Intervista ad Alessio Piras autore de “Nati in via Madre di Dio” Fratelli Frilli Editori 2017

Alessio Piras è nato a Genova nel 1983, autore di romanzi gialli editi dalla Fratelli Frilli Editori.

Il suo primo libro è intitolato: “Omicidio in piazza Sant’ Elena” in catalogo dal 2016.

Ora Alessio Piras è nuovamente in libreria con la seconda indagine dei suoi due personaggi: Pagani e Marino, con il libro: “Nati in via Madre di Dio” di cui trovate la recensione nel nostro archivio.

Alessio Piras attualmente vive a Barcellona dove lavora nel settore terziario e svolge attività di ricerca storico letterario. Collabora, inoltre, con il collettivo di “Critica Letteraria” (www.criticaletteraria.org)

Ma vediamo di conoscerlo meglio con una breve intervista.

Ciao Alessio, possiamo darci del tu?

Certamente.

La prima domanda è quasi obbligatoria. In questo mondo sempre più distante dalla politica, come mai un uomo classe 1983 scrive un romanzo che parla della “Resistenza”? Forse possiamo intuire qualcosa dalla dedica che troviamo nelle prime pagine?

Sono sempre stato interessato alla politica, ma soprattutto alla storia. Non credo che il mondo sia distante dalla politica, semmai il contrario: è la politica ad essere distante dal mondo. Io vivo in Spagna, a Barcellona, e gli ultimi due mesi hanno dimostrato quanto in realtà la gente abbia bisogno della politica e abbia voglia di politica. Perché la politica ha il compito di risolvere problemi e dare risposte alle sfide che ogni epoca ci propone. Quando la politica va in crisi, di solito, succedono catastrofi come guerre e dittature, o semplicemente crisi di natura economica. Genova è un caso abbastanza emblematico perché nei periodi in cui la politica si è allontanata, la città è entrata in stagnazione, andando in crisi. Quando invece si è avvicinata, è stato quando si è avuta la sensazione che le cose potessero migliorare e cambiare.

Il mio interesse, però, è soprattutto legato ai processi storici che portano a determinate situazioni e come la storia abbia un peso importante sulle decisioni politiche. In questo caso l’influenza di mio nonno, a cui il romanzo è dedicato, è stata decisiva. Gli anni dal 1943 al 1945 sono stati anni cruciali, dietro il nome Resistenza in realtà si nasconde una vera Guerra Civile tra fascisti e antifascisti. Ma al di là dei nomi, e una volta riconosciuto che vi era una causa giusta e una causa sbagliata, credo che sia il momento di guardare a quegli anni senza pregiudizi ideologici. Ed è quello che ho provato a fare qui.

Quando hai scritto il tuo primo libro, immaginavi che i tuoi personaggi avrebbero potuto continuare, o pensavi che il libro successivo avrebbe preso strade diverse?

Durante il processo di scrittura del primo romanzo mi resi conto che le affinità tra Pagani e Marino erano tali per cui vi doveva essere un legame profondo. Anzi questo legame c’era sempre stato e lì capii una cosa che poi un annetto più tardi mi avrebbe detto Marco Frilli: i personaggi hanno vita propria e tu non puoi far altro che assecondarli. Il giorno in cui capii che c’era questo legame tra i miei personaggi ebbi chiaro che Pagani e Marino avevano bisogno di più spazio, anzi se l’erano già preso, bisognava solo metterlo nero su bianco.

Perché pur vivendo all’estero hai deciso di ambientare il tuo libro a Genova, descrivendola spesso con dovizia di particolari?

Non vivo a Genova e in Liguria dal 2007. Per un ligure vivere al di là delle Alpi o del fiume Magra significa vivere all’estero, siamo un popolo pateticamente nostalgico. L’esigenza di scrivere, infatti, nacque quando 10 anni fa mi trasferii a Siena per la Laurea Specialistica. Perciò credo che le mie storie si svolgano nella mia città natale proprio per colmare la distanza. In un certo senso, scrivere di Genova mi dà l’illusione di non averla lasciata. Le descrizioni nascono dalla volontà di trasmettere delle sensazioni, non solo visive. Mi piace pensare che il lettore possa percepire l’aria che si respira in Liguria e abbia la sensazione di immergersi nelle sue atmosfere leggendo. Perché mentre scrivo (non solo di Genova, ma anche di Barcellona, come nel primo romanzo) mi succede la stessa cosa.

Puoi dirci qual è stato l’ input che ha messo in moto la storia?

Ce ne sono diversi. Le mie storie nascono da un insieme di inquietudini che trovano come via di fuga la scrittura. In questo caso la morte di mio nonno ha scatenato un putiferio emotivo che mi ha portato a ripercorrere la sua storia e quella di mia nonna in un momento storico preciso e delicato per l’Italia. Ma non è stato solo questo: vi era anche la volontà di rendere omaggio a un quartiere, quello di San Fruttuoso, nel quale mi sento a casa pur avendoci vissuto pochissimo. E, infine, cercare di scindere le piccole storie di piccoli uomini dalla grande Storia, mostrare che dietro le ideologie ci sono esseri umani con esigenze tanto normali come mangiare, dormire e proteggere la propria famiglia. A partire da questi input ho inventato e costruito una trama gialla.

Quanto c’è di autobiografico nel carattere dei tuoi personaggi?

Sia Pagani che Marino hanno qualcosa di me, ma anche il marinaio narratore porta alcune istanze dell’autore. Diciamo che la proporzione è 60 Lorenzo; 35 Pagani e 5 il marinaio.

E infine la domanda classica che facciamo a tutti gli autori: puoi consigliarci un libro poco noto che a tuo avviso merita di esser letto?

Spero non me ne vogliano i lettori se vado a rovistare nella letteratura spagnola del XX secolo e consiglio un racconto lungo, recentemente riedito in Spagna. Si tratta di El manuscrito cuervo, di Max Aub. È una narrazione estremamente brillante: nel 1941 un editore si ritrova nella valigia il manoscritto di un saggio antropologico redatto da un corvo, Jacobo. Il corvo ha realizzato uno studio sull’uomo prendendo a campione l’umanità presente nel campo di concentramento francese di Vernet d’Ariège, nei Pirenei, dove vennero rinchiusi i repubblicani spagnoli in fuga da Franco. L’ironia che attraversa il testo è tagliente e le contraddizioni dell’essere umano vengono messe a nudo con una tale forza da costringere il lettore a riflettere profondamente sul suo modus vivendi. Pur riferendosi a una contingenza storica precisa (la Guerra Civile Spagnola e la II Guerra Mondiale), il racconto ha fin troppo da dire a noi cittadini del XXI secolo. Che non sia tradotto in italiano è un’ingiustizia vera e propria.

Ringrazio  ancora Alessio Piras per la disponibilità, e alla prossima sulle pagine dei gufi narranti.

Grazie a te per la piacevole chiacchierata.

Lo staff dei gufi narranti ringrazia Laura Torre per la foto

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