Recensione di Scompartimento n° 6 di Rosa Liksom

Scompartimento n° 6 di Rosa Liksom

scompartimento n 6

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre gli altoparlanti della stazione diffondono le note del quartetto d’archi numero otto di Sostakovic, il treno Transiberiana parte da Mosca con destinazione Ulan Bator in Mongolia.

E’ l’inizio di “Scompartimento n°6” di Rosa Liksom. Lo scompartimento è il luogo che una studentessa finlandese, taciturna e introversa, divide, per due settimane, con Vadim, un russo, misogino, antisemita e sciovinista. La ragazza, il cui nome non si saprà mai, è afflitta dal dolore per il suo Mitka, che fingendosi pazzo, per evitare di andare a combattere in Afghanistan, viene internato in manicomio, dove perderà realmente il senno. Vadim è un carpentiere, che viaggia per lavoro, che alterna malinconia, aggressività, delicatezza e commozione. Siamo nel 1988, il treno attraversa un paese in dissoluzione, prossimo alla fine. L’uomo vede il fallimento di un grande sogno e annega nella vodka la rabbia e la disillusione, e si aggrappa ferocemente ad un’esistenza ineluttabile. I monologhi rabbiosi di Vadim si alternano con i silenzi della ragazza con lo sguardo perso dietro il finestrino, mentre tazze di te fumante accompagnano pane di segale, uova sode, cetrioli in salamoia, panna acida e conserva di pesce. La locomotiva Vittoria, con la stella rossa in fronte, traina il treno in un lungo viaggio attraversando boschi di betulle, taighe innevate, torbiere e paludi ghiacciate, villaggi abbandonati, periferie di anonime città nate dal nulla attorno a pozzi petroliferi, con le fiamme nere che lambiscono il cielo bianco latte.mosca ulan bator

Omsk, Novosibirsk, Irkutsk e la città chiusa di Krasnojarks offrono i loro odori, colori e suoni che raccontano di una umanità febbrile e rassegnata. I viaggiatori vengono accolti nelle stazioni di transito dalle musiche di Sostakovic, Debussy, Beethoven, Cajkovskij, mentre i  giorni si alternano alle notti e i cieli azzurri a quelli stellati. Dopo oltre novemila chilometri, dove verranno attraversati due continenti, tre nazioni e sette fusi orari, il viaggio si conclude a Ulan Bator. Attraversando la frontiera con la Mongolia la scrittrice scrive: “si allontana un paese dove l’infelicità passa per felicità”. La malinconica esistenza di Vadim permea in profondità l’ossatura del racconto, mentre per la ragazza il viaggio le serve per capire ed accettare la vita con i suoi dolori e le sue felicità. “A Mosca, a Mosca” è  l’invocazione della ragazza per un immediato ritorno nella capitale sovietica. Mosca diventa centro di partenza, ma anche luogo di ritorno.

Rosa Liksom ha scritto un romanzo breve ma potente, con il ricorso anche a espressioni crude e per certi versi anche volgari, che nascondono una sensibilità poetica per raccontare la dolente umanità del personaggio chiave. Il titolo del romanzo è un chiaro riferimento al racconto di Checov del 1892 “Corsia n°6” ambientato nella tragica realtà di un manicomio. Anche l’esortazione “A Mosca a Mosca” è un esplicito omaggio ad un dramma teatrale di Checov “Le tre sorelle”.

Rosa LiksomAnni Ylavaara, il vero nome di Rosa Liksom, è una scrittrice ed artista nata in Lapponia nel 1958, dove i genitori erano allevatori di renne. A diciassette anni si trasferisce a Helsinki dove studia antropologia, quindi va lavorare a Christiania, quartiere di Copenaghen, dove scriverà anche i suoi primi romanzi. Giramondo convinta approderà anche a Parigi e Mosca. Nella capitale Sovietica studierà scienze sociali all’università. Nel 1986 farà il viaggio che la porterà con la transiberiana fino in Mongolia. Viaggio che poi sarà il tema conduttore del suo romanzo “Scompartimento n°6, che vinse nel 2011 il più prestigioso premio letterario finlandese. Un romanzo molto bello che rimane scolpito nella memoria, pronto per essere ripreso e riletto.

 

Alberto Zanini

2 Risposte a “Recensione di Scompartimento n° 6 di Rosa Liksom”

  1. Su personalee appassionato consiglio del recensore, ho letto questo racconto di viaggio, definizione un po’ riduttiva, ma , per quello che mi riguarda, l’aspetto più interessante del testo. Apprezzo particolarmente l’aver allegato la cartina del viaggio percorso dal treno, che mi ha sollevato dall’indagarlo personalmente, come mi riproponevo di fare. Nell’insieme direi che proprio questo aspetto geografico ed etnologico ha suscitato il mio interesse, perchè la narrazione a mio parere presenta delle “lacune”. Mentre il protagonista maschile è riccamente caratterizzato e rimanda a eroi letterari russi di altri tempi, trasmettendo tutto il fascino di una disperazione virulenta, molesta eppure terribilmente affascinante e profondamente russa, tanto che in alcuni passaggi non ho potuto fare a meno di ricordare Limonov, dell’omonimo romanzo di Carrère, la ragazza è delineata in modo approssimativo e sommario. Pur volendone considerare la quasi totale afasia come un difensivo rimuginamento interiore a fronte del logorroico sbrodolamento del torbido e violento compagno di viaggio, risulta comunque anaffettiva e poco simpatica. Non sono neanche del tutto sicura della capacità descrittiva dell’ambiente e della natura circostante e mi ha sgradevolmente colpito la ripetizione del condominio di 19 piani in un desolato contesto urbanistico, ripetuto per almeno tre volte in riferimento a luoghi diversi:è un refuso o una sciatteria? Non ho la forza di rileggerlo per specificare le pagine, ma non credo di essermi sbagliata. Magari ha un significato simbolico che non ho compreso. Al termine della lettura viene da pensare che, dato il contesto, è stata davvero fortunata a riportare a casa la pellaccia! A salvare il tutto resta un’insopprimibile voglia di un viaggio sulla transiberiana, ma ahimè, i tempi son cambiati, forse anche la Russia paga il fio alla globalizzazione e, soprattutto, non so il russo, opzione imprescindibile, anzi, necessaria.

  2. cara Cinzia, in effetti la ragazza (che potrebbe essere benissimo la scrittrice) si ritaglia uno spazio defilato. perfino il nome si ignora. lascia tutto il palcoscenico all’uomo rozzo, volgare e in definitiva protagonista assoluto del racconto. come forse potrebbe essere la decadenza della Russia che non credo ne venga fuori benissimo. “…i milioni di cittadini fedeli allo Stato morti di fame e di stenti nelle prigioni, nei gulag e sui cantieri, le delazioni, la tirannia del partito, le elezioni senza alternative, i brogli elettorali, il servilismo e le spudorate menzogne, i milioni di caduti in guerre futili, gli uomini, le donne, i bambini giustiziati sull’orlo di una fossa comune, i milioni di cittadini sovietici che l’ingranaggio dello Stato ha maltrattato, torturato, straziato, trascurato, calpestato, oppresso, umiliato, sottomesso, terrorizzato, ingannato, coercitivamente educato, sottoposto a indicibile sofferenze.” non mi sembrano proprio parole d’amore. anzi. ciao Cinzia.

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