Indagine al Giambellino, di Matteo Di Giulio Recensione

Indagine al Giambellino di Matteo Di Giulio Recensione

Giambellino

Da fuori siamo tutti uguali.

Anonimi.

Come un barista di un bar al Giambellino, non quello famoso della canzone, anche se il locale si chiama: “Gaber”. Ma questi son dettagli per chi ha passato gli “anta”. I giovani Gaber non lo conoscono, e il Cerrutti non è nessuno, tantomeno un drago.

Ma esser tutti uguali è solo un’apparenza. Michele non è uguale a nessuno, neppure più a sé stesso, dopo che da poliziotto in missione, si è portato a casa un ricordino che lo ha reso speciale.

Quando si dice: “Non era il suo momento”, evidentemente non lo era, quando, qualcuno ha premuto il grilletto sparandogli alla testa. Sua moglie era con lui, e per lei invece era il suo momento.

Lui è vivo, sua moglie è morta, sua figlia non gli parla più dopo l’agguato.

È rimasto solo, ma c’è qualcuno a fargli compagnia: il proiettile che ha nella testa, e che nessun chirurgo potrà togliere. Una bomba ad orologeria pronta ad esplodere se dovesse anche minimamente spostarsi, e che ogni tanto ha un modo tutto suo di ricordargli che lui non è uguale agli altri, perché ha lei e perché la mente è capace di molte più cose di quanto pensiamo.

In questa indagine, la prima dell’ex poliziotto Michele Russolani detto il Russo, e speriamo non l’ultima, aiuterà il suo ex superiore a sbrogliare una storiaccia.

Un vecchio viene trovato morto con un colpo alla testa. Un’ esecuzione in piena regola, ma perché? Chi avrebbe avuto motivo di uccidere un povero vecchietto, che portava avanti la sua vita al Giambellino nelle case popolari riservate a chi vive poco più di stenti?

Ma come abbiamo detto, da fuori siamo tutti uguali, e in apparenza anche il vecchio Aurelio Corona era uguale a tanti, ma guardandolo bene era meno uguale degli altri. Anche l’esecuzione non sarà un’esecuzione come le altre. Non tutti quelli che uccidono sono cattivi, non tutti quelli che muoiono sono buoni, o forse sì?

Libro ambientato ai giorni nostri ma che affonda le sue radici in uno spazio ben più ampio. Ottima prova di Matteo Di Giulio che accompagna il lettore pagina dopo pagina spingendolo a tenere gli occhi aperti, per individuare prima che gli vengano rivelati gli indizi seminati qua e là. Romanzo che si fa leggere tutto d’un fiato, mai volgare né eccessivo, ma squisitamente geniale in certi passaggi. Sono certa che il Signor G. starà facendo una delle sue famose smorfie per la soddisfazione di essere citato in un libro così ben scritto.

Sandra Pauletto

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