Recensione di: “La luce nera della paura” di Massimo Rossi

Massimo Rossi è un ingegnere meccanico nato a San Donà di Pieve in provincia di Venezia. In passato si dilettava a smontare e rimontare orologi, leggere e fare fotografie. Dopo aver incominciato a scrivere racconti, Scrittura & Scritture Edizioni decide, nel 2012, di pubblicare il suo primo romanzo noir “L’ombra del bosco scarno”, seguito nel 2015 da “La luce nera della paura”.

Recensione di: “La luce nera della paura” di Massimo Rossi

Non è una bella giornata per Leonardo Ferrari, ingegnere della Flexa di Bolzano, azienda leader nella produzione di piccoli robot per la cucina. Darlene, presidentessa, lo mette al corrente della decisione che gli americani, soci di maggioranza, pretendono un taglio dei dipendenti per scongiurare la chiusura dell’azienda. Tornato a casa tardi, Leonardo deve anche far fronte alla sfuriata di gelosia della moglie Christine. Esasperato dalla giornata, tutt’altro che positiva, esce sbattendo la porta e decide di andare a trovare il padre, Angelo, che abita a Burano vicino Venezia. La decisione si rivela fatale, in quanto l’ingegnere, durante un giro con la barca del padre perde il controllo del natante e si schianta contro una briccola rimanendo ucciso.

Il piccolo Pietro rimane traumatizzato dalla perdita del padre, e Christine decide di affidarlo alle cure premurose della psicanalista, amica d’infanzia, Helena Ziegler. Il lavoro al Ptc, ente di ricerca specializzata in nanotecnologia, aiuta Christine a ritrovare un suo equilibrio e due anni dopo trova anche conforto nelle attenzioni di James Toronto, direttore generale del medesimo ente.

Nel frattempo Hans Pichler, padre di Christine e alto funzionario della Nato, Direttore della sezione T che si occupa dei progetti speciali coperti da vincoli di segretezza, viene fermato inspiegabilmente e portato in un luogo segreto da due militari della Sicurezza Interna del Comando Centrale di Mons.

Purtroppo, anche James, muore precipitando con la macchina in un burrone di una strada di montagna vicino Bolzano. Ma quando, pochi giorni dopo, Christine viene aggredita e violentata da degli sconosciuti nel suo appartamento, il sostituto Procuratore Gabriel Roth affida l’indagine al commissario Rollo Weber, da poco trasferito alla Questura di Bolzano.

La faccia anonima ed il mento pronunciato avrebbero potuto trarre in inganno, ma il punteggio di 160 al test di Cattell classifica Weber come persona molto intelligente. Amante delle donne, delle statistiche e del sudoku attende con impazienza il suo primo e vero caso da risolvere, e siccome crede che “Le coincidenze sono proiezioni dei nostri pensieri alla perenne ricerca del sensazionale” la morte di Toronto e l’aggressione a Christine lo convincono che i due episodi sono collegati fra di loro. Azione, scrittura chiara e comprensibile per un buon thriller ambientato tra Bolzano e Burano, dove invece che i famosi merletti si tessono trame più violente e sanguinose. Weber e Helena Ziegler, che ritorna dopo essere stata assoluta protagonista nel primo romanzo, cercheranno di risolvere il caso che passo dopo passo li condurrà alla soluzione finale.

Massimo Rossi dopo l’ottimo esordio con “L’ombra del bosco scarno”, dove affrontava abilmente temi ostici e scabrosi con leggerezza e delicatezza, in questa seconda fatica letteraria, costruisce una trama più complessa come architettura, puntando quasi esclusivamente sugli aspetti tipici del romanzo di genere e  mescolando, con bravura, il thriller con la spy story, senza rinunciare ad una preoccupante tesi finale fantascientifica. Belle le caratterizzazioni dei due personaggi principali, che hanno tutte le caratteristiche per poter reggere il peso di una lunga serie di avventure. Rossi dimostra di conoscere bene la materia che descrive sottolineando la pericolosità della ricerca tecnologica esasperata.

 

Alberto Zanini

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