“Portanova e il cadavere del prete” Alberto Minnella – Recensione


“Portanova e il cadavere del prete” Recensione del romanzo di Alberto Minnella

Alberto Minnella è uno scrittore nato ad Agrigento, ha vissuto a Siracusa ed adesso risiede a Catania.  Ha lavorato come giornalista per “Il Giornale di Sicilia” e “Il Corriere di Sicilia”, e come critico musicale per il Megafono.org, la Grande Testata e Indie for Bunnies. Ha studiato musica moderna a Parigi all’accademia di batteria Dante Agostini. I Fratelli Frilli Editori nel 2013 iniziarono l’avventura in Sicilia puntando su Alberto Minnella e pubblicando “Il gioco delle sette pietre”.

Seguiranno nel 2015 “Una mala jurnata per Portanova”, e nel 2016 “Portanova e il cadavere del prete” sempre in compagnia della Frilli Editori. Lo scrittore siciliano ha scritto anche il racconto “Il negozio del fotografo” che è stato finalista per il premio Città di Palermo edito dall’università di Milano e da Subway-Letteratura.

Ortigia è una piccola isola di fronte alla costa siracusana, collegata alla terraferma dallo storico Ponte Umbertino. L’isola non è soltanto il cuore e il più antico nucleo di Siracusa, ma anche il teatro naturale dove Alberto Minnella ha ambientato le storie del commissario Paolo Portanova. Alto, con la barba riccia e arancione, con il trilby nero e con il suo immancabile toscano in bocca, il commissario sembra uscito dai romanzi della letteratura gialla degli anni andati rimandando una immagine, forse, un po’ datata.

L’inverno siracusano del 1964 è il freddo ed umido compagno delle giornate di Portanova, che detesta i temporali e la pioggia. Il sonnolento svolgersi delle giornate nel commissariato Abela un giorno si trasforma in una “mala jurnata” allorchè una telefonata annuncia il ritrovamento di un cadavere nudo. Quando Portanova arriva in via Mergulensi vede il corpo di padre Mariano, supino sul selciato, davanti all’abitazione di Natale Scimeca, noto pregiudicato in galera con l’accusa di aver assassinato un maresciallo dei carabinieri. La tonaca del prete viene trovata sul letto nell’appartamento al secondo piano di Scimeca. La prima ipotesi, confermata dal medico legale Viganò, sembrerebbe suicidio, ma Portanova ha qualche dubbio in proposito. Occorre indagare sul passato del prete e scoprire se ci sono legami con Scimeca. Nel frattempo un vecchio collega ed amico del Ministero degli Interni, vicino al Sifar, gli confida che i servizi segreti lo controllano per le sue simpatie “rosse”. Ex partigiano, con il quotidiano L’Unità in tasca e con le sue letture di Trockij rendono la sua connotazione politica evidente. Portanova deve far fronte anche alla crisi con la moglie Carla lontana da Siracusa, e alle avances della vicina del piano di sopra Lucia. Il commissario nei momenti di crisi trova rifugio nella musica jazz, nel fumo bluastro dei suoi sigari e nella bottiglia di Biancosarti. Minnella descrive così il suo commissario: “Portanova era più che un maniaco dell’ordine. Il suo modo di agire, di pensare, le sue paure, le sue idiosincrasie, tutto quello che di sé era riuscito a capire in più di cinquant’anni di vita, tutto insomma era geometrico”

E’ una Siracusa plumbea, piovosa, fredda e malinconica, diversa da quella delle pagine patinate dei giornali. Ed è in questa realtà che nasce il rapporto di odio e amore del commissario verso la città dove lavora. Una città dove Portanova è solito distinguere i siracusani d’acqua dolce, briosi ed empatici, e quelli d’acqua salata, scontrosi, e sempre imbronciati.

 

Piazza Duomo Siracusa (Foto di Ettore Spicuglia)

 

L’indagine condotta con l’aiuto dell’ispettore Gurciulo porterà alla luce una storiaccia torbida che lascia una punta d’amaro in bocca.

È sicuramente un romanzo thriller, ma anche sull’amore senza ragione, l’amore problematico e l’amore impossibile che si insinuano tra le pieghe della storia.

Minnella è uno scrittore che dimostra di conoscere molto bene l’alchimia del romanzo thriller, attingendo ad uno stile asciutto ed essenziale e dosando anche sapientemente il dialetto siciliano, che caratterizza i personaggi, ottenendo un risultato finale esemplare e godibile. Ma è anche un romanzo degli odori che sembra di sentire seguendo Portanova nel suo pensieroso vagare per la città : l’odore della salsedine, l’odore degli arancini, del pesce, delle zippole e dei carciofi arrostiti mangiati avidamente per strada, e naturalmente l’odore dei toscani del commissario.

 

 

Alberto Zanini

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