Code Orange – Forever – I ragazzi di Pittsburgh sono tornati.

Code Orange – Forever

 

Anno: 2017

Provenienza: USA

Genere: metalcore, industrial, sludge

Membri: Eric Balderose – voce e chitarra; Joe Goldman – basso; Jami Morgan – voce e batteria; Reba Meyers – voce e chitarra

Casa discografica: Roadrunner Records

 

  1. Forever
  2. Kill The Creator
  3. Real
  4. Bleeding In The Blur
  5. The Mud
  6. The New Reality
  7. Spy
  8. Ugly
  9. No One Is Untouchable
  10. Hurt Goes On
  11. Dream2

 

I Code Orange sono un quartetto di Pittsburgh nato originariamente nel 2008 col nome Code Orange Kids. Evidentemente i quattro, ad un certo punto, si sono sentiti cresciuti e hanno deciso di abbandonare la loro nomea di ragazzini. I Am King, sotto nome Code Orange, del 2014, sconvolse parecchi ascoltatori convincendoli che l’hardcore non era ancora morto, non solo come fenomeno ma anche creativamente parlando.Galvanizzati dal successo, i nostri, che devono prendere molto seriamente quello che fanno considerate le loro facce molto truci, tentano di bissare con l’appena uscito Forever.

L’attacco, affidato alla traccia che da il titolo al disco, si collega esaurientemente a ciò che il gruppo americano ha dimostrato di saper fare bene fino ad ora. La completezza stilistica è notevole e lo si nota negli ingredienti che i Code Orange buttano nel calderone: il claustrofobico industrial, il cantato metalcore abrasivo, le ritmiche pesanti e lente dello sludge che si alternano a quelle forsennate dell’hardcore. Il malefico intruglio che ne deborda è coraggioso e ben eseguito e la testa sbatte copiosa sui riff di chitarra trascinanti. Forever è anche la prima occasione per produrre un video, a tratti spaventoso. In Kill The Creator la partenza è all’arma bianca, affidata ad un tupa – tupa molto aggressivo. L’approccio si mantiene piuttosto hardcore, anche se all’ingresso di dissonanze terrificanti, a cui seguono strani campionamenti si ha una riconferma di quanto sia mutevole questo percorso. Come se non bastasse la proposta si fa’ ancora più sfaccettata. Kill The Creator si pianta nel cervello come un chiodo arrugginito in maniera dolorosa ed implacabile. Anche in questo caso viene realizzato un video ma molto più interessante ed inquietante di quello di Forever, dove fortunatamente i nostri lasciano perdere l’usurata moda di farsi riprendere mentre suonano. Il video è difficile da descrivere, perché molto strano, guardare per credere. Real è la prima nota dolente del disco. L’inizio è confusionario e sfocia in un delirio deathcore pesantissimo. A questo punto emergono di nuovo le sonorità industrial che non possono non ricordare il vecchio Trent Reznor. Tra voci alterate, chitarre spettrali e distortissime e improvvise accelerazioni di batteria, Real si avvicina stancamente al finale, e questo già di per sé non è una nota di merito. Complessivamente è un pezzo confuso e caotico.

Di tutt’altra pasta è Bleeding In The Blur, che è davvero innovativa anche per i Code Orange stessi. Stavolta provano a colpirci con un viaggio emozionante tra stoner e grunge che mostra, oltre allo stupefacente eclettismo, anche una certa sensibilità. La voce, molto ispirata e gradevole, è della chitarrista Reba Meyers; colpisce a tratti la somiglianza con il tono vocale di Papa Emeritus III degli svedesi Ghost. Praticamente qui ci dimostrano che oltre ad essere un gruppo di origini violentemente hardcore, sono anche dei fanatici del rockettone di classe e lo si capisce benissimo nel bell’assolo di chitarra, seppur breve. In The Mud tornano i campionamenti sintetici. Poi, arriva sui denti una martellata di riff grattati accompagnati da una voce da messa nera. Al centro della canzone i Code Orange fanno una delle loro cose tipiche: scuciono la trama musicale con bruschi stop innaturali, una scelta che fa’ indubbiamente a pezzi il bello, ma che in precedenti occasioni aveva funzionato bene in tutta la sua provocazione. Stavolta il gioco non vale la candela e The Mud risulta piuttosto inconcludente e non mantiene alta la tensione. Non reputo anche The New Reality un episodio molto brillante di Forever, perché sostanzialmente non approfondisce bene la proposta del gruppo, ma si limita a ricordare altri pezzi già sentiti. Niente di che insomma… Spy conferma che la parte centrale del disco fatica a carburare e si attesta in maniera piuttosto incolore. Ugly invece ritorna sull’interessante canovaccio di Bleeding In The Blur, accantonando, fortunatamente, la mancanza di idee dei tre pezzi precedenti. Intriganti le plettrate spettrali che compaiono saltuariamente all’interno di una canzone dall’impronta grunge elaborata in maniera radicale, con schitarrate metal.

No One Is Untouchable colpisce come le due tracce d’apertura rimanendo in linea con lo stile più tipico del gruppo. La mescolanza di industrial, doom e metalcore ora funziona, nascondendo le origini più tradizionalmente hardcore, in favore di un approccio più nettamente moderno. L’apocalisse è vicina. Da sottolineare comunque la natura principale di Forever, che rispetto ad I Am King, si distacca molto di più dall’hardcore. I famosi stop innaturalmente precisi dei Code Orange segmentano Hurt Goes On, dove si fanno ricordare dei belli arpeggi oscuri che escono dalla nebbia. Per il resto qui manca quella marcia in più utile per fare il salto di qualità. La conclusione è affidata di nuovo alle sempre convincenti corde vocali di Reba Meyers. Dream2 è un pezzo strano perchè non si sviluppa, ma rimane un crescendo senza alcuna storia o cavalcata da ricordare. Viene bruscamente interrotto come a sottolineare l’anarchia compositiva del quartetto di Pittsburgh. Nonostante questo si fa’ apprezzare per l’atmosfera enigmatica.

Rispondendo dunque alla domanda: i Code Orange sono riusciti a replicare il successo di I Am King? Secondo me, no. Forever non è sicuramente un capolavoro e non è neanche un ottimo disco. Concentrandosi invece su ciò che è posso dire che sia, a mio parere, un buon lavoro, con ottime idee, che confermano la bravura e il coraggio di un gruppo giovane, con ancora grandi margini di miglioramento. Questo lo dico perché la tendenza ad essere così contro corrente (vedi pezzi troppo caotici e frammentati) a volte può risultare un’arma a doppio taglio. Ormai recepita la direzione artistica, molto promettente, del progetto Code Orange, i suoi componenti dovrebbero elaborarla meglio nella forma, facendo maggiore chiarezza compositiva. In questi termini riuscire ad amalgamare ciò che è stato proposto in Bleeding In The Blur e Ugly con l’approccio tipico di Forever potrebbe condurre ad un traguardo veramente interessante!

Voto: 7

Zanini Marco

 

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