Intervista a Gabriele Cantella autore de: “L’ opera dei pupi”


Gabriele Cantella è un giornalista, nato a Catania ma trapiantato a Milano. “L’opera dei pupi” è il suo primo libro, che abbiamo recensito di recente. Ora vediamo di conoscerlo meglio attraverso una breve intervista.

D.  Benvenuto Gabriele e grazie per aver accettato l’intervista. So che sei un giornalista sportivo con la passione per la cronaca nera. Come nasce questa passione?

R. Grazie a voi, sono felice di avere l’opportunità di presentarmi ai vostri lettori. La passione per ‘la nera’ risale ai giorni della mia adolescenza e non mi abbandona ancora, anzi, oggi è diventata anche un lavoro, poiché come giornalista me ne occupo quotidianamente. La mente criminale mi ha sempre affascinato, forse perché così lontana dalla mia e per questo misteriosa: ciò che è ignoto mi affascina, mi incuriosisce e allora vado alla ricerca dei perché… Cosa spinge una mente a uccidere? Chi è l’assassino? E la vittima? Perché quel particolare modus operandi? Tutte domande che si pone il giornalista, ma anche l’inquirente, il poliziotto. E così, per rispondere a questi interrogativi, costruisco la mia storia e sviluppo la mia indagine.

D.  Ora parliamo del tuo libro. “L’opera dei Pupi”. Sei racconti molto coinvolgenti. Tre di questi con due protagonisti particolari. Il commissario Paternò e il suo fido compagno Cammarata. Ti sei ispirato a qualche persona reale, o sono frutto della tua fantasia?

R. Carmelo Paternò e Mauro Cammarata rappresentano due facce della stessa medaglia, ciascuno rispecchia una differente parte di me, ma l’uno non può esistere senza l’altro. I tratti distintivi del carattere e dell’umanità di Paternò e Cammarata sono marcatamente autobiografici: pensano, agiscono e parlano come farei io, conducono un’indagine di polizia come la condurrei io ed ecco perché le inchieste del mio commissario risulteranno forse al lettore piuttosto anticonvenzionali.

D.  Gli altri tre racconti, sono ispirati a fatti reali?

R. ‘Chiaramonte Gulfi, 1299’ è ispirato a una leggenda medievale siciliana e mi ha dato l’opportunità di spostare la mia narrazione dal piano della giustizia umana a quello superiore della giustizia divina, quasi una sorta di contraltare in relazione a ‘Giustizia imperfetta, in cui la giustizia dell’uomo diventa la giustizia di un uomo, una giustizia cieca e distorta, perché amministrata e somministrata non in un aula di tribunale, ma per mezzo di una pistola. ‘Il Guastatore’ è il risultato di una folgorazione istantanea, un’associazione di idee che si è presentata come una rivelazione: arte e giustizia, quale il loro rapporto? E in che modo l’arte può servire la giustizia, diventarne uno strumento? La fantasia mi ha dato le risposte che cercavo…

D. Come concili la tua attività di giornalista sportivo con “il mestiere di scrivere”?

R. Non è semplice per me conciliare la professione di giornalista con il mestiere di scrittore: mi divido tra tv e web e con tre trasmissioni televisive e due siti internet di cui occuparmi insieme al mio collega e amico, il tempo che rimane da dedicare alla scrittura è davvero poco. Scrivo di notte, sia per l’impossibilità di farlo durante il giorno, sia perché di notte sembra che la mia penna si muova da sola sulla pagina bianca…

D.  Quanto c’è di te Gabriele , nelle parole che scrivi?

R. Scelgo attentamente, direi scrupolosamente, le parole che uso, perché il mio lavoro mi ha insegnato quanto anche una singola parola, oltre che un concetto, possa stravolgere una vita. Quindi, nella scelta, oltre che stilistica, delle parole che scrivo c’è molto di me.

D. Attualmente, stai scrivendo un altro libro e se sì, ci puoi anticipare qualcosa?

R. Progetti tanti, alcuni in fase di lavorazione creativa, ma è il tempo che manca! Ad ogni modo, sono riuscito a dare vita ad un nuova avventura del Commissario Paternò e, scaduto il mio contratto con la precedente casa editrice, sono alla ricerca di un nuovo editore per pubblicarla. Si tratta ancora di un racconto, che mi è servito a perfezionare e scolpire i caratteri dei miei personaggi, ma le storie di Pateternò e Cammarata chiedono e troveranno più spazio e un maggior respiro nell’impianto di un romanzo, il mio primo, che inizia a vedere la luce… Da poco mi sono lasciato sedurre dal genere ‘Hard Boiled’, dopo la lettura de ‘Il lungo addio’ di Raymond Chandler, e ho deciso di inaugurare un nuovo filone della mia scrittura, plasmando il personaggio dell’investigatore privato Giovanni Alma, le cui storie vivono e respirano nella mia terra di origine, quella Gela che avevo finora nascosto tra le pieghe di una Palermo un po’ diversa da quella solita.

D.  Ed ora la domanda che facciamo a tutti gli scrittori. Hai un libro in particolare da consigliare ai lettori?

R. Il libro della mia vita sono due (l’errore in questo caso è voluto), perché mai potrei sceglierne uno solo dei due, tra i tanti letti fin qui: avevo quattordici anni quando incontrai per la prima volta Dostoevskij e Hugo, ‘I fratelli Karamazov’ e ‘I Miserabili’, lo studio dell’animo umano, quello che mi è sempre interessato, e la risposta dell’animo umano, nel suo essere distinto e variegato, agli eventi della vita. Da giallista, invece, non posso che consigliare il giallo perfetto: ‘Uno studio in rosso’ di Sir Arthur Conan Doyle.

Rigraziamo Gabriele Cantella per la disponibilità e la simpatia, e lo salutiamo con un grosso in bocca al lupo dai gufi narranti

Teresa Breviglieri

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