Il condominio libro di J. G. Ballard

Il condominio –  J. G. Ballard

Il giro del mondo in 40 piani

Ci troviamo in una Londra contemporanea, città appena evocata dal nome, anche se potremmo essere ovunque.
Ora focalizziamo lo sguardo sul nuovo quartiere residenziale, costituito da cinque palazzi di quaranta piani.
Il condominio teatro della vicenda è in tutto e per tutto simile agli altri; al suo interno vi sono mille appartamenti, per un totale di duemila abitanti. Una piccola città nella città.
Sin dall’inizio si nota una certa stratificazione sociale, con i ceti più bassi ai piani inferiori dell’edificio, e via via che si sale si passa alle famiglie più facoltose ed influenti, fino a toccare l’attico, abitato da pochi eletti.

 Ballard
L’atmosfera è gaia: per i condòmini ogni scusa è buona per incontrarsi ora in un appartamento ora in un altro per festeggiare.
Un’atmosfera a dire il vero un po’ troppo allegra e spensierata per essere normale: le feste, proprio come quelle dei romani dell’età della decadenza, divengono sempre più eccessive e disinvolte. Giorno dopo giorno si svela la vera natura delle persone, nascosta sotto il velo del successo sociale e del perbenismo.
Il palazzo inizia ad ammalarsi, nonostante sia stato ben progettato e razionalizzato fin nei più minimi particolari. O forse proprio per questo. Ascensori bloccati, black-out serpeggianti che lasciano nel buio piani interi, spazzatura che si accumula nei corridoi. La gente si rassegna, e tollera gli inconvenienti, pagando volentieri questo piccolo pedaggio pur di vivere nell’ultima meraviglia partorita da una civiltà all’acme del progresso. Allo stesso modo vengono accettati la degenerazione e lo sfaldamento dei rapporti umani, o forse semplicemente nessuno se ne accorge.
Si formano clan costituiti da qualche decina di inquilini. All’inizio i gruppi avversari si scambiano dispetti, alla stregua di adolescenti un po’ troppo cresciuti e indisciplinati, poi le mani si fanno più pesanti, e vengono organizzate vere e proprie spedizioni punitive.
Come un utero di cemento, scomodo ma suadente, il grattacielo pian piano con la sua misteriosa energia fa passare agli uomini il desiderio di uscire nel mondo esterno. Le scaramucce si fanno sempre più pesanti, e i rapporti tra inquilini sempre più tesi ed ambigui. Violenza e sopraffazione divengono non solo abituali, ma persino l’unica modalità riconosciuta di socializzazione. In questa sorta di Far West portato alle estreme conseguenze ognuno si fa giustizia da sé. Non c’è alcun limite, alcuna morale, non c’è distinzione tra buoni e cattivi, c’è soltanto la libera manifestazione degli istinti primordiali.
Epica è la risalita attraverso l’edificio da parte di uno degli inquilini, un giornalista risoluto a fare un coraggioso reportage su quanto sta accadendo nel condominio. Nonostante la direzione del suo percorso, che punta deciso verso i piani alti, la sua rappresenta una vera e propria discesa agli inferi. Un’operazione che normalmente avrebbe richiesto poco più di un minuto in ascensore ora necessita di numerose soste e tappe strategiche, tra barricate, scale bloccate e devastazioni di ogni genere. Molti appartamenti sono disabitati e sconvolti come fosse passato un tornado, e dietro ogni ombra si cela un pericolo.
I bisogni degli individui si riducono a tre: sopravvivenza, sesso e potere. E tagliati gli ultimi ponti con l’esterno, il saccheggio è l’unica risorsa rimasta.
Perfino i clan alla fine si smembrano, lasciando spazio ad un individualismo selvaggio e neanderthaliano.
Poche settimane ci separano dai cittadini modello che si sono stabiliti nel grattacielo, con tanto di automobili, cani e frullatori, ma è come fossimo a bordo di una macchina del tempo che ci ha portati indietro di decine di migliaia di anni.
L’unico filo che lega presente e passato è la produzione generosa ed incessante di rifiuti.
Ed è interessante notare come, nonostante molti inquilini possiedano armi, nessuno abbia mai sparato un solo colpo.
È certamente molto più soddisfacente, concordo io stesso, usare le proprie mani, la propria fantasia, la gamba di un tavolo mezza bruciacchiata per sfogare i propri istinti più sinceri su chi ci capita a tiro. Ho sempre considerato il fai da te oltremodo stimolante.
A proposito, ho deciso di regalare alcune copie del presente volume ad altre persone che abitano con me in questo condominio, confidando nel fatto che dia loro in un modo o nell’altro qualche ispirazione. Non so voi, ma ripetere lo stesso gioco alla lunga mi annoia. Mi annoiavo prima a fare il bravo cittadino casa chiesa e lavoro, mi annoio ora a fare il troglodita metropolitano.
Mi sono spesso domandato se sia rimasto ancora un briciolo di buonsenso e di umanità in me e nel mio vicinato, visto che abitualmente facciamo le scale procedendo curvi e guardinghi, in ascensore non ci guardiamo in faccia, e, se proprio siamo costretti a scambiarci un saluto o qualche parola, lo facciamo emettendo suoni incomprensibili e gutturali.
Ma alla fine sono riuscito a vincere la forza che mi teneva legato a quella costruzione nevrotica e grigia. Mi sono affacciato al portone, e sapete cosa ho visto? Un condominio ancora più grande, molto ma molto più grande, solcato da strade, punteggiato di parchi e ricoperto di cielo. Come se avessi visto per la prima volta quel luogo, ho posato la mia clava improvvisata e mi sono avviato a lenti passi ad esplorare il condominio Terra.

James Graham Ballard, Il condominio, Universale Economica Feltrinelli

Francesco Gizdic
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