Mission: Impossible – Fallout – L’ennesimo sacrificio fisico di Tom Cruise.

Mission: Impossible – Fallout

Anno: 2018

Titolo originale: Mission: Impossible – Fallout

Paese di produzione: USA

Genere: azione, spionaggio

Regia: Christopher McQuarrie

Produttore: J. J. Abrams, Tom Cruise, Christopher McQuarrie, Jake Myers

Cast: Tom Cruise, Henry Cavill, Simon Pegg, Rebecca Ferguson, Ving Rhames, Sean Harris, Angela Bassett, Michelle Monaghan, Alec Baldwin, Vanessa Kirby, Frederick Schmidt, Wes Bentley

Con il terrorista Solomon Lane fuori dai giochi da ormai due anni, il resto dell’organizzazione Il Sindacato, da lui istituita, non demorde. Il nuovo ordine, definito Gli Apostoli, trova una nuova guida nel misterioso John Lark che vuole detonare il pianeta con tre nuclei di plutonio e l’ausilio dell’esperto di armi nucleari Nils Debruuk. Ovviamente Ethan Hunt viene informato di tutto ciò con il consueto messaggio che si autodistruggerà tra cinque secondi e si getta alla ricerca dei tre ordigni. Il primo tentativo di recupero però va storto, quindi l’inseguimento prosegue a Parigi, dove Ethan e la sua squadra (gli ormai soliti Benji e Luther) dovranno incontrare la trafficante d’armi Vedova Bianca.

Mission: Impossible – Fallout si pone subito come capitolo autocelebrativo della saga: è un incubo di Hunt ad aprire il film, in cui lui e l’ex moglie Julia vengono sposati da Solomon Lane; porta il titolo “Odissea” il dossier che viene aperto per svelare i propositi di John Lark, come a significare il lungo tragitto di sofferenze e fatiche intrapreso da Ethan, dal 1996 ad oggi.

I registi che hanno dato una direzione a questo marchio ormai storico sono stati diversi e, secondo il parere di chi scrive in questo momento, fu Brad Bird nel 2011 con Mission: Impossible – Protocollo Fantasma, a trovare finalmente una quadratura del cerchio. Il sentiero intrapreso a quel punto è stato rilevato fedelmente da Christopher McQuarrie, che ha apposto la sua firma sia su Mission: Impossible – Rogue Nation che su questo Fallout; ma per uno come lui non sarà stato particolarmente difficile. Da che Mission: Impossible esiste ha trovato come umana rappresentazione il suo interprete principale, Tom Cruise (che negli anni per altro ne è diventato anche produttore). Non stupisce quindi vedere ancora in cabina di regia McQuarrie, che lo aveva già diretto nel buon Jack Reacher – La Prova Decisiva del 2012 e seguìto in veste di sceneggiatore in Operazione Valchiria, Edge Of Tomorrow – Senza Domani e La Mummia (2017). Per un cineasta che ha inciso il suo nome nell’asfalto di mille sgommate e in sequenze d’azione eccellenti era proprio una missione impossibile non riuscire bene anche in Mission: Impossible.

Ethan Hunt (Tom Cruise) nello speronamento mozzafiato in elicottero.

Nel 2018 nulla è cambiato. Tom Cruise continua a sacrificare il proprio corpo per la causa, mettendo a repentaglio la sua vita, rifiutando gli stunt man quando deve buttarsi in paracadute da un aereo a settemila metri d’altezza a 350 km/h. Deve ripetere il salto centosei volte per ottenere le tre inquadrature necessarie. Impara pure a pilotare un elicottero, che manovra autonomamente per tutta la folle sequenza finale. Inevitabilmente si storge la caviglia saltando tra due edifici causando l’interruzione delle riprese per sei settimane. McQuarrie lo conduce unilateralmente e sublima l’inossidabilità del suo feticcio attoriale. E fidatevi che le scene d’azione sono da urlo, a partire dai voli nei cieli di Parigi in mezzo ad una tempesta di fulmini, passando per gli inseguimenti in moto in mezzo alla città, per arrivare allo speronamento in elicottero tra le montagne innevate del Kashmir. Mission: Impossible vive di questi momenti colossali, inverosimili, ma di una qualità visiva straordinaria e sempre capaci di trasmettere una scarica d’adrenalina incontenibile.

Senza dimenticare la fitta ragnatela di inganni, tradimenti e doppi giochi che, come in ogni episodio della serie, si riconducono all’utilizzo di una maschera, che riesce sempre a creare momenti esaltanti. Il grande caos internazionale che scaturisce fra organizzazioni terroristiche, CIA, IMF, MI6 ecc.. non fa’ altro che complicare la trama e di sicuro la sceneggiatura in questo film non può essere considerata impeccabile, ma in un modo o nell’altro McQuarrie trova una strada per tutti i personaggi e riesce a raccapezzarsi con una dose notevole di fantasia! Rimane comunque uno spettacolo a cui vale la pena assistere. Il cast ci offre momenti conditi dal giusto pathos, su tutti l’incontro con la Vedova Bianca, che in una scena indimenticabile ci mostra la bellezza di Vanessa Kirby. Grande sorpresa poi vedere Henry Cavill, che solitamente fa’ Superman, interpretare una sorta di villain inviato dalla CIA, dai metodi poco ortodossi, incaricato di controllare il lavoro di Ethan Hunt. Sopra di lui niente e popò di meno che una gelida Angela Bassett.

Ma fra i ritorni di Ilsa Faust (ultima amante di Hunt in Rogue Nation), Julia Meade (ex moglie da cui si è sentito costretto ad allontanarsi per non metterla in pericolo) e dei fidati amici Benji Dunn e Luther Stickell, l’attenzione è comunque sempre diretta al protagonista e paradossalmente è il gioco di squadra a venire meno. Se confrontiamo le due saghe storiche dello spionaggio cioè 007 e Mission: Impossible, tra le due quella più individualista dovrebbe essere la prima che vede il solitario Bond operare e permanere a discapito di un continuo avvicendarsi di donne che prima o poi muoiono. La seconda che invece dovrebbe rappresentare la versione più collettivista cade forse troppo spesso nell’esaltazione del suo principe, cosa che in 007 raramente succede, grazie anche ad un’attenta e recente riscrittura del personaggio che ne evidenzia anche i vizi, i punti deboli e i lati oscuri. Le conseguenze di questa scelta di tonalità sono inevitabili: finali già visti, una moralità un po’ tronfia, un patetismo forse a volte evitabile e la mancanza di quella classe che fa’ di 007 un formato unico e di un altro livello. Tuttavia se si vogliono passare due ore al cinema, Mission: Impossible è sempre un ottimo prodotto di genere, che riesce anche a farci andare bene il culto della personalità di Tom Cruise, che pare a volte eccessivo.

Zanini Marco

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