Leggi razziali 18 settembre 1938, Trieste.

Per una volta essere indietro rispetto alla Germania era un bene per tutti, ma non durò.

Quando Hitler salì al potere un’onda nera colpì la Germania e i paesi ad essa alleati.

Era il 7 aprile 1933, quando nel III Reich vennero emanate le leggi razziali. Tali leggi impedivano ai tedeschi di religione ebraica di svolgere diversi lavori e attività pubbliche come tutti sappiamo. Leggi che poi ampliarono il loro raggio. 

L’Italia resiste ma non per molto. Il 18 settembre 1938 una Trieste vestita a festa, nell’impeccabile clamore ed entusiasmo del partito, accoglie con una tiepida giornata di sole, nell’anno fascista XVI, il Duce che vi sosterà per 3 giorni, e dal podio eretto nella più grande piazza d’Europa, con sbocco sul mare, Piazza Unità d’Italia, annunciò con voce stentorea, l’imminente promulgazione delle norme razziali sul territorio italiano.

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Piazza Unità d’Italia – Trieste 18 settembre 1938

La data, come al solito, non è casuale. Il 18 settembre è infatti la celebrazione del ventennale della Vittoria della Prima guerra mondiale.

Trieste ha quindi il marchio di aver dato il proprio suolo inconsapevolmente a una delle pagine più buie della storia.

Il giornale dell’epoca recita: “Trieste è con te. La sua anima è temprata alla storia. Crede nel Tuo pensiero che diventa azione, nella Tua parola.”

Forse, il giornalista Chino Alessi, che firmò l’articolo, non sapeva che la sua parola era portatrice di morte. Riportiamo di seguito gran parte del discorso fatto da Benito Mussolini quel nefasto giorno.

[…] della politica interna, il problema di scottante attualità è quello razziale, e in relazione con la conquista dell’Impero, poiché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono con il prestigio, occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime. Il problema ebraico è dunque un aspetto di questo fenomeno.

La nostra posizione è stata determinata da questa incontestabilità dei fatti. L’ebraismo mondiale è stato, durante i sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico inconciliabile del partito. Tuttavia, gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibilmente meriti militari e civili nei confronti dell’Italia e del Regime, troveranno comprensione e giustizia. In quanto agli altri, seguirà una politica di separazione. Alla fine, il mondo dovrà forse stupirsi, più della nostra generosità che del nostro rigore, a meno che, i nemici di altre frontiere e quelli dell’interno e sopratutto i loro improvvisati e inattesi amici, che da troppe cattedre li difendono, non ci costringano a mutare radicalmente cammino.”

Questo funesto discorso preannunciò quello che il 17 novembre 1938 divenne R. Decreto 1728, con l’appellativo di provvedimenti per la difesa della “razza italiana”.

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Le leggi razziali italiane furono verso gli ebrei ancora più precise delle leggi di Norimberga, promulgate dai nazisti nel 1935.

In Italia erano considerati di “razza” ebraica tutti coloro i quali fossero:

– figli di padre ignoto ma di madre di razza ebraica;

– entrambi i genitori di razza ebraica;

– uno dei genitori di razza ebraica e l’altro, indifferentemente, italiano o straniero.

L’Italia, in questo, fu più feroce, almeno inizialmente, della Germania, dividendo la popolazione in razza ebraica e razza ariana. Escludendo la possibilità del sangue misto.

Le leggi razziali, una volta individuato con precisione coloro che appartenevano alla razza ebraica, impedivano loro di:

– iscriversi alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private che fossero, frequentate da alunni italiani;

– prestare servizio militare;

– avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini di razza ariana;

. contrarre matrimonio con persone appartenenti ad altra razza;

. essere proprietari o gestori di aziende con dipendenti maggiori di 100 unità;

– essere proprietari di immobili di un valore pari o superiore alle 20.000 lire;

– avere terreni a estimo superiori alle 5.000 lire;

– insegnare nelle scuole di qualunque ordine e grado, esercitare la professione di: giornalista, notaio; alcune eccezioni venivano fatte per altri incarichi, purché si denunciasse la propria appartenenza alla razza ebraica;

– infine, era proibito loro di lavorare per qualunque ente pubblico dello stato, comprese assicurazioni e amministrazioni private.

Pochi erano gli ebrei ai quali, almeno inizialmente, veniva concessa una deroga, ossia, come aveva anticipato il Duce nel suo discorso:

– i mutilati, i volontari, gli invalidi o decorati al valore per la guerra in Libia, in Etiopia o Mondiale;

  • i componenti delle famiglie dei caduti in tali guerre,

  • tutti coloro che risultarono iscritti al Partito dal 1919

Sorte peggiore tocca agli appartenenti alla razza ebraica non italiani, ma residenti in Italia. A loro vien dato un ultimatum: sessanta giorni di tempo per lasciare la penisola. Tutti coloro che verranno sorpresi sul territorio italiano allo scadere dei due mesi, ossia maggio 1940 vedranno aprirsi le porte del campo di concentramento Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza.

Campo di cui pochissimo si parla, ma che ha anche valore storico essendo uno dei primi ad essere stato liberato dagli inglesi, ma stranamente l’ultimo a venir chiuso. Da documenti ufficiali risulta infatti liberato nel settembre del 1943, ma chiuso appena l’11 dicembre 1945.

Di questo campo non è rimasto in piedi nulla, solo nel 2004, il 25 aprile, venne inaugurato nell’area del campo un Museo Internazionale della Memoria costituito esclusivamente da fotografie.

A Trieste città che come abbiamo detto fu il palcoscenico per l’annuncio delle leggi razziali, dal 18 settembre 2013, quindi settantacinque anni dopo il nefasto discorso del Duce, ha apposto una targa commemorativa inserita nella pavimentazione della piazza nel luogo dove sorgeva il palco dal quale venne fatto l’annuncio.

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Il 18 settembre 1938 Mussolini scelse questa piazza per annunciare le leggi razziali anti ebraiche. Macchia incancellabile del regime fascista e della monarchia Italiana Comune di Trieste 18 settembre 2013

Piccolo gesto che passa quasi da tutti inosservato, ma che c’è.

A futura memoria, per non dimenticare.

Sandra Pauletto

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