La Verità – Dominique e Gilbert. Amore, passione, follia e omicidio.

La Verità

Anno: 1960

Titolo originale: La Verité

Paese di produzione: Francia, Italia

Genere: drammatico, sentimentale

Regia: Henri – Georges Clouzot

Produttore: Raoul Lévy, Roger Debelmas

Cast: Brigitte Bardot, Sami Frey, Charles Vanel, Paul Meurisse, Marie – José Nat, Jean – Loup Reynold, Louis Seigner, René Blancard, Jacqueline Porel, Claude Berri, Jacques Perrin, Barbara Sommers, Christian Lude, Suzy Willy, Colette Régis, Fernand Ledoux, Marcel Cuvelier

Dominique Marceau è sotto processo per l’accusa di omicidio ai danni del fidanzato Gilbert Tellier. Attraverso l’interrogatorio della corte e gli interventi di amici e conoscenti della donna, vengono ricostruiti gli eventi che hanno portato al crimine.

Dominique (Brigitte Bardot) e Gilbert (Sami Frey).

Con La Verità, Henri – Georges Clouzot, conferma il suo talento smisurato di tessitore di trame imprevedibili e mutevoli. In questo suo penultimo film si misura con un intreccio sentimentale drammatico mai banale e che non rinuncia ad un finale durissimo, come era successo nell’eccellente ma ben diverso I Diabolici. Per le vicissitudini antecedenti all’omicidio ad opera della protagonista (interpretata da una bellissima e bravissima Brigitte Bardot) si è ricorso largamente al flashback. Dominique nasce e vive a Rennes. I genitori stravedono per la sorella Annie, per via della sua rettitudine e dell’abilità al violino, mentre Dominique, che pare un po’ disinteressata e vuota d’animo, viene discriminata. Quando alle due sorelle viene affittato un appartamento a Parigi, Annie entra a far parte di un’orchestra, mentre Dominique inizia a frequentare i ribelli intellettuali della Rive gauche, con cui condivide lo stile di vita anarchico e la passione per l’ozio. La ragazza è innegabilmente qualunquista e priva di obbiettivi, e i suoi atteggiamenti sono a tratti irritanti, ma è impossibile non riconoscerne la frizzante vitalità e lo spirito libero. Un carattere in cui però si muovono le ombre inquietanti della tendenza suicida, che condivide con l’amico Michel; preoccupante segno di una gioventù decadente e allo sbando. Annie nel frattempo si fidanza col direttore d’orchestra Gilbert, che però quando conosce per caso Dominique ne rimane fortemente attratto. Lei che invece era stata fino a quel momento una farfalla abituata a saltare da un fiore all’altro, dopo il corteggiamento di Gilbert, per la verità quasi sempre vano, cede convinta di aver trovato l’amore della sua vita. Tra i due inizia una relazione complicata che vede lui sempre impegnato a lavoro e lei soffocata dalla mancanza di una vita sociale e sempre irretita da molteplici corteggiatori.

www.youtube.com/watch?v=rcxf7kioz7E

Il fulcro del film di Clouzot sta proprio qui, nel rapporto tra i due personaggi principali. Dal processo scaturiscono soprattutto i pregiudizi del perbenismo borghese che riconosce la bontà d’animo di Gilbert, contrapponendogli le tendenze di Dominique, ritenute indecenti e vergognose. La riflessione portante rimane quella che, al di là dell’insindacabile colpevolezza di Dominique, il suo carattere bohémien non la rendeva certo una cattiva persona; senza contare che comunque il caso Marceau presenta dettagli non trascurabili che alla fine, sommatisi, hanno contribuito ad una disfatta della sua stessa integrità morale. La corte dal canto suo, principalmente nella figura inflessibile dell’avvocato Eparvier, coglie ogni sfumatura per giudicare Dominique cercando anche di distorcere i fatti. La giovane trova l’unico appoggio invece nell’avvocato Guérin, che fin da subito dichiara di non voler dimostrare l’innocenza di Dominique, ma quantomeno che venga giudicata in equità e giustizia e che sia riconosciuto il delitto passionale. Al di là dell’abile lavoro di Clouzot sulla percezione dei sessi di una società offuscata dai luoghi comuni, La Verità è un piccolo gioiello che brilla di scene indimenticabili e di un montaggio, che nella sua rudimentalità ha precorso i tempi.

Il finale, come detto prima è un bel pugno nello stomaco e giustamente non ve lo dico.

Zanini Marco

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