Almanacco cinema 2017 – Le barriere. Tra passato, presente e futuro.

– Cinema –

Il 2017 è stato l’anno delle grandi attese. Il ritorno preannunciato dei grandi classici di fantascienza soprattutto: Alien, Blade Runner, Ghost In The Shell, Star Wars, Guardiani Della Galassia. Fin dal suo inizio il 2017 aveva messo tutti in sollucchero. Non tutte le promesse sono state mantenute ma si può dire che al di là di questo l’anno è stato foriero di qualche grande film, pochi ma estremamente validi, e di diverse buone opere.

  1. Blade Runner 2049
  2. Dunkirk
  3. Tre Manifesti A Ebbing, Missouri
  4. L’Altro Volto Della Speranza
  5. La Forma Dell’Acqua – The Shape Of Water
  6. Si Muore Tutti Democristiani
  7. The Square
  8. Detroit
  9. Guardiani Della Galassia Vol. 2
  10. Il Sacrificio Del Cervo Sacro
  11. Lady Bird
  12. La Truffa Dei Logan
  13. Atomica Bionda
  14. Baby Driver – Il Genio Della Fuga
  15. It
  16. Assassinio Sull’Orient Express
  17. Ghost In The Shell
  18. Pirati Dei Caraibi – La Vendetta Di Salazar
  19. Spider – Man: Homecoming

Critica e pubblico si sono divisi sul seguito di Blade Runner ad opera di Denis Villeneuve. A me è piaciuto moltissimo. La cura visiva è straordinaria e la ricchezza di spunti di riflessione della trama è sorprendente. Insieme i vari elementi completano un quadro estremamente all’altezza del primo capitolo che in certi aspetti viene anche superato; senza nulla togliere alla sempre fantastica opera di Ridley Scott. Blade Runner 2049 a mio parere è un capolavoro di fantascienza che indica ancora Denis Villeneuve come uno dei registi migliori del momento.

Al secondo posto, un po’ per questione di gusti personali, un po’ per l’importanza delle tematiche di Blade Runner 2049, ho messo Dunkirk di Christopher Nolan. Il decimo lavoro del regista inglese è comunque una lezione di cinema praticamente perfetta e dal rigore inattaccabile. Inquadrature, fotografia, effetti visivi e musiche sono di un livello quasi sconosciuto ai giorni nostri, infatti Dunkirk sembra appartenere ad un’altra epoca, quando i lunghi silenzi contavano più di mille parole. Nel genere di guerra uno dei migliori di sempre. Con il collega canadese Villeneuve destinato all’Olimpo dei grandi registi.

Al terzo posto il film più completo dell’anno sui concetti di vendetta e giustizia. Tre Manifesti A Ebbing, Missouri, del regista di origini irlandesi Martin McDonagh, è una pietra miliare a metà strada tra Tarantino e fratelli Coen. La satira prende di mira le autorità americane, soprattutto la Polizia, denunciandone i modi violenti nei confronti delle minoranze, la rivendicazioni sociali maschiliste e superomiste e l’incapacità di fare il proprio lavoro. Un ritratto crudo e desolante di una realtà rurale americana dove domina ancora il razzismo e in cui una madre affranta per la perdita della figlia lotta da sola contro tutti per avere giustizia.

Non si può negare un quarto posto al vincitore morale del cinema 2017. L’altro Volto Della Speranza di Aki Kaurismaki è una perla che mescola in maniera anticonvenzionale dramma e commedia mettendo in luce i problemi reali legati al razzismo e alla guerra. Per fare questo come sempre il regista finlandese ambienta la vicenda in una Helsinki mesta e rassegnata, condita da un umorismo tagliente ma dove sopravvive un forte sentimento di solidarietà. Il gusto di Kaurismaki è unico e deve essere preservato.

Del Toro compie un balzo registico inauspicabile con La Forma Dell’Acqua – The Shape Of Water. Il suo racconto ha come protagonista Elisa, donna muta che fa’ le pulizie in un laboratio governativo dove un giorno viene introdotto un uomo pesce strappato al Sud America. Tra i due nasce l’amore, minacciato però dal colonnello Strickland e dal maggiore Hoygt che vogliono vivisezionarlo. Nell’acqua, elemento naturale che nel film riconcilia gli esseri viventi nell’integrazione, si stringe un gruppo di persone semplici che combattono contro i pregiudizi di una società che guarda solo al progresso e al guadagno. Non a caso Zelda, la collega di Elisa è afroamericana e il vicino di pianerottolo, Giles, è omosessuale. Un gioiello di cinematografia che convince sulle infinite possibilità politiche del cinema d’intrattenimento.

Uno dei film più interessanti e acuti del 2017 è stato senza dubbio The Square di Ruben Östlund. Una parabola sui pregiudizi e sull’egoismo della classe borghese nei confronti dei meno agiati. Una rivendicazione della proprietà sul bene materiale che si mostra in tutta la sua sconfortevole assurdità. L’oggetto principale però è un’opera d’arte curiosa e sagace, un quadrato luminoso che simboleggia un luogo di pace e solidarietà. Valori che vengono disattesi dal protagonista del film, Christian, il curatore del museo che ospita l’installazione. La critica alla nostra società, ormai devota alla spettacolarizzazione che svuota ogni messaggio costruttivo, è condotta con un umorismo glaciale, straniante e grottesco. Un piccolo capolavoro.

Applausi per un’opera italiana finalmente coraggiosa e col giusto accento politico. Il debutto sul grande schermo del collettivo registico Il Terzo Segreto Di Satira parla della sinistra italiana. Quella dei locali radical chic, quella borghese che cerca di rimanere ancorata ai suoi valori ma presto, in odore di soldi, li mette da parte. Il quadro critico è comunque completo e mette in cattiva non solo la sinistra disillusa e flaccida, ma anche la destra imprenditoriale e fascista. Vecchi valori che si scontrano, ma uno prende il sopravvento sull’altro, lo fagocita e sputa fuori un infelice ritratto del nostro ostentato bel Paese. Da un punto di vista narrativo Si Muore Tutti Demoscristiani è un’opera che colpisce e che non casca mai nelle solite trappole che le trame riservano a questi film.

Anche Kathryn Bigelow è tornata sui grandi schermi per parlare di razzismo, ma la lezione di Detroit non ha niente a che fare con la commedia. Per raccontare i tragici fatti dell’Algiers Motel la regista statunitense ricorre ad un tono rabbioso e violento che trasforma la pellicola in un martirio ad altissimo carico di suspense. Terrificante e disturbante, forse troppo? Tuttavia ancora una volta la Bigelow dimostra di padroneggiare benissimo la macchina da presa e certi passaggi di Detroit non si dimenticano.

Il primo capitolo di Guardiani Della Galassia aveva mostrato dei supereroi diversi, a partire da loro stessi fino alle ambientazioni fantascientifiche. Il loro ritorno era molto atteso e complessivamente soddisfa le aspettative: vederli in azione e sentirli sproloquiare è ancora fantastico, il tono ironico che gli infonde James Gunn è sempre riuscito ed efficace. Una tacca in meno per quanto riguarda gli effetti speciali, meno studiati e semplicemente funzionali. Il finale mostra il sentimento dei Guardiani Della Galassia e riconcilia con i sogni dell’adolescenza. Qualche caduta di stile qua e là ma si può perdonare al soggetto che ha ridefinito il mondo dei supereroi e continua a farlo.

Steven e Anna sono due medici e hanno due figli, Bob e Kim. Steven, cardiologo, dieci anni prima ebbe un paziente che morì in ospedale. Il figlio di questo paziente si chiama Martin e, visto l’accaduto, Steven ha deciso di prendersene cura. Il rapporto diventa un problema un po’ perchè Martin è mentalmente disturbato, un po’ perchè si scopre che le cause della morte del padre non sono ben chiare. Il film di Lanthimos respira il cinema di Kubrick. Musiche sinistre, inquadrature lontane e particolari, recitazione distaccata. Il risultato è un racconto che spaventa e disturba nella sua costante necessità di architettare un’atmosfera brutale.

 

Greta Gerwig e il suo esordio autonomo alla regia: Lady Bird. Un racconto di formazione che sfugge ai clichè e si addentra nella realtà periferica di Sacramento, dove l’insolita Christine McPherson sogna la costa est, ma è scoraggiata da tutti per via dei suoi voti bassi a scuola. Il quadro nostalgico che emerge da questo film è speciale e lo inserisce di sicuro nei grandi cult indimenticabili. Con simpatia, sentimento e un’imprevedibilità che nel genere non sempre sono sottointesi.
Soderbergh torna a parlare di criminalità, ma stavolta mischia le carte annullando l’aplomb maturo dei personaggi di Ocean’s Eleven. La famiglia Logan è composta da persone rimaste, in un modo o nell’altro, ai margini della società, probabili elettori del partito repubblicano ma maltrattati dal sistema stesso che gli ruota intorno. Tentano un colpo sensazionale ad una gara automobilistica che potrebbe cambiargli la vita. Ci riusciranno? Il film intanto riesce nel tentativo di recuperare un modello di cinema tipicamente anni ’90 per riaggiornarlo ai nostri giorni. Divertimento assicurato.

Una delle grandi sorprese dell’anno è stato il nuovo blockbuster d’azione di David Leitch. D’altronde il suo primo film è stato il trascurabile John Wick. Invece Atomica Bionda è da ricordare. Storia di spionaggio intricata fino alla fine con una Charlize Theron vogliosa di replicare la prestazione di Mad Max: Fury Road. Sequenze d’azione girate con ottimo piglio, scazzottate lunghe e senza dialoghi come nei migliori film di Bond. Tutto ambientato nella Berlino prossima al crollo del muro, nel rispetto degli umori e del clima gelido che si respirava ai tempi, accompagnato da una colonna sonora che pesca a piene mani dagli anni ’80. Un cult che un vero appassionato di quel decennio non dimenticherà mai e allo stesso tempo un film d’azione che sa distinguersi.

Se è di azione che vogliamo parlare prendete una penna e segnatevi Baby Driver – Il Genio Della Fuga. Edgar Wright (L’Alba Dei Morti Dementi, Hot Fuzz ecc..) è uno che sa fare un po’ di tutto quando gli si da una cinepresa; vedere gli inseguimenti di questo suo ultimo film per credere. Il giovane Ansel Elgort è Baby, l’autista dei criminali con un problema di udito e quindi costretto ad ascoltare musica in continuazione. Il ruolo che si è ritagliato sembra tuttavia tranquillo, ma i pericoli dell’ambiente in cui vive non risparmieranno neanche lui. Non scontata l’interpretazione del protagonista e riscrittura divertente del genere da parte del regista inglese che cerca di sviare alla solita trama con qualche accorgimento particolare. Il finale un po’ troppo prolisso ma è una prerogativa di Wright.

C’era grande attesa anche per la prima versione cinematografica di It. Il pubblico più legato a quello televisivo con Tim Curry si è dimostrato contrariato e la critica non ha elargito commenti entusiastici. Strano perchè l’adattamento di Muschietti è ben fatto e sa bilanciare l’orrore con un dramma ruvido e cattivo e un umorismo genuino ed appropriato. Per quanto goda di ottima stima, il vecchio It di Tommy Lee Wallace è surclassato sotto tutti gli aspetti. Sulla qualità di quest’ultimo garantisce pure lo stesso King.

Kenneth Branagh è un grandissimo attore, ma in Assassinio Sull’Orient Express dimostra anche di essere un ottimo regista. Un’altra riedizione che testimonia inequivocabilmente quanto sia derivativo il cinema di oggi, ma che non si priva comunque di una certa qualità. Il celebre romanzo di Agatha Christie infatti, già trasposto e ri – trasposto, viene in questo caso reinterpretato da un cast unanimamente appropriato. Piani sequenza, inquadrature dall’alto, ottimi dialoghi. Kenneth Branagh come sempre mette tutto se stesso e i risultati si vedono.

Operazione non esente da rischi quella di Rupert Sanders, che decide di dare un volto reale al profetico manga di Masamune Shirow, poi splendido anime di Mamoru Oshii. Il tentativo, pur non eguagliando lo spettacolo immaginifico dell’originale, è riuscito grazie ad una manipolazione della trama efficace e personale, ma sempre nel rispetto del canone. Si poteva fare meglio per quanto riguarda le musiche ma questo Ghost In The Shell con Scarlett Johansson e Takeshi Kitano funziona.

Non sono mai stato in cerca di capolavori davanti ad un episodio dei Pirati Dei Caraibi ma quando si parla di divertimento non ci si può certo lamentare. L’ultimo Pirati Dei Caraibi – La Vendetta Di Salazar passa di nuovo il testimone della regia finendo nelle mani di due registi norvegesi (Joachim Rønning e Espen Sandberg) che lo maneggiano senza grandi novità ma spingendo sul pedale della simpatia. Vale la pena mettersi ancora una volta al timone della Perla Nera.

Nonostante il livello non sempre altissimo delle uscite Marvel, Spider – Man continua ad essere un supereroe riuscito sul grande schermo. Cambiano di nuovo interpreti, regia e formato. Peter Parker invece di crescere torna adolescente in una fanta commedia che richiama gli anni ’80 e sa far ridere. Non siamo certamente ai livelli degli Spider – Man di Raimi ma Jon Watts si difende bene e Tom Holland è tagliato per la parte. Il grande merito del film è quello di rispettare il suo protagonista che alla fine mantiene le sue caratteristiche per permettere a Spider – Man di rimanere un supereroe diverso dagli altri.

Zanini Marco

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