale e una cattiveria difficilmente eguagliata, complice anche il perfetto approccio vocale di Araya, sempre più in preda ad una crisi psicotica. Assoli malati, urla da brividi, batteria implacabile, tutti gli ingredienti per la nascita di un capolavoro del metal estremo.

Il modo, totalmente inedito, in cui gli Slayer interpretarono il genere a questo punto, più cupo e ribassato, costituì una chiara fonte d’ispirazione per i musicisti che estremizzeranno il metal con la nascita del death metal. Notevolmente più lento, ma ugualmente mortifero, At Dawn They Sleep è un olocausto di accordi marci e purulenti, più perfidi di un vento fetido di morte. Perfetto proseguimento è il rutilante incedere di Praise Of Death, costruito su una rincorsa continua di chitarra e batteria, morbosa e lacerante. Il tutto guidato dal ritornello secco imprecato da Araya. Pregevole il continuo scambio di assoli, gli improvvisi cambi di riff, a rotta di collo, così come la crepitante interruzione quasi sul finire del pezzo, annegata nei lamenti di chitarra.

Necrophiliac non può che essere considerata la versione aggiornata di Tormentor, presente su Show No Mercy, oltre a farsi portatrice di momenti assolutamente malevoli e spietati. Schegge chitarristiche che si protendono verso l’ascoltatore come le tremolanti ossa di uno scheletro. Crypts Of Eternity è la fase più complessa ed articolata di Hell Awaits, e senza dubbio la più devota al metal più classico e tecnico. Quasi sette minuti di scambi imprevedibili che si scambiano in un’atmosfera spettrale e in una struttura sempre ragionata e mai fine a se stessa; almeno prima di esplodere in un’improvvisa accelerazione irresistibile! L’incedere infido di Hardening Of The Arteries ci incoraggia per assistere ad un’ultima serenata sibilante, senza grosse pretese ma con l’unica incontrastabile volontà di distruggere. Il brano, piuttosto breve rispetto agli altri, adempie perfettamente al suo dovere e ritorna al principio di quest’avventura abissale riprendendo l’intro di Hell Awaits. Un’opera magari passata sotto l’uscio dell’ascoltatore più legato alla perfezione sonora (che qui viene messa in secondo piano in favore di un approccio più grezzo), che gli Slayer raggiungeranno con i capitoli successivi guadagnando i favori del grande pubblico, ma di un’importanza e di un’ambizione che non possono essere trascurati. Per affezionati e puristi del genere Hell Awaits rimane oggi un punto fermo nella storia. 1985. Per tutti gli altri dovrebbe essere riconsiderato e capito per il suo fascino malvagio, contorto e blasfemo, a partire dalla copertina che rielabora in maniera truculenta ed ammaliante una tavola di Moebius. Se non è un capolavoro è la firma perfetta di un gruppo forse inconsapevolmente toccato da un’ispirazione… satanica.

Voto: 10

Zanini Marco

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