Intervista a Lorenzo Barbieri – Il bosco delle tre croci –

BarbieriLorenzo Barbieri nasce a Napoli nel 1942 ed è pensionato da vent’anni. Cresciuto in una famiglia di bibliotecari e abitando all’interno del palazzo Reale di Napoli, dove ha sede la Biblioteca Nazionale, ha sempre avuto dimestichezza con i libri. In gioventù, come tutti gli italiani, ha dedicato del tempo alla poesia, riempiendo la casa di diplomi, coppe e medaglie varie, sino agli anni novanta. Ma da quel periodo, fino al 2010, si ferma e non scrive più. Nel 2011, sboccia per lui, un’altra primavera letteraria. Nel giro di pochi anni, pubblica circa quaranta libri tra ebook e cartacei. Lorenzo Barbieri, non ha un genere preciso, varia dal sociale al giallo, dal romantico alla vita reale; ogni spunto è buono per creare una storia.

D. Ciao Lorenzo e grazie per la tua partecipazione a questa intervista. Inizio con il chiederti quando è nata la tua passione per la scrittura?

Direi che avendo avuto libertà di accesso a più di un milione di volumi, compresi i papiri trovati nelle ceneri di Pompei, questa confidenza con i libri, ha aperto i miei orizzonti. Non per niente a scuola ero il primo in assoluto della classe in italiano, laddove negli anni cinquanta, (il periodo di cui sto parlando), l’analfabetismo era la piaga sociale di maggiore di maggiore impatto.

D. Quanto ha influito sulla tua carriera di scrittore avere una famiglia di bibliotecari?

Mi rifaccio alla risposta precedente; ho sempre avuto fra le mani libri di ogni genere, anche senza leggerli non ne avrei capito nulla; avevo dieci anni all’epoca e io e mio zio facevamo inventari tutti i giorni e con le etichette e colla, dovevamo catalogare tutti, per inserirli negli schedari di ricerca per il pubblico.

D. Ed ora parliamo del tuo libro “Il bosco delle tre croci” che ho recensito da poco e che ho apprezzato. La storia che hai raccontato, ha qualche attinenza con un fatto reale o è una creazione della tua fantasia?

No; la quasi totalità delle mie storie, sono di pura fantasia; qualche ricordo di antiche letture potrebbe affiorare qua e là, ma sempre di personaggi inventati. Se uno scrittore non è in grado di realizzare una storia dal nulla, diventa altro.

D. Mi ha colpita molto, la figura del parroco sempre affamato. Sono curiosa di sapere se magari hai preso spunto da una persona esistente o se anche questa figura nasce dalla tua fantasia.

Dovevo dare un’identità al personaggio e renderlo credibile. Ho scelto quella di un prete di campagna rubicondo, bonario, con una fede fra virgolette, poche parole e tanti fatti. In sostanza, quando i preti si potevano identificare in questo modo, non quelli di oggi.

D. Quanto c’è di te nei tuoi libri?

Nelle mie storie, come detto, non c’è nulla, solo l’inventiva che deriva dall’aver vissuto un po’ più di anni in più di altri e di aver fatto tesoro delle letture giovanili; creare una storia non è difficile, basta saperla scrivere per dare l’impressione che sia autentica. Io ho iniziato a lavorare in nero a dieci anni e fino ai diciassette, quando mi assunsero a tempo indeterminato, tempo per scrivere non ce n’era, ma mi sono dedicato alla poesia, più facile e sbrigativa della narrativa.

D. Quali sono i tuoi autori preferiti?

Fra gli autori moderni non vedo molta scelta, se non i mestieranti; quando diventa un mestiere, l’interesse inizia a scadere; ne leggi uno e il resto non serve. Sai che tipo di scrittura fa, passi oltre, quindi uno in particolare, potrei identificarlo in Wilbur Smith; ha scelto diversi filoni che di tanto in tanto, alimenta con nuove storie; ma vale anche per lui lo stesso discorso. Eliminerei gli autori di romance, (i rosa per intenderci), i ghotic letti e riletti, i fantasy che sono tutti uguali a parte gli eclatanti “Harry Potter”, il resto è aria fritta. Mi riallaccerei invee, alla buona letteratura italiana di un tempo come ad esempio, Pavese, Tobino e perchè no, Camilleri. Sgorlon è uno che parla di storie italiane, della nostra provincia e questo è il genere che scrivo anch’io.

D. Cosa vuoi dire ai lettori per convincerli a comprare il tuo libro?

Invogliare un lettore!! Bella domanda devo dire ma quasi impossibile rispondere. Il lettore ha una sua particolare visione della vita; ha il suo grado culturale, ha i suoi gusti personali che ovviamente un autore non può conoscere. Allora… dici… tu scrivi e poi ti rivolgi alla fascia che più si identifica con i tuoi scritti, può darsi, ma così verrebbe meno la fantasia di chi scrive, diventerei uno come gli altri. Quelli di mestiere, hanno il loro pubblico e scrivono quello che loro si aspettano. Io invece scrivo quello che in quel momento mi passa per la testa; poi è ovvio, diventa un problema trovare il lettore adatto. Ma io non sono ancora un vero scrittore; sono solo uno che racconta storie. A tal proposito aggiungo che in carnet, ho un elenco di titoli disponibili da poter soddisfare molte esigenze letterarie.

D. Hai un altro progetto in corso? E se sì, ce ne puoi parlare?

I progetti per uno che scrive non finiscono mai; guai a non averne. Al momento, ho in cantiere almeno tre progetti che vorrei nel tempo portare a termine: una raccolta di racconti dedicati al natale; non sono una novità ma li vorrei un po’ fuori dai soliti schemi dolciastri, sempre se ci riesco. Poi un’altra raccolta di leggende, però inventate, non rifacendomi a esistenti e questo è ancora più difficile. E un’altra ancora; una raccolta di racconti eterogenei che escono tutti i giovedì sera: la chiamerei appunto “I racconti del giovedì”, per non farci mancare niente ho appena finito la bozza di un romanzo lungo, una sorta di giallo ambientato a Capri.

D. Ed ora, la domanda che facciamo a tutti i nostri autori. Quale libro consigli di leggere ai lettori?

Al momento, sarebbe “Cronache Napoletane” che sta stentando a decollare. È in vendita su IBS.it e mi farebbe piacere che qualcuno lo notasse, vale la pena.
Ringrazio Lorenzo Barbieri, per le risposte esaustive e la sua disponibilità.

Teresa Breviglieri

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